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Maternità surrogata: le Sezioni Unite bloccano la trascrizione degli atti di nascita stranieri ma “spianano” la strada all’adozione speciale

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

I bambini nati all’estero attraverso il ricorso alla maternità surrogata dovranno essere riconosciuti tramite l’adozione in casi speciali, poiché non è automaticamente trascrivibile il loro atto di nascita estero (Cass. Civ., Sez. Unite, sent. 30 dicembre 2022 n. 38162).

Così si sono finalmente pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione dopo mesi di attesa, e ora non si parla e si scrive d’altro. 

C’è chi ritiene che si sia “persa” l’occasione di garantire una effettiva tutela ai bambini nati da maternità surrogata e chi invece, condividendone le motivazioni, è soddisfatto dei principi di diritto ribaditi e dei passi avanti che, in termini di tutela di entrambi i genitori, questa sentenza rappresenta. Perché quando si parla di gestazione per altri, non ci sono in gioco solo il desiderio di genitorialità, le aspirazioni e i progetti della coppia, ma ci sono bambini coinvolti in una pratica che determina incertezze sul loro status e, quindi, anche sulla loro identità nella società.

Il caso arrivato sino alle Sezioni Unite è quello di due padri gay, entrambi italiani, che avevano avuto un figlio facendo ricorso alla maternità surrogata in Canada, dove è consentita anche alle coppie delle stesso sesso la surrogazione a titolo gratuito. Quando il bambino era venuto alla luce, le autorità canadesi avevano formato un atto di nascita che indicava come genitore il solo padre biologico, senza menzionare né il padre intenzionale né la madre surrogata, né la donatrice. 

Accogliendo il ricorso della coppia, la Corte Suprema della British Columbia aveva dichiarato che entrambi i ricorrenti dovevano figurare come genitori, e aveva disposto la rettifica dell’atto di nascita in Canada. Sulla base del provvedimento, i due padri italiani avevano quindi chiesto all’Ufficiale di Stato Civile italiano di modificare anche l’atto di nascita nel nostro Paese, ma si erano visti rifiutare la richiesta. 

Con ricorso ex art. 702-bis Cod. Proc. Civ., i due uomini chiedevano alla Corte d’Appello di Venezia, a norma dell’art. 67 della legge n. 218 del 1995, il riconoscimento del provvedimento canadese, sottolineandone la non contrarietà all’ordine pubblico italiano e la liceità del ricorso alla maternità surrogata secondo le leggi del Paese in cui erano state poste in essere.

La Corte d’Appello di Venezia, rilevato che “la tutela del superiore interesse del minore rientra tra i diritti fondamentali, … lordine pubblico internazionale impone di assicurare al minore la conservazione dei legami familiari ed il mantenimento dei rapporti con chi ha legalmente assunto un ruolo genitoriale… non può ricondursi allordine pubblico la previsione che il minore debba avere genitori di sesso diverso, posto che nel nostro ordinamento è prevista la possibilità che il minore abbia due figure genitoriali dello stesso sesso nel caso in cui uno dei genitori abbia ottenuto la rettificazione dell’attribuzione del sesso”, riconosceva i requisiti per la trascrizione del provvedimento canadese.

Avverso tale decisone, però, ricorrevano il Ministero dell’Interno e il Sindaco di Verona, in qualità di ufficiale del Governo, e la prima Sezione della Cassazione, investita dell’importante questione, chiedeva l’intervento delle Sezioni Unite.  

La decisione delle Sezioni Unite arriva dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 2021 – che ha messo in discussione la sentenza n. 12193 del 2019 delle Sezioni Unite stesse – e dopo il parere consultivo della Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, reso su richiesta della Corte di Cassazione francese il 10 aprile 2019, che ha ricondotto al principio del rispetto della vita privata e familiare, e dunque all’art. 8 della CEDU, il diritto del minore a ottenere il riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore di intenzione. 

Se è indubbio che nessun Comune italiano potrà più procedere alla trascrizione diretta del certificato di nascita estero dei bambini nati da maternità surrogata e che, di conseguenza, d’ora in avanti il certificato di nascita di tali minori conterrà unicamente l’indicazione del genitore biologico sino alla conclusione del procedimento di adozione speciale avanti il Tribunale per i Minorenni, è altrettanto vero che sotto vari aspetti questa sentenza rappresenta una indubbia vittoria. Per prima cosa ribadisce, infatti, che l’orientamento sessuale dei genitori non assume alcuna rilevanza in relazione alla valutazione della genitorialità. Inoltre sancisce il diritto di ogni bambino nato da maternità surrogata al riconoscimento giuridico, chiarisce l’irrilevanza del consenso del genitore genetico per l’adozione speciale, ed infine esclude la perseguibilità della condotta.

Le Sezioni Unite infatti, nella sentenza del 30 dicembre scorso, pur ribadendo che l’ordinamento italiano non consente il ricorso ad operazioni di maternità surrogata (“Laccordo con il quale una donna si impegna ad attuare e a portare a termine una gravidanza per conto di terzi, rinunciando preventivamente a reclamare diritti” sul bambino che nascerà, non ha cittadinanza nel nostro ordinamento. Tale pratica è vietata in assoluto… poiché la pratica della maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane…”) hanno espressamente stabilito i seguenti principi di diritto:

  • “La surrogazione all’estero in conformità della legge ivi vigente da parte di cittadini italiani non può essere ricondotta all’illecito penale di cui al citato art. 12, comma 6. La norma incriminatrice non intercetta le condotte commesse fuori dal territorio dello Stato, essendo il fatto tipico di surrogazione di maternità contrassegnato da un forte radicamento al territorio nazionale.”
  • “Il nato non ha colpa della violazione del divieto di surrogazione di maternità ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro. Il disvalore della pratica di procreazione seguita all’estero non può ripercuotersi sul destino del nato”.
  • “… il bambino nato da maternità surrogata ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale”.
  • “… il giudice deve verificare la compatibilità degli effetti che l’atto produce in relazione al principio di non discriminazione, rivolto sia a non determinare ingiustificate disparità di trattamento nello status filiale dei minori con riferimento in particolare al diritto all’identità ed al diritto di crescere nel nucleo familiare che meglio garantisca un equilibrato sviluppo psico-fisico nonché relazionale, sia a non limitare la genitorialità esclusivamente sulla base dell’orientamento sessuale della coppia richiedente”.
  • “L’ineludibile esigenza di assicurare al bambino nato da maternità surrogata gli stessi diritti degli altri bambini (…) è garantita attraverso l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, primo comma, lettera d), della legge n. 184 del 1983. Allo stato dell’evoluzione dell’ordinamento, l’adozione rappresenta lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello status di figlio, al legame di fatto con il partner del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita”.
  • “Il genitore biologico potrebbe negare l’assenso all’adozione del partner solo nell’ipotesi in cui quest’ultimo non abbia intrattenuto alcun rapporto di affetto e di cura nei confronti del nato, oppure abbia partecipato solo al progetto di procreazione ma abbia poi abbandonato il partner e il minore… Il rifiuto dell’assenso all’adozione, da parte del genitore biologico, appare ragionevole soltanto se espresso nell’interesse del minore, ossia quando non si sia realizzato tra quest’ultimo ed il genitore d’intenzione quel legame esistenziale la cui tutela costituisce il presupposto dell’adozione”.
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È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.