Con il matrimonio i coniugi sono liberi di regolamentare i loro rapporti patrimoniali scegliendo quale regime adottare ma in assenza di una loro e diversa manifestazione di volontà al momento della celebrazione del matrimonio, viene ad essere applicato il regime della comunione legale, secondo il quale la titolarità dei beni acquistati in costanza di matrimonio è di spettanza di entrambi i coniugi.
La legge concede, però, ai coniugi di modificare nel corso del matrimonio il loro regime patrimoniale attraverso una convenzione stipulata per atto pubblico dinanzi un notaio e che verrà poi annotata a margine dell’atto di matrimonio.
Lo Studio Legale Di Nella, nello specifico, offre consulenza e assistenza nei seguenti ambiti:
La comunione legale tra i coniugi si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, per l’annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale e infine per il fallimento di uno dei coniugi. Una volta sancito lo scioglimento della comunione, la divisione si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo e il passivo esistente al momento dello scioglimento.
Si intende l’impresa in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo. Per valorizzare l’impegno profuso da questi soggetti all’interno non solo dell’impresa ma anche della famiglia stessa, è stata prevista dall’ordinamento questa peculiare figura da cui discende il diritto al mantenimento e il diritto di partecipazione agli utili e agli incrementi dell’impresa, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato da ciascuno.
Ambedue i coniugi svolgono disgiuntamente atti di ordinaria amministrazione sui beni comuni. Laddove dovessero essere effettuati atti di straordinaria amministrazione i coniugi sono tenuti a compierli in maniera congiunta. Nel caso in cui uno dei coniugi non dovesse prestare il di lui consenso per la stipulazione dei suddetti atti, l’altro coniuge può rivolgersi al Giudice e laddove questi ritenesse che l’atto risponde ai bisogni della famiglia, ne ordina il compimento.
Se un coniuge non può amministrare o amministra male il patrimonio familiare, l’altro coniuge può chiederne al Giudice l’esclusione. Se, infine, un coniuge compie atti che richiedono il consenso dell’altro e questi non li convalida successivamente, gli atti potranno essere annullati se riguardano beni immobili o mobili registrati, riguardo, invece, gli atti relativi ai beni mobili compiuti senza il consenso e non ratificati, obbligano il coniuge a ricostruire la comunione nello stato in cui era prima o a pagarne l’equivalente alla comunione stessa.
Ciascuno, entrambi i coniugi per atto pubblico o un terzo anche per testamento, possono scegliere di devolvere beni immobili, mobili registrati o titoli di credito esclusivamente ai bisogni della famiglia, vincolando gli stessi mediante la creazione di un fondo patrimoniale. Le cause che determinano la cessazione del fondo sono da ricondursi all’accordo dei coniugi, all’annullamento, allo scioglimento del matrimonio, alla morte di uno dei coniugi. Tuttavia, se vi sono figli minori, il fondo dura fino al compimento del 18esimo anno di età dell’ultimo nato.
E’ un istituto che affonda le sue radici nel diritto anglosassone mediante il quale un soggetto dà origine con uno o più beni un patrimonio separato, finalizzato ad uno scopo determinato o a più scopi. I soggetti che intervengono nella costituzione del trust sono tre: il disponente o cd. settlor che è colui che istituisce il trust, l’amministratore o cd. Trustee al quale il disponente riconosce l’intestazione dei singoli beni del patrimonio destinato con l’obiettivo che questi li amministri, e infine il beneficiario o cd. beneficiary.
L’istituto trova ampia applicazione nel diritto di famiglia, in particolar modo nei procedimenti di separazione, in quelli di divorzio in relazione alla gestione dei beni comuni e soprattutto a seguito della recente legge n.112/2016 cd. “Dopo di noi” come istituto per favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità grave.
La pensione di reversibilità è una quota della pensione di una persona defunta che spetta al coniuge – anche separato e in assenza di assegno mantenimento – o all’unito civilmente. Anche il coniuge divorziato già titolare di un assegno divorzile, versato con cadenza periodica, che non abbia contratto nuove nozze, e il cui rapporto di lavoro da cui si deduce il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza di divorzio, può essere destinatario della pensione di reversibilità.