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Il licenziamento per motivi disciplinari non priva del diritto all’assegno divorzile

(A cura dell’Avv. Angela Brancati)

La vicenda di cui parliamo oggi ha per protagonista una donna che, essendo stata licenziata a seguito di un provvedimento disciplinare, ha chiesto una modifica delle condizioni di divorzio al fine di ricevere l’assegno divorzile.

Già nell’ambito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Firenze aveva ritenuto vi fossero i presupposti per il riconoscimento dell’assegno, quantificato in 300 euro e aumentato poi a 450 dopo il ricorso in Appello da parte della donna.

Sia il giudice di prime cure che quello di seconde cure hanno ritenuto che la richiedente – 57 anni, invalida al 60% e senza alcun reddito – dovesse beneficiare dell’assegno poiché, con il licenziamento, erano effettivamente mutate le condizioni di fatto che ne impedivano il riconoscimento nell’originario giudizio di divorzio.

In particolare, quanto alla perdita del lavoro per condotte delittuose (la donna aveva usufruito di 56 giorni di malattia producendo certificati medici falsi, e aveva utilizzato una tessera dell’ex marito per assistere gratuitamente a degli eventi sportivi), la Corte d’Appello aveva evidenziato come la richiedente fosse sì consapevole dei comportamenti penalmente rilevanti che aveva posto in essere, ma non se ne era prefigurata (né aveva volontariamente cercato) le conseguenze. Licenziamento compreso.

L’ex marito aveva presentato ricorso in Cassazione contro il provvedimento dei Giudici d’Appello, deducendo che il comportamento delittuoso della ex moglie dovesse rappresentare un elemento ostativo al riconoscimento del diritto all’assegno divorzile, poiché la situazione generata da tale condotta era da considerarsi alla stregua delle dimissioni volontarie presentate dal lavoratore dipendente.  

In secondo luogo, il ricorrente precisava che il mutamento della situazione di fatto rispetto alle condizioni originarie – previsto dalla Legge quale condizione per il riconoscimento dell’assegno – non potesse dipendere da una condotta colposa, e nel caso di specie dolosa, come quella posta in essere dalla ex moglie.

Gli Ermellini (con la sentenza n. 37577/2022 del 22.12.2022) hanno però considerato infondati entrambi i motivi all’origine del ricorso, sulla base dell’assunto per cui il riconoscimento dell’assegno divorzile, in sede di modifica delle condizioni di divorzio, è giustificato dal verificarsi di situazioni ed elementi nuovi, non presenti nell’originario giudizio. 

Nel caso di specie, ha spiegato la Corte di Cassazione, il giudice di secondo grado aveva correttamente valutato la sussistenza di tali nuovi elementi, accertando che rispetto al momento della sentenza di divorzio era intervenuto un mutamento della situazione di fatto, che come previsto ne giustificava il riconoscimento. 

La richiedente, invero, a seguito del licenziamento per motivi disciplinari – stante l’età e stante la percentuale di invalidità da cui era affetta – non risultava in grado di reperire una nuova attività lavorativa. Sussisteva quindi, in particolare, la componente assistenziale propria dell’assegno divorzile dettata dall’inadeguatezza dei mezzi, e dalla impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. 

In effetti nemmeno l’ex marito, nel suo ricorso, aveva in alcun modo contestato le circostanze nuove nel frattempo intervenute, limitandosi a eccepire quello che riteneva un errore di diritto in cui era incorsa la Corte d’Appello, riconoscendo i presupposti per l’assegno divorzile sulla base di una condotta dolosa e consapevole. 

Inoltre, l’uomo aveva posto alla base del ricorso un’equiparazione tra le dimissioni volontarie e il licenziamento per motivi disciplinari. Gli Ermellini, invece, nel caso di specie si sono espressamente discostati dalla sovrapposizione tra situazioni non del tutto analoghe: il ricorrente aveva interpretato erroneamente le precedenti statuizioni tanto della Corte d’Appello quanto della stessa Corte di Cassazione.

Nel caso cui faceva riferimento l’ex marito, la situazione della moglie che aveva richiesto l’assegno divorzile dopo aver rassegnato le dimissioni, era sostanzialmente diversa: si trattava di una donna di giovane età, con piena capacità lavorativa, che non si trovava in condizione di impossibilità di procurarsi mezzi propri per ragioni oggettive.

Non sussistendo i presupposti, in quel caso la Corte di legittimità chiamata a esprimersi aveva rigettato la richiesta di riconoscimento dell’assegno. Viceversa, nel caso di specie alla richiedente doveva riconoscersi tale diritto essendo la stessa impossibilitata a procurarsi i mezzi per il proprio sostentamento, in ragione delle circostanze oggettive correttamente analizzate dai giudici di merito.

Rigettando il ricorso, pertanto, gli Ermellini concludevano che il solo fatto che la nuova situazione fosse dipesa da una condotta illegittima – posta in essere volontariamente – non costitutiva elemento idoneo a escludere il riconoscimento dell’assegno, essendo tale impostazione estranea alla disciplina dettata dalla legge divorzile. 

Author Profile

Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.

Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.

Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.

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