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Il figlio trentenne fuori corso ha diritto al mantenimento, se il padre non ha pagato le tasse universitarie

(a cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

La cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che prenda in considerazione l’età, il conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, l’impegno rivolto alla ricerca di un’occupazione, nonché la complessiva condotta personale tenuta da parte dell’avente diritto, dal raggiungimento della maggiore età in poi. Detta valutazione non può tuttavia prescindere dall’accertamento che il genitore obbligato al mantenimento abbia assolto al proprio dovere: poiché tale adempimento costituisce la condizione imprescindibile per lo sviluppo personale e professionale del figlio, e l’obbligo del genitore separato o divorziato non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte di quest’ultimo. Al contrario, l’obbligo perdura finché il genitore interessato non dia prova o che il figlio ha conseguito l’indipendenza economica, oppure che è stato posto nelle concrete condizioni per farlo, senza averne però tratto utile profitto per propria colpa o propria scelta. 

Questi principi di diritto sono stati richiamati, e ancora una volta confermati, dalla Corte di Cassazione nella recentissima ordinanza n. 32727/2022 emessa in data 7 novembre 2022. 

La questione oggetto della pronuncia trae origine dal ricorso presentato da un padre avanti il Tribunale di Bari, con il quale l’uomo chiedeva la modifica delle condizioni di divorzio, e nello specifico la revoca degli assegni di mantenimento e di ogni altro onere economico gravante sullo stesso a favore dei due figli maggiorenni. La richiesta veniva giustificata adducendo il fatto che la figlia maggiore avesse contratto matrimonio l’anno precedente, e che il figlio secondogenito non avesse portato a termine gli studi universitari, nonostante l’età adulta ormai raggiunta. Costituendosi nel procedimento, la figlia concordava con la richiesta del padre per quanto concerneva la propria situazione, mentre il figlio si opponeva alla richiesta affermando di non aver potuto portare a compimento il percorso universitario a causa del mancato pagamento delle relative tasse da parte del padre stesso. Il Tribunale di Bari, nonostante le argomentazioni del ragazzo, emette un provvedimento con il quale accoglie le domande del ricorrente e revoca ogni onere economico nei confronti di entrambi i figli.

Il ragazzo e la madre non si danno per vinti e ricorrono in appello, ma vedono rigettato il proprio reclamo da parte della Corte d’Appello di Bari: il giudice di secondo grado ritiene infatti non provata l’assoluta impossibilità economica della madre ad anticipare il pagamento delle spese universitarie, e considerando in aggiunta che la sorella maggiore è riuscita (nonostante l’inadempimento del padre) a terminare gli studi universitari, ritiene infondata la richiesta del figlio. Per i Giudici, dunque, il giovane non ha diritto di percepire un contributo al proprio mantenimento a causa dell’età avanzata e del fatto che lo stesso non ha tentato di raggiungere una propria autonomia economica. 

La vicenda non si ferma però qui, perché avverso la pronuncia della Corte d’Appello madre e figlio ricorrono in Cassazione, e gli Ermellini accolgono il ricorso ribadendo i principi di diritto menzionati all’inizio del nostro commento. E in particolare evidenziando che, come abbiamo detto, l’obbligo dei genitori al mantenimento non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età della prole.

Secondo gli Ermellini, dunque, la Corte d’Appello di Bari era incorsa in una violazione di legge, in quanto di fronte alla deduzione della madre e del figlio circa il comportamento inadempiente del padre (che aveva reso impossibile al figlio sostenere gli esami a causa del mancato pagamento delle tasse universitarie) aveva ritenuto che spettasse al giovane provare che fosse impossibile per lui e per la madre pagare autonomamente gli studi in sostituzione del padre.

Per tali motivi, cassando la sentenza impugnata e ribadendo il diritto del figlio a ricevere un contributo al mantenimento, la Cassazione ha rimesso la causa alla Corte d’Appello di Bari, affinché provveda ad emettere una nuova sentenza applicando i principi illustrati. 

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.