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Il collocamento paritetico dei figli esclude automaticamente la possibilità di un’assegnazione della casa familiare?

(A cura dell’Avv. Maria Zaccara)

Punto nevralgico di ogni trattativa per la regolamentazione della fine di un matrimonio o di un’unione civile è la decisione sulla sorte della casa familiare che, per legge, viene assegnata al genitore prevalentemente collocatario dei figli.

Ma se invece i genitori si accordano per un collocamento alternato, vale a dire, per una divisione dei tempi dei figli presso di loro, praticamente uguale, che succede della casa familiare? Resta nella libera disponibilità del proprietario? Se ai fini anagrafici comunque si individua un genitore determinato, l’assegnazione segue la residenza anagrafica dei minori? 

Con la recente ordinanza n. 5738/2023 la Cassazione ha chiarito che  se il minore è cresciuto nella casa familiare, non è giusto che perda in automatico il diritto a crescere in tale abitazione e in caso di mutamento del collocamento da prevalente a paritetico, occorre una valutazione autonoma del migliore interesse per lui anche in relazione a tale abitazione.

La valutazione che il giudice di merito deve svolgere non può limitarsi alla buona relazione del minore con entrambi i genitori ma deve avere ad oggetto una giustificazione puntuale, riconducibile esclusivamente alla realizzazione di un maggiore benessere del minore.

Questo è il principio sancito dalla recente Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 5738, pubblicata in data 24 febbraio 2023.

Il caso trae origine dalla pronuncia della Corte d’Appello di Venezia che, decidendo sul reclamo proposto dalla madre della minore, aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva stabilito l’affido condiviso, il diritto di visita paritetico ad entrambi i genitori, la revoca dell’assegnazione della casa familiare alla madre, la revoca del contributo al mantenimento per la minore a carico del padre e la fissazione della residenza formale della minore presso la casa familiare.

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per Cassazione la madre della minore.  

Con il primo motivo la madre lamentava che la Corte d’Appello aveva ritenuto corrispondente al preminente interesse della minore il regime di collocamento paritetico o più esattamente di affido condiviso con diritto di visita paritetico senza considerare l’esigenza della minore della conservazione del proprio habitat presso la  casa familiare, la cui assegnazione era stata revocata senza una determinazione successiva e senza tenere conto che la minore, ancora in tenera età (prescolare al tempo del giudizio di appello) era cresciuta con la madre presso l’abitazione familiare.

Gli Ermellini ritengono tale motivo fondato.

Nelle motivazioni, infatti, viene evidenziato che il giudice del conflitto familiare, quando vi sono figli minori, deve stabilire la modalità dell’affido, la collocazione del minore e l’assegnazione della casa familiare. Quest’ultimo provvedimento s’impone ogni qual volta vi sia stato un radicamento del minore presso un habitat preciso all’interno del quale lo stesso è cresciuto, e, come nel caso di specie, ha condotto i primi e decisivi anni della sua vita, prima con entrambi i genitori e, successivamente, unitamente al genitore collocatario.

La scelta di far conseguire all’affido condiviso una frequentazionesostanzialmente paritetica del minore con i genitori non esclude, di conseguenza a quale dei due verrà assegnata la casa familiare e, nell’ipotesi in cui si intenda procedere ad una revoca e conseguente mutamento dell’assegnazione, è necessario indicarne le ragioni in funzione dell’esclusivo interesse del minore. 

Il provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare non può costituire, come nel caso di specie, un effetto automatico dell’esercizio paritetico del diritto di visita o del cd. “collocamento paritetico”. La valutazione che il giudice di merito deve svolgere non può limitarsi alla buona relazione del minore con entrambi i genitori ma deve avere ad oggetto una giustificazione puntuale, riconducibile esclusivamente alla realizzazione di un maggiore benessere del minore da ricondursi al mutamento del regime giuridico dell’assegnazione della casa familiare.

In questo quadro l’assegnazione della casa familiare ha, come affermato costantemente ed univocamente dalla giurisprudenza di legittimità (Cass.33610 del 2021) l’esclusiva funzione di non modificare l’habitat domestico e il contesto relazionale e sociale all’interno del quale il minore ha vissuto prima dell’inasprirsi del conflitto familiare. 

Nel caso in esame la Corte d’Appello di Venezia non ha applicato correttamente i suddetti principi limitando la propria statuizione alla revoca dell’assegnazione della casa familiare senza provvedere nuovamente all’assegnazione, in esclusiva funzione dell’interesse del minore.

Alla luce delle suddette motivazioni la Suprema Corte ha cassato il provvedimento impugnato rinviando alla Corte d’ Appello di Venezia in diversa composizione.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.