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Figlicidio

Il “figlicidio”: il terribile crimine commesso dai genitori

(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)

La recente confessione dell’omicidio della piccola Elena da parte della madre Martina Patti ha riportato l’attenzione sul delitto di omicidio dei propri figli.

Nessuno può dimenticare quello commesso a Cogne nel 2002: Annamaria Franzoni, condannata per aver ucciso il figlio di 3 anni, ha sempre negato; ma anche quello del 2014, a Santa Croce Camerina, quando Veronica Panarello strangolò il figlio di 8 anni.

Inoltre, recentemente sono state depositate le motivazioni della sentenza della Corte di Assise di Macerata nei confronti di Pavlina Mitkova, condannata a 25 anni di reclusione per aver soffocato la figlia, Jennifer, di 6 anni con un peluche e aver dato fuoco all’appartamento a Servigliano, per cercare di nascondere il delitto.

La sentenza è divenuta definitiva per la mancata presentazione dell’atto di appello. La Corte – per le “disagiate condizioni dell’imputata, senza lavoro, in un contesto familiare di emarginazione e isolamento sociale, pervaso dalla forte personalità del marito, analfabeta e giocatore incallito”, sempre chiusa in casa con le figlie, “senza parenti né amici né prospettive” – ha deciso di non infliggerle l’ergastolo.

Secondo i recenti dati dell’Eures Ricerche Economiche e Sociali dal 2010 ad oggi sono stati 268 i “figlicidi” commessi, 480 dal 2000; la media è di circa uno ogni due settimane.

Nel 55,6% dei casi (149) si tratta di bambini con meno di 12 anni, di cui 106 di età compresa tra 0 e 5 anni (il 39,7%) e 43 tra 6 e 11 anni (16,2%).

Nella maggior parte dei casi l’autore dei “figlicidi” è il padre (172 figli uccisi dal 2010, pari al 64,2%), a fronte del 35,8% dei figli uccisi dalle madri, che invece sono autrici della quasi totalità degli infanticidi/neonaticidi (35 sui 39 complessivi).

Per quanto riguarda l’arma del delitto generalmente è un’arma da fuoco, quasi esclusivamente adottata dagli uomini; seguono le armi da taglio e il soffocamento, principalmente utilizzata dalle madri.

L’omicidio dei propri figli è un crimine che suscita sgomento e soprattutto incredulità, in quanto il rapporto genitore-figlio è solitamente caratterizzato da protezione, tutela e affetto.

Diverse possono essere le cause, come la sensazione di inadeguatezza della madre o situazioni di separazione e conflittualità pregressa in cui i figli diventano oggetto di vendetta, per i padri; per entrambi i genitori la presenza di malattie mentali, l’abuso di sostanze stupefacenti e/o alcoliche, stress o depressione.

Nella maggior parte dei processi penali viene predisposta una perizia psichiatrica nei confronti di chi ha ucciso, proprio per comprendere le cause dietro questo tragico gesto.  

Nel nostro ordinamento non esiste il reato di “figlicidio” ed occorre prendere in considerazione l’infanticidio e l’omicidio volontario (art. 575 c.p. e segg.).

Più precisamente il codice penale prevede l’infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale all’art. 578 c.p., che così stabilisce: “La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni. A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi. Non si applicano le aggravanti stabilite dall’articolo 61 del codice penale.

Il reato di infanticidio è considerato una fattispecie criminosa meno grave rispetto all’omicidio, perché posto in essere nei confronti del neonato, in circostanze difficili.  La situazione di abbandono materiale e morale, richiesta dalla norma, non deve rivestire un carattere di oggettiva assolutezza: è sufficiente anche la percezione di totale abbandono avvertita dalla donna nell’ambito di una complessa esperienza emotiva e mentale quale quella che accompagna prima la gravidanza e poi il parto, come da tempo sostenuto dalla Cassazione.

In passato, l’art. 369 del codice penale Zenardelli del 1889 prevedeva attenuanti nel caso in cui a essere ucciso fosse il frutto di una relazione adultera per rivendicare il proprio onore.

Occorre ricordare che nel 2019 sono state pubblicate le “Osservazioni conclusive” delle Nazioni Unite rivolte all’Italia con le raccomandazioni per l’attuazione della Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro paese. In particolare il Comitato ONU ha raccomandato allo Stato italiano di assicurare la realizzazione dei diritti dei bambini in linea con la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e i suoi Protocolli opzionali attraverso il processo d’attuazione dell’Agenda 2030 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Il Comitato delle Nazioni Unite ha raccomandato di adottare misure urgenti, in particolare in tema di distribuzione delle risorse finanziarie che tenga conto dei “diritti dei minorenni più vulnerabili, non discriminazione delle persone di minore età sotto ogni aspetto, educazione e istruzione, minorenni migranti, rifugiati e richiedenti asilo”; occorre anche introdurre un sistema nazionale di raccolta dati in materia di violenza contro i minorenni.

L’implementazione delle risorse “raccomandate” dall’ONU può consentire alle Istituzioni che si occupano di minori di intervenire precocemente. Ma ciò non appare sufficiente per prevenire il grave fenomeno.

Occorrerebbe altresì un intervento celere, magari coordinato, di Associazioni, Servizi, Istituzioni sociali ed educative e Medici di Famiglia (o pediatri).

Author Profile
Avv. Stefania Crespi

Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.