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Anche se inabile al lavoro, l’ex può essere obbligato a mantenere moglie e figli.

(A cura dell’Avv. Angela Brancati)

Un padre affetto da una grave malattia che l’ha reso nel tempo inabile al lavoro può chiedere la revoca del mantenimento da versarsi a favore della moglie e del figlio?

La questione è stata portata all’attenzione del Tribunale di Ragusa che nell’ambito di un giudizio di separazione si è pronunciato sulle domande di contributo al mantenimento avanzate da parte della moglie, per se stessa e per il figlio con la sentenza 408/2023.

In particolare, con ricorso depositato dinanzi il Tribunale di Ragusa la moglie domandava di pronunciarsi la separazione personale tra le parti con addebito al marito, chiedendo di disporre un contributo al mantenimento per sé e per il figlio minore, godendo l’uomo di un’entrata fissa mensile pari ad €1.700,00 oltre ad ulteriori introiti che lo stesso avrebbe percepito in nero stante la propria attività lavorativa di muratore. La donna aggiungeva altresì di essere riuscita a mantenere il figlio minore esclusivamente per il tramite della propria anziana madre e del figlio maggiorenne e di vivere in un appartamento condotto in locazione, al contrario del marito il quale era rimasto a vivere all’interno dell’abitazione familiare di proprietà.

Costituitosi in giudizio il resistente avversava la richiesta di addebito della moglie nonché le di lei richieste economiche deducendo di essere affetto da un mieloma multiplo che gli impediva di svolgere un’attività lavorativa e che al contrario di quanto riferito dalla moglie, la stessa godeva di introiti da lavoro poiché occupata nel settore delle pulizie.

Con Ordinanza Presidenziale il Tribunale di Ragusa autorizzando i coniugi a vivere separati, disponendo che il padre provvedesse al mantenimento diretto del figlio maggiorenne ma non economicamente sufficiente e con sé convivente nonché al versamento mensile di un assegno a favore della moglie pari ad €150,00.

Conclusa l’istruttoria il Collegio confermava le statuizioni assunte nell’ambito dell’Ordinanza Presidenziale sulla scorta dei principi ina materia di contribuzione a carico del marito e del padre di figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap o non ancora autosufficienti economicamente.

In particolare, la giurisprudenza di merito conformemente all’interpretazione nomofilattica della Cassazione ha ritenuto che nel caso di specie dovesse riconoscersi un assegno di mantenimento a favore della moglie, presupponendo questo “la permanenza del vincolo coniugale e, conseguentemente, la correlazione dell’adeguatezza dei redditi con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” (Cass. Sez. I. Ord. 5605/2020). Infatti, sebbene la moglie in costanza di matrimonio avesse percepito dei redditi propri da lavoro aveva comunque scelto di dedicare gran parte delle proprie energie alla cura della famiglia considerato anche che il marito aveva fino ad allora provveduto in maggior misura al sostentamento del nucleo.

A ciò si aggiungeva anche la circostanza secondo la quale sebbene l’uomo non avesse più la possibilità di proseguire con la propria attività lavorativa a causa della malattia cui risultava affetto, lo stesso aveva nel tempo accumulato importanti risorse che decideva in parte di investire in titoli e in parte di accantonare per il proprio sostentamento. Il marito poi oltre a risiedere nell’abitazione familiare di esclusiva proprietà poteva godere di introiti fissi mensili atti a mantenere se stesso e il figlio maggiorenne ma non ancora autosufficiente e con sé convivente.

Stante la rilevata disparità reddituale pertanto il Tribunale obbligava l’uomo a versare direttamente al figlio un assegno mensile a titolo di contributo al mantenimento esonerando la madre dal versamento in ragione anche del canone di locazione che la stessa doveva sostenere periodicamente.

Anche nei confronti del figlio maggiorenne ma non ancora autosufficiente il Collegio pertanto riconosceva, nonostante l’inabilità al lavoro e la malattia del padre, il diritto a ricevere un assegno di mantenimento sulla scorta dell’assunto secondo il quale “la prole ha diritto a conservare un tenore di vita rispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’art. 147 c.c. che impone il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, ed obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione fin quando l’età dei figli lo richieda” (Cass. 1562/2020)

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.

Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.

Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.