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Revisione dell’assegno divorzile: può essere richiesta sulla base della convivenza dell’ex già al tempo del divorzio?

(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

Come già approfondito in precedenti articoli che potete trovare sul nostro blog, l’assegno divorzile è quel contributo economico che l’ex coniuge è obbligato a corrispondere a favore dell’altro coniuge quando questo non dispone dei mezzi adeguati ovvero si trova in una situazione di oggettiva impossibilità a procurarseli. 

Il suddetto importo non è però immutabile.

L’articolo 9 della legge sul divorzio infatti stabilisce che qualora, a seguito dell’emissione della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, sopravvengano giustificati motivi il tribunale, su ricorso di una delle parti, può disporre la revisione delle disposizioni concernenti la misura e le modalità dell’assegno di divorzio.

In numerose occasioni la Corte Suprema di Cassazione è stata chiamata a interpretare il disposto della norma menzionata e proprio recentemente la Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 1983/2022 emessa in data 24 gennaio 2022, si è nuovamente espressa in riferimento agli elementi che devono necessariamente sussistere al fine di poter giustificare la richiesta della revisione o, come nel caso in esame, della revoca totale dell’assegno divorzile disposta con sentenza di divorzio.

La questione sottoposta agli Ermellini aveva inizio con il deposito avanti il Tribunale di Nola di un’istanza di modifica delle condizioni di divorzio da parte di un ex marito il quale, in particolare, chiedeva la revoca dell’assegno divorzile disposto in favore della ex moglie con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Il Tribunale rigettava l’istanza depositata dall’ex marito e pertanto quest’ultimo depositava reclamo avverso il provvedimento di rigetto avanti la Corte d’Appello di Napoli. Il giudice di secondo grado, lette le ragioni dell’ex marito, accoglieva le richieste di quest’ultimo sancendo che nulla era dovuto all’ex moglie a titolo di assegno divorzile, essendo acclarata la stabile convivenza di quest’ultima con il di lei compagno ed essendo invece irrilevante che detta situazione fosse o meno esistente ovvero conosciuta all’epoca del procedimento di divorzio.

La Corte d’Appello riteneva legittima causa di revisione degli accordi l’orientamento della stessa Corte di Cassazione secondi cui non era più considerata necessaria la prova della modifica in meglio delle condizioni economiche dell’avente diritto all’assegno di divorzio per effetto della convivenza, purché questa fosse caratterizzata da stabilità e continuità, così da rescindere ogni connessione con la precedente unione matrimoniale. Visto l’accoglimento del giudice di secondo grado, la ex moglie proponeva ricorso per Cassazione e tra i vari motivi lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 L. 898/1970 in quanto la di lei convivenza con un differente uomo era non solo già stata accertata precedentemente al deposito dell’istanza di modifica da parte dell’ex marito ma era già esistente nel corso del procedimento di divorzio.

La Suprema Corte di Cassazione accoglieva il ricorso della ex moglie in quanto fondato. Gli Ermellini infatti evidenziavano la sussistenza dell’orientamento ormai consolidato della Suprema Corte al quale intendevano dare continuità. La Sezione Sesta ribadiva pertanto che “il giudice richiesto della revisione dell’assegno divorzile che incida sulla stessa spettanza del relativo diritto, in ragione della sopravvenienza di giustificati motivi dopo la sentenza che abbia pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, deve verificare se tali motivi giustifichino o meno la negazione del diritto all’assegno a causa della sopraggiunta indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge beneficiario, desunta da una serie di indici tra i quali ben può essere ricompresa anche una stabile convivenza more uxorio […] Il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perché possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno”.

Secondo gli Ermellini, quindi, la Corte Territoriale, attribuendo rilevanza alla relazione sentimentale della signora che tuttavia già esisteva al momento del divorzio, non si era attenuta ai principi più volte ribaditi dalla stessa Corte di Cassazione e anzi aveva erroneamente applicato l’orientamento ormai consolidato.

In conclusione, la Corte rimetteva la causa al giudice di secondo grado evidenziando ancora una volta il principio secondo cui la revisione dell’assegno divorzile richiede come elemento necessario l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche delle parti rispetto alla situazione esistente al momento dell’emissione del provvedimento con il quale è stato disposto l’assegno di divorzio. In particolare, secondo gli Ermellini il giudice chiamato a decidere sull’istanza di revisione dell’assegno di divorzio non può effettuare una nuova valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa analisi delle condizioni economiche delle parti esistenti in sede di sentenza divorzile, ma deve limitarsi a verificare se  le circostanze sopravvenute abbiano alterato la precedente condizione così da richiedere l’adeguamento dell’importo ovvero dello stesso obbligo della contribuzione, alla nuova situazione economica.

Author Profile

Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.