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La moglie lascia il lavoro e si dedica alla famiglia? Basta questa decisione perché scatti l’assegno divorzile 

(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

Come ormai è noto, e come abbiamo potuto vedere in numerosi nostri articoli che potete trovare sul blog, l’assegno divorzile ha una funzione assistenziale, compensativa e perequativa ed il coniuge che lo richiede deve provare di non avere adeguati mezzi di sostentamento e di essere nell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

Sul punto assegno divorzile e sul diritto a riceverlo si è pronunciata recentissimamente la Corte di Cassazione con l’ordinanza pubblicata il 4 ottobre 2023 n. 27945/2023, la quale ha stabilito che la moglie che, a seguito della nascita del figlio, lascia il lavoro e si concentra sulla crescita della prole ha diritto a ricevere l’assegno divorzile indipendentemente dal motivo che l’ha portata a prendere tale decisione. Secondo gli Ermellini infatti, ciò che deve essere dimostrato è che il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato occasioni lavorative o di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia, senza che sia necessario indagare sulle motivazioni strettamente individuali ed eventualmente intime che hanno portato il coniuge a compiere tale scelta che, comunque, è stata accettata e quindi, condivisa dall’altro coniuge.

L’ordinanza oggi in commento trae origine dalla pronuncia emessa della Corte d’Appello di Perugia che, confermando quanto già disposto dal giudice di primo grado al termine di un procedimento per lo scioglimento del matrimonio, dichiarava che non sussistevano i presupposti per l’attribuzione di un assegno divorzile in favore della ex moglie.

La donna, letto il secondo rigetto della domanda di porre a carico del marito l’obbligo di corrisponderle un assegno divorzile, ricorreva in Cassazione lamentando la violazione dell’articolo 5 della legge sul divorzio. Secondo la ricorrente infatti, il giudice di primo grado e successivamente quello di secondo grado, pur in presenza dei presupposti per l’attribuzione dell’assegno, l’impegno famigliare conseguente all’abbandono del lavoro professionale extrafamiliare e la durata del matrimonio, pari ad oltre 30 anni, avevano respinto la domanda relativa all’assegno divorzile ritenendo non provati dei requisiti sconosciuti però all’istituto in questione.

La donna infatti, censurava la decisione soprattutto nella parte in cui le veniva negato il diritto a ricevere l’assegno divorzile a causa della ritenuta assenza di prova del fatto che l’abbondono da parte della donna del lavoro, dopo la nascita del secondo figlio, avesse avuto origine di una scelta forzata in ragione dell’esigenza di provvedere alle incombenze della famiglia e non che fosse originato da contrasti interni all’azienda in cui lavorava.

Letta l’argomentazione della ricorrente, la Corte di Cassazione dichiarava fondato il motivo di ricorso evidenziando come l’ormai granitica giurisprudenza stabilisce che il riconoscimento dell’assegno di divorzio, al quale bisogna attribuire funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. In altre parole il giudice di merito è chiamato ad accertare, oltre all’impossibilità per il richiedente di trovare mezzi idonei al proprio sostentamento, la necessità di compensare il coniuge economicamente più debole per il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge che trovi ragione nelle scelte fatte durante il matrimonio idonee a condurre l’istante a rinunciare a realistiche occasioni professioni-reddituali.

Ciò che quindi, la parte deve dimostrare è di aver sacrificato occasioni lavorative o di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia, senza che sia necessario indagare sulle motivazioni strettamente individuali ed eventualmente intime che hanno portato a compiere tale scelta. La parte istante infatti, può aver preferito dedicarsi esclusivamente o prevalentemente alla famiglia per amore dei figli o del coniuge, ma anche per sfuggire ad un ambiente di lavoro ostile o per infinite altre ragioni tuttavia, tali motivi non rilevano e non possono in alcun modo rilevare in un giudizio avente ad oggetto la richiesta a ricevere l’assegno divorzile. Rileva e deve essere dimostrato soltanto che l’ex coniuge abbia effettivamente fornito il proprio contributo personale alla conduzione famigliare e alla formazione del patrimonio comune o personale dell’altro coniuge, a scapito del tempo e delle energie che avrebbe potuto dedicare al lavoro e alla carriera.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.