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La mancata o tardiva esibizione dei documenti reddituali non esclude il diritto all’assegno divorzile

La Corte di Cassazione è tornata con una recente ordinanza (11 novembre 2022 n. 33381/22) a occuparsi dell’assegno divorzile  e dei presupposti che legittimano il soggetto richiedente a vederselo riconosciuto. 

Il procedimento, in particolare, trae origine dal ricorso depositato dal marito che dinanzi al Tribunale di Cagliari chiedeva di pronunciarsi sullo scioglimento del matrimonio, e chiedeva altresì che – previo riconoscimento dell’autonomia patrimoniale goduta tanto dalla moglie quanto dai figli – nulla venisse disposto in ordine al dovere di contribuzione a favore degli altri membri della famiglia. 

La moglie, pur aderendo alla richiesta di scioglimento del matrimonio avanzata dal marito, chiedeva il riconoscimento per sé di un assegno divorzile alla luce della precarietà della propria occupazione, della insufficienza delle somme percepite e infine della difficoltà nella gestione del figlio tossicodipendente e non ancora autosufficiente. 

Il Tribunale di Cagliari, conclusa l’istruttoria e pronunciando lo scioglimento del matrimonio, rigettava la domanda di assegno divorzile, eccependo la presentazione tardiva della documentazione relativa alle denunce dei redditi della richiedente, dimostranti la mancanza di risorse. I giudici, in particolare, basavano la pronuncia di rigetto sulla base della situazione lavorativa addotta dalla richiedente, che le avrebbe assicurato un’autonomia economica tale da escludere la mancanza di mezzi propri, adeguati al riconoscimento dell’assegno divorzile. 

La ex moglie impugnava però il pronunciamento dinanzi alla Corte d’Appello di Cagliari, per “erronea, contraddittoria ed illogica motivazione della sentenza impugnata, in ordine alla configurabilità del presupposto per la concessione dell’assegno divorzile di cui alla L. n. 898/1970”. Nello specifico la ricorrente lamentava la presenza di un vizio nel ragionamento con cui il giudice di prime cure escludeva la sussistenza del diritto all’assegno: il Collegio aveva omesso sia di effettuare una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambi i coniugi, sia di valutare positivamente il contributo che la signora aveva dato alla famiglia nel corso della vita matrimoniale, atto alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi. La Corte d’Appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza impugnata, riconosceva alla ricorrente il diritto a percepire un assegno divorzile, quantificato in euro 200. 

Questa volta a ricorrere in Cassazione contro la sentenza era l’ex marito, il quale lamentava che il Giudice di seconde cure avesse ammesso il riconoscimento dell’assegno senza tuttavia aver accertato compiutamente il contributo offerto dalla moglie nel corso della vita matrimoniale. Sempre in base al ricorso dell’uomo, non vi era infatti alcuna prova a fondamento della pretesa da parte della donna. 

La Corte di legittimità riteneva però inammissibile la censura, che non coglieva “la ratio decidendi posta a base dell’attribuzione dell’assegno divorzile, fondata sull’accertamento della disparità economico patrimoniale tra le parti, ed il difetto di autosufficienza economica derivante dal complessivo esame dei fatti acquisiti e non sui documenti di cui è stata dedotta la tardiva produzione”. Gli Ermellini, infatti, consideravano la pronuncia da parte della Corte d’Appello di Cagliari rispondente ai principi di diritto, ritenendo che la mancata o tardiva produzione delle dichiarazioni dei redditi (come nel caso in questione) non fosse di per sé idonea a far respingere la richiesta di assegno. 

La Corte, secondo i giudici di legittimità, aveva fondato il proprio convincimento sulla base di una serie di elementi da cui desumere la disparità reddituale, nonché sulla mancanza in capo alla moglie dei mezzi adeguati e della incapacità da parte della stessa di procurarseli. Il Giudice di seconde cure aveva, quindi, sia valutato in modo corretto la componente assistenziale dell’assegno (stante la presenza di un quadro probatorio su cui fondarsi il difetto di autosufficienza economica) sia accertato compiutamente, in ordine alla componente perequativo-compensativa, come la moglie avesse dedicato gran parte della propria vita matrimoniale alla conduzione della vita familiare, e non fosse più in età lavorativa avendo raggiunto i 62 anni. 

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.

Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.

Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.

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