La ex ed i figli hanno diritto di restare nella casa familiare anche se di proprietà dei nonni
(A cura della Dottoressa Elisa Cazzaniga)
I genitori non hanno diritto a farsi restituire la casa concessa in comodato al proprio figlio per il solo fatto che è intervenuta la separazione e la casa è stat assegnata all’ex moglie, collocataria della prole.
Questo chiarito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27634 pubblicata il 29 settembre 2023, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda di due genitori che, concessa la mansarda della propria abitazione in comodato d’uso gratuito al figlio, agivano in giudizio chiedendo la restituzione di tale abitazione assegnata alla ex nuora in sede di separazione e riconfermata anche in sede di divorzio.
Nel 2003, infatti, i genitori avevano concesso in comodato al proprio figlio, senza determinazione di tempo, una mansarda composta da quattro vani, oltre cucina e due servizi. Nel corso del medesimo anno l’uomo aveva avuto un figlio dalla propria compagna che nel 2004 sposava e accoglieva nella mansarda. Nel 2008 nasceva il secondo figlio della coppia ma già nel 2011 il marito presentava ricorso per separazione e nel 2015 ricorso per divorzio. All’esito di entrambi i procedimenti i minori venivano collocati presso la madre e conseguentemente veniva a lei assegnata la casa familiare, originariamente concessa in comodato all’uomo dai propri genitori.
Nelle more del procedimento di divorzio, i nonni tentavano di raggiungere un accordo con il figlio e la ex nuora ma a fronte del di lei diniego a lasciare la mansarda, nel 2016 presentavano ricorso avanti il Tribunale di Spoleto deducendo di avere necessità di rientrare nel possesso materiale della mansarda al fine di destinarla ad abitazione della badante che avrebbe dovuto assisterli giorno e notte. Il figlio e la ex moglie non si costituivano in giudizio e il Tribunale di Spoleto – all’esito dell’istruttoria – accertata la proprietà dell’immobile in capo ai ricorrenti, la di loro invalidità e la concessione in comodato gratuito precario al figlio, accoglieva la domanda dei nonni e condannava gli ex coniugi al rilascio immediato dell’abitazione.
L’ex nuora presentava ricorso avanti la Corte di Appello di Perugia chiedendo il rigetto della domanda di restituzione dell’immobile mentre l’ex marito aderiva alla domanda dei di lui genitori di rientrare nel possesso dell’abitazione.
La Corte perugina accoglieva l’impugnazione della donna e riformava la sentenza di primo grado rigettando la domanda di rilascio, ritenendo che il comodato era stato stipulato senza determinazione di tempo per soddisfare le esigenze del nucleo e poiché, proprio sulla base di tale erroneo presupposto, riteneva che la ex nuora quale comodataria avesse diritto alla prosecuzione del comodato per tutto il tempo per cui si fossero protratte le esigenze familiari. Inoltre le circostanze in fatto portate all’attenzione dai nonni, non integravano un loro stato di bisogno.
I nonni proprietari della mansarda proponevano dunque ricorso per Cassazione, che però veniva rigettato.
Gli Ermellini nel motivare la propria decisione ricordavano che il Codice Civile regola due forme di comodato: il comodato propriamente detto, regolato dagli artt. 1803 e 1809 c.c. in forza dei quali il comodante può chiedere la restituzione immediata del bene concesso in comodato solo in caso di sopravvenienza di un bisogno urgente e imprevisto; e il comodato precario, rubricato quale “comodato senza determinazione di durata” all’art. 1810 c.c. caratterizzato dal dovere del comodatario di restituire il bene non appena questo viene richiesto dal comodante.
A lungo la giurisprudenza aveva dibattuto sul tipo contrattuale a cui ricondurre il comodato di immobile destinato a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario, fino a quando le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto con la sentenza n. 13603/2004: in caso di comodato di bene immobile, stipulato senza la determinazione di un termine finale, il vincolo di destinazione in favore delle esigenze abitative familiari non può essere desunto sulla base della mera natura immobiliare del bene concesso in godimento, ma implica un accertamento in fatto di competenza del giudice del merito.
Le Sezioni Unite sono poi tornate sul punto con la sentenza 20448/2014 a precisare che: il comodato di casa familiare è riconducibile allo schema del comodato a termine indeterminato, ma non a quello del comodato precario ex art. 1810 c.c., in quanto il termine del comodato di casa familiare è desumibile dall’uso; il giudice di merito deve valutare la sussistenza della pattuizione di un termine finale e deve effettuare una scrupolosa verifica delle intenzioni delle parti circa la destinazione dell’immobile; spetta a colui che invoca il raggiungimento del termine prefissato, provarne il presupposto.
Gli Ermellini precisavano inoltre, che l’onere della forma scritta a pena di nullità non riguarda il comodato immobiliare, anche se di durata ultra novennale, e che se il comodato ha un carattere vincolato alle esigenze familiari, il comodante deve consentire la continuazione del godimento del bene anche dopo la crisi coniugale, salva la sopravvenienza di un bisogno imprevedibile e urgente ai sensi dell’art. 1809 c.2 c.c. in merito a cui il giudice di merito deve effettuare un controllo di proporzionalità. Infine, la Corte di Cassazione ricordava che, in caso di sopravvenuto matrimonio del comodatario, deve essere dimostrato che il proprietario abbia voluto trasformare la natura del comodato ancorando la destinazione del bene alle esigenze familiari.
Fatte queste premesse, nel caso di specie, la Cassazione rigettava il ricorso dei proprietari dell’immobile per le seguenti ragioni.
Era stato provato agli atti che i ricorrenti avessero inteso trasformare il rapporto in comodato per soddisfare le esigenze della futura famiglia del figlio: i genitori infatti, erano consapevoli che la mansarda rappresentava l’abitazione del figlio, della nuora e dei nipoti e non avevano chiesto la restituzione del bene per oltre dieci anni.
I proprietari infatti, avevano avanzato la richiesta di restituzione solo successivamente all’introduzione del ricorso per divorzio da parte del figlio. Inoltre, chiaro era a tutti, figlio compreso, la destinazione dell’immobile a casa coniugale tanto che lo stesso aveva ritenuto di poter chiedere tanto al giudice della separazione quanto a quello del divorzio di assegnare alla moglie la casa familiare.
Neppure lo stato di bisogno era stato provato: la Corte di Appello di Perugia aveva approfonditamente valutato la sussistenza o meno del sopravvenuto urgente e imprevisto bisogno e si era espressa in senso negativo poiché da una parte l’insorgere di malattie e la necessità di cure dovute alla vecchiaia non potevano essere considerate quali condizioni imprevedibili e dall’altra l’abitazione dei nonni comodanti constava di ventitré stanze che ben avrebbero consentito di accogliere comunque una badante giorno e notte.
Per tali motivi dunque, la Corte di Cassazione con ordinanza n. 27634/2023 rigettava il ricorso dei proprietari dell’immobile confermando il diritto dei nipoti e della ex nuora a continuare a vivere nell’immobile originariamente concesso in comodato al solo figlio.
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