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Famiglie allargate

Famiglie allargate: la nascita di un nuovo figlio è causa di riduzione degli obblighi di mantenimento nei confronti dei figli di primo letto?

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

Una delle domande che più frequentemente mi state ponendo riguarda gli effetti che il secondo matrimonio può avere in relazioni alle precedenti obbligazioni di mantenimento assunte dallo “sposo” nei confronti dei figli di primo letto.

In effetti, l’aumentata frequenza di tale domanda altro non è che la conferma di quanto emerso dall’ultime ricerche ISTAT.

Secondo gli ultimi dati disponibili – 21 febbraio 2022 – l’aumento dell’instabilità coniugale e l’introduzione nel 2015 del “divorzio breve”, hanno, infatti, determinato negli ultimi cinque anni l’aumento delle seconde nozze e delle famiglie composte da almeno una persona che abbia vissuto una precedente esperienza matrimoniale.

Nel 2020 la quota di matrimoni con almeno uno sposo alle seconde nozze (o successive) è balzata al 28,0% (dal 20,6% del 2019) e la tipologia più frequente tra i matrimoni successivi al primo è quella in cui lo sposo è divorziato e la sposa è nubile (sono 8.528, l’8,8% dei matrimoni celebrati nel 2020).

Se poi si tiene conto che la maggior parte degli sposi divorziati è già padre, si può comprendere come il fenomeno delle famiglie allargate “occupi e preoccupi” sempre più mamme e bambini.

Il primo aspetto da mettere in chiaro è che la scelta di formare una seconda famiglia non è più degradata, a causa del precedente divorzio, a semplice scelta individuale non necessaria. Superati, per fortuna, i ragionamenti per i quali la Cassazione era arrivata a decretare gli inaccettabili principi secondo i quali “..la  formazione di una nuova famiglia non legittima di per sé una diminuzione del contributo per il mantenimento dei figli nati in precedenza, in quanto costituisce espressione di una scelta e non di una necessità e lascia inalterata la consistenza degli obblighi nei confronti della prole.” (Cass. n.15065/2000) e ancora “la formazione di un nuovo nucleo familiare con gli oneri che ne derivano è escluso che possa determinare un allentamento dei doveri genitoriali nei confronti dei figli nati in precedenza”. (Cass. 1595/2008).

Anche recentemente, con l’ordinanza n. 21818/2021, la Suprema Corte ha ribadito che la libertà di formare una nuova famiglia dopo la separazione o il divorzio costituisce espressione di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione e dall’ordinamento sovranazionale della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo del 1950 (art. 12), e come tale è riconosciuto anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 9).

Questo però non vuole in alcun modo dire che la formazione di un nuovo nucleo familiare abbia l’automatico effetto di determinare una riduzione degli oneri di mantenimento dei figli nati precedentemente.

La nascita di un nuovo figlio è da considerarsi fatto nuovo sopravvenuto e come tale che, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 156 c.c potrà legittimare la richiesta della riduzione del mantenimento dei figli del primo matrimonio  ma non opera come automatismo. L’obbligato, infatti, non solo non può in via autonoma sospendere o ridurre il mantenimento da sempre versato ai figli di primo letto ma dovrà depositare istanza di riduzione non solo adducendo di dover mantenere una nuova famiglia ma dovrà provare di aver subito un effettivo depauperamento delle sue sostanze.

Vero che la formazione di una nuova famiglia e la nascita di figli dal nuovo partner determinano la nascita di nuovi obblighi di carattere economico ma tali circostanze sopravvenute potranno portare alla modifica delle condizioni stabilite nella separazione o nel divorzio, ovvero nel provvedimento del giudice di merito al mantenimento dei figli nati da un’unione di fatto, solo se la misura del mantenimento a favore dei membri della prima famiglia produca una situazione deteriore nei confronti della seconda famiglia.

Per ottenere la riduzione l’obbligato dovrà dimostrare la “concreta diminuzione delle sostanze o della propria capacità di reddito”.

Il giudice, pertanto, ove a sostegno di una richiesta di diminuzione siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato il giudice deve verificare se si determini un effettivo depauperamento delle sue sostanze in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti ovvero se la complessiva situazione patrimoniale dell’obbligato – tenuta anche conto la situazione patrimoniale della nuova moglie/compagna – sia di tale consistenza da rendere irrilevanti i nuovi oneri.

In quest’ultimo caso la richiesta di riduzione verrà respinta e in caso di aumentate esigenze del/dei minori di primo letto, potrebbe anche essere aumentato l’importo a loro destinato

D’altra parte il legislatore è chiaro: tutti i provvedimenti emessi in materia di famiglia, anche quelli relativi al mantenimento dei figli, e anche quando la sentenza che li contiene è “passata in giudicato” diventando definitiva, posso sempre essere modificati se sussistano le condizioni che seguono:

•        se sono cambiate le condizioni economiche di uno dei due genitori. Ad esempio un genitore che perde il lavoro o che, per altri motivi, è costretto a non lavorare più.

•        se sono cambiate le esigenze del figlio. Con il crescere dell’età crescono anche le spese, e se un figlio che decide di frequentare l’università fuori sede, oltre all’acquisto dei libri e alla retta, deve pagare anche le spese dell’alloggio.

•        se sono occorsi eventi sopravvenuto e imprevedibili rispetto alla sentenza che ha definito il mantenimento e che il giudice non ha potuto considerare.

Naturalmente il giudice valuterà quanto possano incidere i fatti sopravvenuti sulla necessità di modificare l’ammontare dell’assegno senza rivalutare i presupposti della sua entità sulla base di una diversa valutazione delle condizioni che avevano portato il giudice precedente a quantificare il contributo al mantenimento dei figli.

Il giudizio di revisione del mantenimento, infatti, ha come oggetto esclusivo la valutazione dei fatti sopravvenuti e non precedenti che non possono essere soggetti a un altro giudizio.

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