fbpx

Legittimo utilizzare i permessi 104 per fare la spesa, andare in posta a pagare delle utenze, andare in farmacia o anche dal medico se attività necessarie al genitore anziano/coniuge disabile/figlio malato.

Con questo provvedimento la Cassazione fa luce su diritti e limiti gravanti sui lavoratori che hanno compiti di assistenza del familiare chiarendo che non può essere licenziato chi svolge altre attività durante i permessi 104 se attività effettuate sono svolte nell’interesse del disabile: ogni attività fatta durante i permessi 104 devono essere valutate in rapporto al contesto, per capire se si è in presenza di abuso del permesso oppure no.

Nel caso arrivato in Cassazione una donna era stata licenziata dal Supermercato dove lavorava perché era stata sorpresa dall’investigatore privato - assunto dall’Azienda per svolgere pedinamenti e verifiche, mirate a scoprire che cosa realmente facesse la donna durante le ore di permesso - a recarsi a casa del padre soltanto per poche ore, mentre nelle restanti ore di permesso faceva altro.

La donna però riusciva a dimostrare che tutte le attività erano state fatte nell’interesse del padre, per tutelarne al meglio la di lui salute.
Tali comportamenti erano, cioè, funzionali alla cura del disabile e quindi sia Tribunale sia Corte d’Appello sia Cassazione le danno ragione!

La Cassazione infatti ribadisce che l`assistenza, di cui ai permessi legge 104, non si attua soltanto con la cura diretta e la presenza fisica nell`abitazione del disabile, ma anche con attività esterne ed espressamente orientate all`interesse di natura sanitaria dell`assistito che lo stesso non può svolgere in autonomia.

L`abuso dei permessi si configura solo quando il dipendente utilizzi i permessi legge 104 per svolgere attività che nulla hanno a che vedere con l`assistenza al familiare e la cura della sua salute.

E voi cosa fate nelle ore di permesso?
...

46 6

La mancata convocazione dei genitori affidatari in un procedimento per la dichiarazione di adattabilità di un minore provoca la nullità della Sentenza in quanto la loro audizione risulta rilevante per garantire una valutazione completa dell`interesse del minore. (Cass. n. 26392/2024 del 10 ottobre 2024).
Il caso nasce dalla pronuncia della Corte d’appello di Roma, che aveva confermato lo stato di adottabilità di un minore collocato in una famiglia “a rischio giuridico”.
Il padre ricorre per Cassazione lamentando, tra l’altro, l`assenza di convocazione degli affidatari. La Corte accoglie il motivo, chiarendo le differenze tra:
-Affidamento: inserimento temporaneo del minore in un nucleo familiare a causa delle difficoltà della famiglia d`origine.
-Affidamento preadottivo: interviene dopo la dichiarazione di adottabilità e prima della sentenza di adozione. Il minore viene affidato a una coppia di coniugi per un periodo di prova, finalizzato a valutare la positività del rapporto.
-Affido a rischio giuridico: una forma di anticipazione dell`affidamento preadottivo, che si verifica prima della sentenza definitiva di adottabilità.
La Suprema Corte ha sottolineato che, secondo l’art. 5 della Legge n. 184 del 1983, è necessario ascoltare la famiglia collocataria nei procedimenti riguardanti la responsabilità genitoriale e l’adottabilità. Questo è fondamentale per tutelare i legami affettivi instaurati durante l`affidamento e garantire che gli interessi del minore siano rappresentati in giudizio.
Nel caso specifico, il minore era stato collocato in famiglia dal giugno 2023, con relazioni sociali positive. Tuttavia, l’audizione degli affidatari non era stata richiesta durante il giudizio di appello.
Alla luce dei suddetti motivi la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata rinviando la causa alla Corte d`appello di Roma, in diversa composizione.
Approfondisce la decisione sul blog l’Avv. Maria Zaccara
...

26 0

Con il tempo ci stiamo rendendo conto che i figli più o meno consapevolmente vengono coinvolti nelle questioni riguardanti noi genitori soprattutto in quelle economiche, e che con sempre maggiore frequenza gli stessi figli hanno bisogno conoscere i loro diritti.
Una domanda che ci hanno rivolto oggi proprio su cosa dovesse corrispondere un padre al proprio figlio in Erasmus ci permette di rivolgervi una domanda importante: è corretto, giusto o necessario che i figli sappiano della crisi in atto tra i genitori? E se si.. cosa devono sapere? In cosa devono essere rassicurati ?L’obiettivo di ogni genitore è quello di preservare i figli, ma il non spiegare, il non fornire chiarimenti non serve più a noi per far finta che nulla stia cambiando? Mettiamoci nei loro panni e affrontiamoli..
...

30 0

Affido super esclusivo alla mamma in quanto unico genitore capace di offrire ai minori un ambiente relazionale ed educativo lontano dalle logiche devianti del padre.
Questa la ragione per cui la Corte di Appello di Milano, con una recente sentenza, ha rigetto l’impugnazione paterna e confermato la decisione assunta in primo grado dal Tribunale di Como.
Due gli aspetti più interessanti della decisione.
Il primo relativo all’istanza dell’appellante di esperire CTU. La Corte milanese qualificava, infatti, la richiesta consulenza come meramente esplorativa e potenzialmente deleteria per i figli che in udienza dal Giudice avevano lucidamente dichiarato di desiderare una maggiore armonia e capacità di dialogo tra i due genitori, sentendosi spesso la ragione dei litigi.
Il secondo relativo al merito della questione e alle ragioni per cui è opportuno derogare al generale principio di affido condiviso dei figli. La Corte d’Appello meneghina, nella propria decisone, evidenziava che le molteplici condanne del padre per violazione degli obblighi familiari, truffa, appropriazione indebita, furto, detenzione illegale di armi e da ultimo la condotta tenuta dallo stesso nel procedimento penale apertosi a seguito dell’arresto e celebratosi con rito abbreviato in cui lo stesso si era avvalso della facoltà di non rispondere, comprovavano il radicamento paterno in ambienti criminali dai quali non sembrava intenzionato a prendere le distanze e la di lui inidoneità ad offrire ai figli una crescita serena, equilibrata e fondata su sani valori educativi.
Per tali ragioni la Corte milanese confermava l’affido super-esclusivo alla madre ritenendola l’unico genitore in grado di garantire ai minori un contesto relazionale ed educativo lontano dalle logiche devianti paterne.
Approfondisce la decisione sul blog la Dott.ssa Elisa Cazzaniga
...

58 3

La positività del rapporto con i nonni deve essere accertato valutato in concreto e nell’attualità prima di dichiarare l’adattabilità di minori e recidere ogni rapporto del minore con loro.

La dichiarazione di adattabilità è una misura estrema e deve essere pronunciato solo dopo aver escluso sia la possibilità di un affido extrafamiliare sia l’adozione mite, dopo aver accertato lo stato di abbandono morale e materiale del minore con un accertamento in concreto e nell’attualità dei presupposti, all’esito di un attento monitoraggio delle figure genitoriali e dei parenti entro il quarto grado.

Non dimentichiamoci che il best interest del minore è quello di crescere nella famiglia di origine e quindi prima di ogni altra decisione, se i genitori sono inidonei, devono essere valutate le capacità vicarianti dei nonni e zii, anche con l’ausilio di interventi di supporto.

Quindi…tutto da rifare! La Corte d’Appello di Milano adita da una nonna che aveva impugnato la sentenza di adottabilita emessa dal Tribunale per i Minorenni di Milano dovrà rivalutare la situazione del minore.

La Cassazione ha ritenuto che il rigetto dell’appello della nonna era basato su relazioni dei Servizi Sociali troppo vecchie e su valutazioni del CTU che non avevano nello specifico mai osservato la relazione nonna-nipote.

Poiché la CTU, invece, avrebbe dovuto fare un attento monitoraggio della relazione in essere verificando, in fatto e nell’attualità, le dinamiche relazionali e non limitarsi ad incontrare la nonna sempre da sola, la Corte di Cassazione ha dichiarato fondato il motivo di impugnazione ricordando ai Giudici della Corte d’Appello che se anche confermassero la dichiarazione di adattabilità del minore devono valutare la possibilità di mantenere talune positive relazioni affettive con i componenti della famiglia d’origine.
...

59 1

Può una donna single accedere alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita?
Ad oggi no! Ma il Tribunale di Firenze con l’ordinanza datata 11 settembre 2024 ha ritenuta rilevante la questione di legittimità dell’art. 5 della Legge n. 40 del 2004 nella parte in cui nega alle donne single di accedere alle tecniche di procreazione assistita e ha disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
➡️ La vicenda ha avuto inizio a seguito del rifiuto di una clinica specializzata in PMA a permettere l’inizio del percorso ad una donna single.
➡️ La donna ricorreva quindi avanti il Tribunale di Firenze chiedendo in via principale la disapplicazione dell’articolo 5 legge 40/2004, la dichiarazione del di lei diritto a ricorrere alla PMA e l’emissione di un ordine diretto al Centro di procreazione assistita da lei contattato di accogliere la richiesta di accesso al percorso di tipo eterologo con l’utilizzo di gamete maschile proveniente da un donatore terzo e anonimo. In via subordinata la donna chiedeva di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 L. 40/2004 per contrasto con gli artt. 2,3,13,32 e 117 Cost.
➡️ Letto il ricorso, il Giudice fiorentino riteneva la questione di legittimità fondata e rilevante, concordando con la donna circa l’irragionevolezza del divieto sancito all’art. 5 l. 40/2004.
Ad oggi, infatti, la normativa prevede la possibilità di accesso alle tecniche di PMA solo alle coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, senza che tale disparità possa essere giustificata da alcun interesse costituzionalmente rilevante. Concordando pertanto, con la ricorrente circa il contrasto tra la suddetta norma e gli articoli della Costituzione indicati dalla donna, il Giudice disponeva l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Sul nostro Blog potete leggere l’approfondimento dell`Avv. Cecilia Gaudenzi: un click sul link in bio ed uno su Blog.
E poi se volete tornate qui e ditemi: siete d’accordo?
#donna #single #fecondazione #eterologa
...

38 0

La diffusione ed il consumo di sostanze stupefacenti e psicotrope in Italia è in aumento: in rapporto sia ai consumi, sia ai reati penali connessi, sia alla domanda di trattamento.
In particolare è aumentata la crescita del consumo di sostanze psicoattive tra i giovani tra i 15 e i 19 anni: quasi 960mila studenti (39%) riferiscono di aver consumato una sostanza illegale almeno una volta nella vita e oltre 680mila (28%) nel corso dell’ultimo anno (2023). Le percentuali di studenti che riferiscono di aver usato almeno una volta nel corso dell’anno sono: cocaina dall’1,8% al 2,2%, stimolanti dal 2,1% al 2,9%, allucinogeni dall’1,6% al 2% e nuove sostanze psicoattive dal 5,8% al 6,4%.

La cannabis rimane la sostanza più usata dai giovani ma anche in Italia nel 2023 è arrivato l’uso del Fentanyl, un oppioide sintetico con una potenza oltre 80 volte superiore a quella della morfina, e della Xilazina, un potente sedativo impiegato in veterinaria.

Oltre all’aumento dei consumi tra i minorenni, si osserva anche quello del coinvolgimento dei minorenni nell’ambito della produzione, del traffico e della detenzione illecita di sostanze stupefacenti: il numero di minorenni denunciati all’Autorità Giudiziaria per reati penali droga-correlati ha visto un aumento del 10%.
Anche gli accessi in Pronto Soccorso droga-correlati, 8.596 in tutto, sono aumentati del 5%  e il 12% di questi accessi ha esito in ricovero.

Sono, però, anche aumentati i progetti di prevenzione, un lavoro di informazione, comunicazione e sensibilizzazione dei minorenni: sono stati realizzati 289 progetti nelle secondarie di I e II grado, mirati all’incremento di conoscenze e competenze sociali per prevenire l’uso di droghe.

Il 49% delle scuole ha organizzato attività di prevenzione delle sostanze e la maggioranza degli studenti ha partecipato a tali programmi, mostrando una crescente consapevolezza sui rischi e minor propensione all’uso di sostanze.

(Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia 2024)
...

36 2

Una recente sentenza della Cassazione chiarisce quale reato debba essere contestato nei confronti dell’ex coniuge e dell’ex convivente, quando persistono atti violenti dopo la cessazione della convivenza (sent. 31178/24).
 
La Cassazione fa una premessa sui concetti di “famiglia” e di “convivenza”: vanno intesi come “comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continuativa”.
 
Quindi va contestato lo stalking aggravato e non il reato di maltrattamenti in famiglia, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dopo la cessazione della convivenza more uxorio.
 
Se invece è avvenuta la separazione fra persone sposate, è configurabile il reato di maltrattamenti: se le condotte vessatorie nei confronti del coniuge, sorte in ambito domestico, proseguono dopo la separazione di fatto o legale, il coniuge resta “persona della famiglia” fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla convivenza.
 
La separazione è, infatti, condizione che non cancella lo status acquisito con il matrimonio, dispensando dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lasciando integri quelli di reciproco rispetto,
assistenza morale e materiale, e collaborazione (art. 143 comma 2, cod. civ.).
 
Dunque, la condotta di minaccia non poteva essere ricondotta al reato di maltrattamenti, essendo stati l’indagato e la parte offesa legati da un rapporto more uxorio, non più in essere al momento dei fatti.
 
Questa sentenza pone su due diversi piani la violenza commessa dopo la separazione da quella realizzata dopo la cessazione della convivenza: secondo voi è corretta questa differenziazione?
 
Post scritto da @avvcrespi
 
Se volete leggere l’articolo completo, un click su link in bio e poi su blog.
 
#maltrattamenti #avvocato #reati
...

132 48

Rigettata il ricorso di un uomo che invocando l’azione di ingiustificato arricchimento, pretendeva dalla ex moglie il rimborso delle somme spese per l’acquisto e la ristrutturazione di immobili acquistati durante il matrimonio, oltre ai costi per i mobili di arredo della casa coniugale intestata alla moglie.

Anche il Tribunale di Forlì e la Corte d’Appello di Bologna avevano rigettato la domanda dell’uomo che insisteva fino in Cassazione ma si vedeva ribadire che, per invocare l’azione di ingiustificato arricchimento ex. art. 2041 c.c., è necessario che il beneficio ottenuto da una parte a danno dell’altra sia privo di “giusta causa”.

Non si può invocare l’ingiustizia o mancanza della causa quando l`arricchimento sia conseguenza di un atto di liberalità o dell`adempimento di un’obbligazione naturale, come di regola accade in costanza di matrimonio.

L’acquisto e la ristrutturazione degli immobili non potevano essere concepiti stante come un’operazione negoziale immobiliare ma vista la "spontaneità" della prestazione, che trova la sua giustificazione nella comunione di vita tra le parti, e la "proporzionalità" tra il contributo versato, il patrimonio di cui l’uomo dispone e l’interesse da soddisfare, la dazione delle somme alla moglie era da qualificare come adempimento di un’obbligazione naturale ex art. 2034 c.c. poiché espressione della solidarietà tra i coniugi. Sentenza commentata da @giorgiabelluschi
...

97 16

L’immagine di un minore è un elemento altamente caratterizzante l`individuo! Per tale motivo, in casi di abuso dell`immagine di un minore, l`accertamento della illiceità della diffusione del ritratto del bambino per fini di pubblicità commerciale, effettuata senza il consenso di uno dei genitori, comporta il diritto al risarcimento del danno anche se non è stato pubblicato il nome o le generalità del minore o dei suoi genitori.

Questo quanto chiarito dalla Cassazione con l’ordinanza n. n. 23018 del 21 agosto 2025 al termine di un procedimento iniziato avanti il Tribunale di Milano.

Un papà attore, infatti, chiedeva la rimozione immediata da un catalogo di moda per bambini delle foto riproducenti il figlio, perché la pubblicazione era avvenuta senza il suo consenso, e la condanna della madre al risarcimento dei danni.

La madre del minore si difendeva affermando che, in più di una occasione, l`ex marito aveva prestato il proprio consenso e che in ogni caso non era necessario il consenso paterno perché il consenso alla pubblicazione era atto di ordinaria amministrazione.

Il Tribunale di Milano dava ragione al padre e inibiva alla madre l’utilizzo delle foto ma non accoglieva la domanda di risarcimento dei danni perché non era stato indicato il nome del minore.

Anche la Corte d’Appello adita dal padre rigettava la richiesta di risarcimento del danno ma il padre andava in Cassazione e qui “trovava giustizia”: gli Ermellini ribadivano che l`immagine della persona costituisce in sé un elemento altamente caratterizzante l`identità dell`individuo, che lo rende unico e originale, come tale riconoscibile e come tale non può ritenersi che l`abuso dell`immagine altrui non abbia provocato alcun danno per il solo fatto che, insieme all`immagine, non sia stato pubblicato il nome!

Il bene protetto è la riservatezza dell`immagine stessa e non del nome o di altra informazione personale dell`interessato.

E VOI COSA NE PENSATE? BASTA UNA PUBBLICAZIONE DI UNA FOTO PER CREARE UN DANNO ?
...

128 11

Ancora una volta al centro dei pensieri dei ragazzi c’è l’esigenza di dare voce ai propri bisogni.
Nonostante vivano un periodo caratterizzato dalla possibilità di comunicare in mille modi diversi, urlano. Urlano per essere ascoltati da noi genitori.

Ma noi dove siamo?

Perché non siamo capaci di ascoltarli?

Forse i problemi che ci portano ci spaventano al punto che preferiamo tenerci occupati in mille impegni piuttosto che tornare a casa e affrontarli?

Abbiamo paura forse di non essere in grado di dar loro risposte?

Ecco.. oggi la riflessione che vi porto è questa.
Come possiamo indignarci per le tragedie che leggiamo sui giornali, se nel nostro piccolo non riusciamo a trovare tempo e coraggio di guardare i nostri ragazzi negli occhi? Se non riusciamo a fare pace con la nostra imperfezione e ad accogliere la loro?

Che paura la famiglia perfetta, quadrata e delineata…
Le domande non devono per forza trovare risposte. Le domande però esigono che qualcuno le ascolti
Buona serata!
...

48 2

👉due minori, cittadini moldavi, figli di cittadini moldavi vivono in Moldavia affidati in via esclusiva alla loro madre. Durante le vacanze estive, la donna acconsente a che il padre trascorra con loro qualche tempo con l’accordo che i minori sarebbero rientrati a casa una volta terminate le vacanze.
👉il padre, però, alla fine del periodo concordato, non li riporta a casa e anzi li porta in Italia.
👉durante i giorni trascorsi col padre, infatti, il padre si accorge che il figlio più piccolo era stato circonciso. I figli iniziano a raccontare episodi di umiliazioni e violenze subite da parte del nuovo marito della madre.
👉i due minori, di anni 13 e 9, sentiti dal Tribunale per i Minorenni nell’ambito del procedimento introdotto dal PM su istanza della donna per il rimpatrio in Moldavia, si oppongono al rientro.
👉il Tribunale, ascoltati i minori ritenuti capaci di discernimento, rigettano la richiesta di rimpatrio temendo anche che un ritorno in Moldavia potesse far correre il rischio ai minori di subire nuovamente le violenze.
👉La Corte di Cassazione adita dalla madre respingeva il ricorso confermando il mancato rientro in patria affermando che la volontà contraria al rientro manifestata dal minore in un procedimento di sottrazione internazionale può costituire una ragione ostativa al rientro ex art. 13, secondo comma, della Convenzione Aja 25 ottobre 1980.

🔗 Trovate l`approfondimento a cura dell`Avv Alice di Lallo sul nostro Blog!
...

40 0

Accolto il ricorso in Cassazione di un padre che richiedeva la revoca dell’assegno di mantenimento per la figlia 25enne.

La Cassazione, infatti, ha chiarito che in base alla normativa vigente e in ragione del principio di autoresponsabilità, incombe sul figlio maggiorenne, e non sul genitore, l’onere di dimostrare di aver curato, con ogni possibile impegno, la propria formazione professionale o di essersi attivato nella ricerca di un’occupazione lavorativa.

Nel caso in questione, la figlia maggiorenne dopo aver conseguito la maturità non aveva continuato gli studi e per 5 anni preferiva lavori saltuari e precari. All’età di 24 anni, decideva di riprendere a studiare iscrivendosi ad un corso non in linea con gli studi fatti e il padre agiva per la revoca del mantenimento e dell’obbligo di contribuire alle spese straordinarie.

Il Tribunale di Pordenone revocava il mantenimento mentre la Corte d’Appello adita dalla madre, riaffermava l’obbligo a carico del padre di mantenere la figlia e contribuire ai di lei studi ritenendo che l’inizio tardivo degli studi potesse essere dovuto a vari fattori, anche ad un disagio psicologico, e che, secondo le consuetudini sociali in voga, un venticinquenne non fosse obbligato a trovarsi un lavoro!!

Al padre non rimaneva che adire la Cassazione che ha osservato come la questione dell’età non costituisca fatto notorio, che l’onere della prova incombe al figlio beneficiario del mantenimento e che pertanto è necessario effettuare una valutazione caso per caso, idonea a declinare il principio di autoresponsabilità alla fattispecie concreta del "figlio adulto".

Vale a dire.. una volta raggiunta la maggiore età, si presume l`idoneità al reddito e quando non lo si ha occorre che sia provato dal richiedente li suo impegno rivolto al reperimento di un`occupazione nel mercato del lavoro e la concreta assenza di personale responsabilità nel ritardo a conseguirla.
...

69 6

➡️ A seguito dello scioglimento dell’unione civile, il partner più debole ha diritto a percepire un assegno di mantenimento? La risposta è sì.
A stabilirlo è la legge Cirinnà 76/2016 ove ai sensi dell’art. 1 comma 25 vi è espresso rimando alle norme sull’assegno divorzile.

Sul punto la Corte di Cassazione con la pronuncia 24930/2024 ha quindi chiarito che in caso di scioglimento dell’unione civile, all’assegno mensile “deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa”.

➡️ Inadeguatezza dei mezzi dell’ex partner richiedente e impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, comparazione delle condizioni economiche patrimoniali delle parti, contributo offerto da ciascuno all’interno della famiglia e per la formazione del patrimonio comune, durata del matrimonio ed età del richiedente, dovranno pertanto essere i principi su cui fondare la valutazione giudiziale. Nel caso di specie, tuttavia, dopo un iniziale riconoscimento da parte del Tribunale di Pisa, la Corte d’Appello di Firenze ritenendo assenti i requisiti fondanti il diritto a ricevere l’assegno, lo revocava.

➡️ Di fronte la revoca, la donna originariamente beneficiaria proponeva ricorso per Cassazione per mezzo del quale lamentava che la Corte territoriale non aveva tenuto conto della di lei condizione di inabilità al lavoro né della disparità delle condizioni economiche con la ex partner, che aveva un lavoro e un immobile di proprietà.

➡️ La Corte di Cassazione però considerava i motivi del ricorso inammissibili: nel caso di specie la Corte territoriale che aveva correttamente applicato i parametri legislativi e giurisprudenziali, aveva revocato il diritto originariamente riconosciutole per non aver la donna provato l’addotta disparità economica con la ex partner, ed avendo al contrario quest’ultima provato la di lei assenza di qualsivoglia reddito.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, confermando la revoca dell’assegno e condannando la ricorrente alla rifusione delle spese legali.

Trovate l`approfondimento sul Blog a cura dell`Avv. Angela Brancati
...

34 0

Il decreto Caivano, introdotto per contrastare il disagio giovanile, la povertà educativa e la criminalità minorile, contiene norme per combattere la dispersione scolastica “assoluta” - quando un minore non è mai stato iscritto a scuola - e l’abbandono scolastico.
 
Secondo dati Eurostat, l’Italia nel 2022 era il quinto Paese europeo con più abbandoni (11,5%), dopo Romania, Spagna, Ungheria e Germania. Secondo un’indagine dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza le cause di abbandono scolastico sono esclusione sociale, povertà, disagi personali o familiari, ansia.
 
Vediamo il nuovo art. 570 ter cp: “Il responsabile dell’adempimento dell’obbligo di istruzione che, ammonito ai sensi dell’articolo 114, comma 1 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, non prova di procurare altrimenti l’istruzione del minore o non giustifica con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, la mancata iscrizione del minore presso una scuola del sistema nazionale di istruzione, o non ve lo presenta entro una settimana dall’ammonizione, è punito con la reclusione fino a due anni. Il responsabile dell’adempimento dell’obbligo di istruzione che, ammonito ai sensi dell’articolo 114, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 per assenze ingiustificate del minore durante il corso dell’anno scolastico tali da costituire elusione dell’obbligo di istruzione, non prova di procurare altrimenti l’istruzione del minore o non giustifica con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, l’assenza del minore dalla scuola, o non ve lo presenta entro una settimana dall’ammonizione, è punito con la reclusione fino a un anno”.
 
L’art. 114 del decreto legislativo 297/94 citato stabilisce l’istruzione obbligatoria per almeno 10 anni (6-16), fino al conseguimento di un titolo di studio secondario superiore o di una qualifica professionale.
 
Come reagireste se vostr* figli* vi dicesse che non vuole più andare a scuola?
 
Post scritto da @avvcrespi
 
#scuola #minori #reato #avvocato
...

132 43

HO AVUTO UN TUMORE: POTRO’ MAI ADOTTARE ?
È possibile per chi ha avuto un cancro presentare domanda per adottare un bambino?
La Legge Adozioni n. 183/1984 all’art. 22 prevede che all’interno del percorso avanti il Tribunale per i Minorenni per ottenere il decreto di idoneità all’adozione, le valutazioni riportino anche informazioni relative allo stato di salute attuale e pregresso della coppia fatte alla luce di un certificato rilasciato dal medico curante contenente l’anamnesi della persona e l’attestazione che la coppia sia esente da patologie fisiche e psichiche invalidanti.
Ma quanto tempo deve passare dalla guarigione?
Dopo anni di vuoto normativo, è stata approvata la Legge 7 dicembre 2023, n. 193 che - in punto adozione - stabilisce il divieto di richiedere alle coppie che depositano richiesta di adozione di minori, informazioni sullo stato di salute relative a patologie oncologiche pregresse se sono ormai trascorsi dieci anni dal trattamento e non ci sono state recidive o ricadute della malattia, ovvero cinque anni se la patologia era insorta prima del ventunesimo anno di età.
Mancavano, però, ancora le modalità attuative e i modelli per la richiesta del certificato e il modello di certificato di oblio oncologico, finalmente disciplinato con il Decreto del Ministero della Salute del 5 luglio 2024 .
Il Decreto chiarisce che il certificato di oblio è rilasciato dietro apposita istanza, debitamente documentata, da una struttura sanitaria pubblica o privata o da un medico del Servizio sanitario nazionale.
Oltre ai dati anagrafici, la persona dovrà fornire la documentazione medica relativa alla richiesta di oblio; il certificato di oblio oncologico deve contenere l’indicazione del nome, del cognome, del luogo e della data di nascita, del codice fiscale e della residenza dell’interessato, senza ulteriori informazioni relative alla tipologia di patologia sofferta o ai trattamenti clinici effettuati e dovrà essere rilasciato entro trenta giorni dalla richiesta.
Chissà mai che queste novità siano nuovo impulso alle adozioni, decisamente in calo negli ultimi anni!
...

27 3

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una donna alla quale la Corte d’Appello di Catanzaro aveva revocato l’assegno divorzile di €2000,00 che il Tribunale di Cosenza le aveva riconosciuto dopo diciotto anni di matrimonio.

Secondo gli Ermellini, infatti, la Corte d’Appello nel revocare all’ex moglie l’assegno di divorzio, avrebbe impropriamente circoscritto la funzione dell’assegno a quella “strettamente assistenziale”, ignorando invece la funzione compensativa e perequativa che esso è chiamato a soddisfare.

Per i giudici di Catanzaro la donna, per il solo fatto che aveva due immobili messi a reddito, non avrebbe versato in una condizione di inadeguatezza dei mezzi di sostentamento e per questo motivo, senza compiere un accertamento circa lo squilibrio effettivo di non modesta entità delle condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi,

In realtà il reddito della donna era di circa 500€ netti al mese contro i €8000,00 del marito; il matrimonio era durato 18 anni; la donna aveva rinunciato a terminare la facoltà di Farmacia (mancavano solo 2 esami e la tesi) perché in attesa del primo figlio; da allora si era esclusivamente dedicata alla cura della famiglia consentendo al marito di dedicarsi alla sua realizzazione professionale col conseguente costante aumento dei propri redditi.

Inoltre l’ipoteca iscritta sui propri immobili a favore della società del marito era da valorizzare come contributo offerto nel corso del matrimonio, non come indice della sua autosufficienza economica, tenuto conto che la donna aveva una minima di partecipazione alle società dell’ex marito.

Tutta da rifare quindi! La Cassazione rinvia gli atti alla Corte di Catanzaro che dovrà rivalutare la situazione della coppia valorizzando la dedizione esclusiva alla cura della famiglia, anche a prescindere dalle rinunce di studio o professionali che andranno provate. Sentenza commentata da @giorgiabelluschi
...

50 5

Lo Studio Legale Di Nella è anche in Abruzzo grazie all’interazione con lo Studio legale Ucci!

Sono molto felice di presentarvi i professionisti dello Studio Legale di Lanciano (CH) con i quali abbiamo avviato da qualche mese una partnership!

L’Avv Alfonso Ucci da sempre attento alle problematiche sociali vanta una consolidata esperienza nel diritto penale anche minorile, civile ed amministrativo mentre l’Avv Francesca Ciarelli si è nel tempo specializzata nel diritto di famiglia e minorile ricoprendo anche incarichi come curatore del minore.

📞Per fissare un appuntamento a Lanciano chiamateci allo 0243982209 oppure allo 087242699 direttamente sul posto.

#studiolegaledinella #avvdinella #avvucci
...

955 10

La situazione dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti va valutata in concreto e nell’attualità alla luce del principio di autoresponsabilità, tenendo dell`età e del percorso formativo (che sia terminato o in corso di esecuzione) della loro situazione personale e familiare, della loro personalità, delle comprovate attitudini, aspirazioni e attuali esigenze, ai sensi dell`art. 337 ter, comma 4, c.c. che hanno la massima rilevanza quando si tratta di giovani che hanno da poco raggiunto la maggiore età.
➡ La Cassazione con l’ordinanza n. 24391/2024 torna ad affrontare il tema dell’obbligo del contributo al mantenimento dei figli maggiorenni con specifico riferimento al concetto di autosufficienza economica.
Il caso di specie trae origine dal decreto della Corte d’Appello di Trento che aveva accolto il reclamo di un padre revocando l`obbligo di mantenimento nei confronti delle due figlie maggiorenni:
La primogenita perché, dopo aver ottenuto la maturità nel 2018, si era iscritta a vari corsi universitari in Germania, senza però sostenere esami rilevanti.
La secondogenita perché, pur avendo completato la scuola professionale in ritardo, aveva iniziato a lavorare come apprendista, conseguendo un proprio reddito, seppur modesto.
️La madre propone ricorso per Cassazione e vince.
La Corte d`Appello non aveva tenuto conto del contesto personale e delle difficoltà delle figlie, come i problemi di salute e le problematiche legate alla pandemia. Inoltre, non era stato considerato l’impegno nel percorso formativo successivo della primogenita e lo scarso reddito della secondogenita ma era stato applicato in modo troppo rigido il concetto di autosufficienza economica, basandosi solo sull`età e sul reddito minimo, senza considerare che le figlie non avevano raggiunto una reale indipendenza economica.

Alla luce delle suddette motivazioni, pertanto, il ricorso è stato accolto e il decreto impugnato cassato e rinviato alla Corte d`appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, in diversa composizione.

E tu che ne pensi?
Vuoi leggere l`approfondimento dell`Avv. Maria Zaccara?
Un click sul link in bio ed uno su Blog.
...

52 3

In tema di separazione personale dei coniugi, l`allontanamento infrasettimanale della casa familiare per cinque giorni lavorativi, ove determinato da ragioni di lavoro e di accudimento di un figlio minore, non è connotato dal carattere di stabilità che integra la condizione essenziale per la revoca dell`assegnazione della casa familiare.
Questo quanto ribadito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 22726 pubblicata in data 12 agosto 2024.
Il caso traeva origine da una decisione del Tribunale di Lecce che collocava il minore presso la madre e le assegnava la casa di proprietà del padre nonostante da tempo la donna se ne fosse allontanata.
L’uomo impugnava la decisione avanti la Corte di Appello leccese che revocava l’assegnazione poiché aveva appurato che il bambino aveva vissuto pochissimo presso l’abitazione con i genitori e comunque anche in quei periodi nei giorni infrasettimanali madre e figlio si trasferivano presso la casa dei nonni materni, lavorando il padre fuori sede e necessitando di continue cure il bambino.
La donna naturalmente proponeva ricorso in cassazione ove vedeva accolte le proprie doglianze: la Corte di Cassazione infatti ribadiva che la casa di proprietà del padre era sicuramente da considerarsi quale habitat del minore da tutelare con l’assegnazione poiché:

👉I genitori avevano adibito la casa ad abitazione coniugale;
👉Il bambino ivi era nato ed ivi aveva vissuto per 10 mesi da parametrarsi con la sua tenera età;
👉L’allontanamento infrasettimanale era dovuto alle peculiari esigenze di cura e accudimento del minore che non potevano essere fornite da un solo adulto;
👉A nulla valeva l’allontanamento del bambino da casa con l’insorgere della crisi familiare e la revoca dell’assegnazione disposta dalla Corte di Appello.

Ora la palla torna a Lecce. Cosa farà??
Approfondisce la decisione sul blog la Dott.ssa Elisa Cazzaniga
...

47 2