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PER LA MOGLIE ABITUATA AL LUSSO ASSEGNO DIVORZILE CONTENUTO

(A cura dell’Avv. Maria Zaccara )

Con l’Ordinanza n. 30712/2023 pubblicata in data 3 novembre 2023 la Suprema Corte di Cassazione, dopo aver ribadito la funzione assistenziale, equilibratrice e perequativo-compensativa dell’assegno divorzile, ritiene congruo un assegno divorzile di “soli” € 600,00 a favore di una moglie vissuta nel lusso, tenuto conto della brevità del matrimonio (cinque anni), della giovane età della donna (40 anni) e delle importanti elargizioni e regali ricevuti dal marito nonché dell’assegnazione della casa familiare in qualità di genitore prevalentemente collocatario del minore.

Il caso di specie trae origine da una sentenza con la quale il Tribunale di Bologna dichiarava lo scioglimento di un matrimonio contratto da un uomo di mezza età molto ricco con una giovane donna di 35 anni che, all’epoca del matrimonio, era una donna indipendente e dalle plurime occupazioni (commerciante, indossatrice e PR). A seguito della nascita del figlio, dopo solo cinque anni dalla celebrazione del matrimonio, la coppia addiveniva alla separazione e successivamente al divorzio. Con la sentenza che dichiarava lo scioglimento del matrimonio, il Tribunale di Bologna prevedeva a carico dell’uomo – oltre ad un mantenimento di € 1.500,00 per il minore, all’obbligazione del pagamento del muto sulla casa familiare, all’assunzione diretta di tutte le spese dell’abitazione e al 70% delle spese straordinarie del figlio minore – anche un assegno divorzile a favore della donna pari ad € 600,00.

Per nulla contento dell’assegno divorzile a suo carico, l’uomo ricorreva in Appello ma la Corte confermava l’assegno divorzile nel medesimo importo proprio in considerazione delle evidenze di grande disponibilità economiche dell’uomo dimostrate nel corso del giudizio: nel corso della vita matrimoniale il marito aveva acquistato la grande casa coniugale oggi assegnata alla donna, aveva sostenuto integralmente il costo degli interventi di ristrutturazione e degli arredi, aveva versato ingente denaro sul conto della moglie, le aveva regalato gioielli e orologi molto costosi e, infine, aveva sostituito la propria autovettura acquistandone una di lusso.

Inoltre, la donna che all’epoca del matrimonio era una donna indipendente e dalle plurime occupazioni (commerciante, indossatrice e PR), dopo la nascita del bambino aveva rinunciato a coltivare il proprio lavoro; all’atto della dissoluzione dell’unione coniugale, la donna aveva 10 anni in più e non aveva esperienze spendibili nel suo particolare profilo professionale, con una casa importante da gestire e con un figlio da accudire; infine la donna aveva dato prova di essersi attivata per riprendersi un’autonomia economica aprendo un’attività imprenditoriale in proprio che, però aveva dovuto chiudere dopo pochi anni perché in costante perdita.

Nonostante le riportate considerazioni, però, la donna non aveva contribuito alla formazione del patrimonio del marito che era già molto importante prima di convolare a nozze con la giovane donna e, quindi, tenuto conto della sproporzione reddituale tra i coniugi e della circostanza che la donna non aveva alcuna fonte reddituale o patrimoniale, la Corte di Appello non poteva che concludere confermando il diritto della donna a ricevere un assegno divorzile seppur di importo ridotto.

Infatti, in applicazione degli elementi di cui all’art. 5 comma 6 della Legge 898/1970, i Giudici avevano riconosciuto la natura composita all’assegno divorzile, tenendo in considerazione le condizioni economiche dei coniugi (profilo assistenziale dell’assegno) ed il contributo personale ed economico fornito da ciascun coniuge alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascun coniuge (profilo compensativo dell’assegno), anche alla luce della durata del vincolo matrimoniale e dell’età anagrafica dell’avente diritto, così come previsto dalla Sentenza n. 18287/2018 delle Sezioni Unite della Suprema Corte.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, l’ex marito proponeva ricorso per Cassazione ma la Suprema Corte rigettava le doglianze del ricorrente, precisando nelle motivazioni che la Corte d’Appello aveva già valutato tutte le circostanze dedotte dal momento che il quantum dell’assegno divorzile (600,00 euro mensili) era molto ridotto rispetto alla situazione reddituale e patrimoniale dell’uomo; se così non fosse stato, l’importo dell’assegno sarebbe stato maggiore, alla luce proprio del divario economico esistente tra le parti.

Gli Ermellini, infatti, confermavano che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato, motivandolo, l’art. 5 della I. 898/1970 e il carattere composito dell’assegno divorzile, il quale, invero, era stato fissato in un ammontare “contenuto” se raffrontato alle condizioni economiche delle parti e ciò in ragione della corretta interpretazione della funzione assistenziale, ma anche equilibratrice e perequativo- compensativa che deve svolgere l’assegno stesso.

Per tutti i suddetti motivi il ricorso veniva dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato alle spese.

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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.