Una donna, per conseguire il mantenimento stabilito dal Giudice civile, poneva in essere una serie di azioni, tra cui pedinamenti, insulti, minacce, post offensivi sui social network, telefonate ripetute, danneggiamenti e imbrattamenti.
Tali atteggiamenti determinavano nell’ex marito un perdurante e grave stato di paura per la propria incolumità, nonché un cambiamento delle sue abitudini di vita.
La donna veniva condannata in primo e in secondo grado per stalking, diffamazione e danneggiamento.
L’imputata presentava ricorso per cassazione, contestando la sussistenza dello stalking e richiedendo la riqualificazione nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose e sulle persone.
La Suprema Corte svolge una dettagliata analisi degli atti persecutori, sottolineandone la natura di reato abituale, ossia un reato in cui rileva la ripetitività dei comportamenti (la donna perseguitava l’ex da oltre un anno). Inoltre, l’uomo provava ansia e aveva dovuto cambiare le proprie abitudini di vita: non usciva più da solo e non andava a prendere la figlia a scuola (sent. n. 9878/24).
Per quanto concerne la riqualificazione del reato in esercizio delle proprie ragioni, la Cassazione osserva come le pretese economiche rivendicate dalla ricorrente fossero solo un mero pretesto per umiliare e perseguitare l’ex marito: nessun dubbio, quindi, sulla natura persecutoria delle condotte.
Infine, gli Ermellini confermano la mancata concessione delle attenuanti generiche, anche perché escludono un sincero ravvedimento della donna.
E’ vero che l’ex coniuge che non ottiene il pagamento del mantenimento prova molta rabbia, ma arrivare a “stalkerare” è davvero troppo: cosa ne pensate?
Post scritto da @avvcrespi
Per leggere l’articolo completo, un click su link in bio e poi su Blog.
#marito #moglie #mantenimento #stalking #cassazione
...