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I MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA COMMESSI CON L’IMPOSIZIONE DEL RISPARMIO ECONOMICO

(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)

Recentemente la Cassazione si è espressa su un caso di maltrattamenti in famiglia, realizzato con condotte rivolte ad imporre al coniuge uno stile di vita basato sull’eccessivo risparmio (Cass., sent. n. 6937/23).

Un uomo veniva condannato alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione per maltrattamenti in famiglia e lesioni, commessi nel 2015 e 2016 in danno della moglie convivente (nonché nel periodo di separazione di fatto). La Corte d’Appello confermava tale condanna e l’imputato presentava ricorso per cassazione.

La Suprema Corte ha rigettato tale impugnazione, ritenendo i motivi infondati. Gli Ermellini hanno, innanzitutto, attribuito una notevole importanza alle dichiarazioni della parte offesa, in quanto attendibili e prive di contraddittorietà. Tali dichiarazioni sono oltretutto riscontrate da vari certificati medici attestanti le lesioni riportate dalla donna, nonché dalle testimonianze di amici, conoscenti e  del padre della stessa.

Tutte le prove raccolte confermavano l’esistenza di un clima di sopraffazione e di vari comportamenti vessatori: il marito aveva imposto alla moglie un “regime di risparmio domestico”, che – sebbene tollerato all’inizio della convivenza – era poi divenuto insopportabile.

I testimoni hanno riferito di un clima di “ossessivo controllo ed isolamento” imposto alla donna fin dall’inizio della convivenza e progressivamente aggravatosi dopo il matrimonio: hanno parlato di angherie, soprusi, violenze; la donna provava “terrore” per le continue telefonate di controllo del marito.

I testimoni non solo ricevevano le confidenze dalla persona offesa, ma erano presenti quando la donna continuava a ricevere telefonate dal marito, nonché quando provava paura.

Un teste molto rilevante è stato il padre della persona offesa, che si era reso conto del “sistema di risparmio domestico” imposto dall’imputato alla figlia, che spesso presentava lividi sulle braccia.

Egli aveva sentito spesso epiteti ingiuriosi attraverso il telefono messo in vivavoce; aveva ascoltato gli sfoghi della figlia su episodi nei quali il marito le aveva procurato delle lesioni. Ad esempio l’aveva fatta cadere per terra mentre usciva dalla doccia; le aveva fatto lo sgambetto, facendola cadere a terra; un’altra volta aveva spinto violentemente la porta blindata contro il piede della donna per opporsi al suo ingresso in casa.


Per la Cassazione non vi possono essere dubbi sulla volontarietà delle lesioni cagionate, riconducibili – per le modalità esecutive – ad una vera e propria aggressione e non certamente frutto del caso o di movimenti bruschi.

Inoltre, ritiene sussistente il reato di maltrattamenti in famiglia. La Suprema Corte ricorda come il rapporto matrimoniale impegni ciascuno dei coniugi ad un progetto di vita che riguarda anche le spese ed il risparmio (in particolare l’art. 143 c.c. stabilisce che i coniugi contribuiscano ai bisogni della famiglia). Precisa anche che con il matrimonio i coniugi scelgono uno stile di vita che può essere improntato ad un risparmio rigoroso (magari non strettamente necessario).

Il tema che viene in rilievo non è “il risparmio domestico”, ma la condivisione o imposizione dello stesso: in buona sostanza, ciò che conta è che tale stile di vita venga scelto e non ordinato.

E la persona offesa nel caso analizzato dalla Cassazione ha riferito delle vere e proprie modalità di imposizione e coartazione del risparmio domestico, accompagnate da un controllo assillante, persino sulle quotidiane esigenze di vita in casa e per l’accudimento personale, con conseguente ansia e frustrazione.

Le sentenze di primo e secondo grado elencano tali modalità di risparmio domestico (oltretutto in mancanza di necessità impellenti, poiché entrambi i coniugi avevano un lavoro e uno stipendio) attraverso le quali l’imputato intendeva sottomettere la persona offesa: la scelta dei negozi in cui fare la spesa, le caratteristiche dei prodotti da acquistare, il costante controllo che aveva portato la donna a buttare via gli scontrini, a nascondere gli acquisti, a lasciare la spesa a casa dei genitori, a chiedere alle amiche di dire che le avevano regalato qualcosa, che invece aveva acquistato.

L’imputato imponeva restrizioni anche nella vita domestica più intima e personale (tra cui la cura per la persona e la gestione del rapporto con la figlia): poteva utilizzare solo due strappi di carta igienica; doveva  riutilizzare l’acqua usata per lavarsi il viso, poteva fare la doccia solo una volta settimana; poteva  usare soltanto una posata e un piatto a pasto.

Egli utilizzava costantemente espressioni ingiuriose ed offensive, anche perché non prestava attenzione alle spese effettuate: “sprecona”, “tu non sei nessuna, tu sei un’insicura, il tuo lavoro lo sanno fare tutti”, “taci, le donne che partoriscono perdono la testa, è un dato di fatto, lo dicono le statistiche e lo dice la storia dei popoli”.

Quando la persona offesa aveva buttato via un tovagliolino di carta, l’imputato l’aveva portata davanti all’immondizia, aveva preso il tovagliolo e, stringendola, le aveva detto: “questo vedi si può utilizzare ancora … questo si può tagliare addirittura in 10 pezzi”, aggiungendo ingiurie. L’aveva costretta a mangiare gli avanzi di pappa della bambina, dicendo che avrebbe dovuto inginocchiarsi.

Secondo la Suprema Corte la persona offesa, dunque, è stata sottoposta ad un risalente e ingravescente sistema di vita, contraddistinto da denigrazione, mortificazione, ingiurie, isolamento sociale e risparmio domestico esagerato.

Nessun dubbio, pertanto, sulla sussistenza dei maltrattamenti, soprattutto sotto il profilo dell’abitualità della condotta realizzata sia con parole – che hanno certamente offeso il decoro della persona – sia con comportamenti aggressivi, violenti e proibizioni capaci di produrre sensazioni dolorose, ancorché tali da non lasciare traccia visibile.

Con la sentenza esaminata la Corte di Cassazione ha analizzato un aspetto particolare della cd violenza economica che, come ricordato recentemente da Claudia Segre, presidente di Global Thinking Foundation colpisce circa il 25% delle donne. Secondo i dati raccolti dallo sportello Donne al quadrato – inseritinel Manuale di prevenzione della violenza economica per difendere il diritto all’indipendenza e all’uguaglianza di genere – nel 2022 il 33% delle segnalazioni ha riguardato temi finanziari, il 28% questioni economico-familiari, il 18% problemi legali e frodi, il 18% orientamento al lavoro e mobbing e il restante 3% questioni fiscali e societarie.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Avv. Stefania Crespi

Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.