Addebito della separazione, siti porno e di incontri
(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)
Secondo Pornhub, il termine più cercato in assoluto è “Porn for Women” ma nonostante sia in aumento il numero di donne che ne fanno uso, questo utilizzo è ancora considerato un vizio del mondo maschile e mette in crisi moltissimi matrimoni.
Se per il 43% delle giovani donne italiane anche il semplice atto di seguire il profilo dell’ex su Facebook o su Instagram è considerato un atto di tradimento, per non parlare dei messaggi sessualmente espliciti trovati nei telefonini dei loro uomini, anche l’accesso a siti pornografici può integrare una causa di addebito della separazione?
E’ un dato di fatto che l’industria della pornografia sia cresciuta a dismisura negli ultimi vent’anni grazie ad internet. Il numero di utenti che accedono a contenuti sessualmente espliciti in rete cresce di anno in anno: il sito pornhub.com ha dichiarato che “nel 2019 ci sono state oltre 42 miliardi di visite su Pornhub, il che implica una media di 115 milioni di visite al giorno” (Pornhub.com, 2019).
Ecco allora che non può stupirci se nei Tribunali capita di dover “gestire” materiale pornografico trovato per caso nei computer dei mariti da mogli intente a cercare ben altro, ovvero di doversi pronunciarsi sulla fondatezza o meno di domande di addebito nei confronti di mariti accusati di essere dipendenti da materiale pornografico.
Per costante giurisprudenza ogni comportamento che rechi offesa e violi la dignità dell’altro coniuge finendo per essere causa irrimediabile del venire meno della necessaria fiducia reciproca e della necessaria esigenza di esclusività reciproca, può integrare violazione dei doveri matrimoniali e quindi causa di addebito della separazione.
Ma come vanno considerate le foto porno? Che valenza hanno e, in particolare, cosa dimostrano? Siamo sicuri che integrano una forma di tradimento. Vero che la giurisprudenza ammette la possibilità di separazione con addebito non solo quando vi è un’unione carnale tra il coniuge e l’amante, ma anche quando sussiste un semplice rapporto platonico, uno scambio di email, messaggini dal tono però inequivoco, tale cioè da far ritenere un coinvolgimento emotivo (sia esso fisico o sentimentale). Al contrario, la semplice foto porno non rivela alcun contatto con una persona (sempre che – si intende – questo materiale non sia stato inviato proprio dalla diretta interessata nell’ambito di una relazione virtuale). Dunque il materiale pornografico non può considerarsi causa di separazione per infedeltà.
Ma se non è violazione del dovere di fedeltà certamente può integrare violazione del dovere di assistenza morale e materiale se il comportamento è tale da comportare l’assenza di rapporti intimi con l’altro coniuge, finendo per essere fonte di umiliazione e offesa alla di lei dignità.
Questo può accadere perchè, come ci spiega il Dott. Giuseppe Iannone nel suo articolo “Coppia e pornografia” , la pornografia può creare dipendenza: la persona avverte il bisogno incontrollabile di utilizzare materiale pornografico anche quotidianamente e l’utilizzo finisce per modificare il proprio umore e creare sentimenti di appagamento che non di rado lasciano strascichi di vuoto.
La persona dipendente da porno manifesta un bisogno di continuare a usare materiale pornografico per raggiungere le suddette sensazioni. Ma con il tempo la persona deve aumentare esponenzialmente sia la quantità di tempo trascorso a guardare porno sia i contenuti, che devono essere sempre più eccitanti. La persona sperimenta anche vere e proprie crisi di astinenza, caratterizzate da ansia e/o irritazione se non può guardare materiale pornografico e manifesta perdita di interesse o indifferenza nei confronti del sesso con il proprio partner perché ritenuto non particolarmente eccitante.
Richiamando tali comportamenti, il Tribunale di Foggia nel 2017 pronunciava l’addebito della separazione nei confronti di un marito accusato dalla moglie di trascurarla a causa di una dipendenza da video pornografici, scaricati quotidianamente in grande quantità, come dimostrato dalla donna attraverso una ingente produzione nel fascicolo di causa.
Ma siamo sicuri che sia lecita la produzione in giudizio di immagini a contenuto erotico scaricate e conservate da un coniuge sul proprio computer, rivenute per caso dall’altro coniuge e utilizzate in una causa di separazione a sostegno della propria domanda ?
La questione veniva affrontata per la prima volta nel 2017 in una famosa sentenza del Tribunale di Larino, la n. 398/2017. Partendo dall’assunto che le foto hard sul pc rivelano la vita e le abitudini sessuali di una persona coinvolgendone la sfera personalissima, i Giudici di Larino ritenevano che tali materiali fossero stati prodotti illecitamente dalla donna.
Richiamando il codice sulla Privacy che attribuisce a determinate informazioni una tutela massima, i Giudici ritenevano che tali materiali avrebbero potuto essere oggetto di produzione solo con il consenso dell’interessato stesso anche tenuto conto che il computer non era di uso comune ma solo del marito. Per tale motivo, respingevano la domanda di addebito della separazione al marito “guardone” con somma soddisfazione del di lui avvocato.
Dal 2017 ad oggi, però, le cose sono cambiate: non solo è possibile produrre tale materiale contenuto nel computer o telefono del consorte ma anche sono producibili i messaggi privati del coniuge su un sito di incontri.
Con la sentenza 7 settembre 2021 della CEDU (Ric-27516/2014), infatti, sono stati ristabiliti i limiti alla possibilità di utilizzo di determinati documenti cercando il giusto equilibrio tra diritto di difesa e tutela della privacy e la produzione in giudizio da parte della donna della corrispondenza privata del marito è stata ritenuta lecita perché pertinente rispetto alla domanda di addebito e continente, perché la divulgazione era limitata a quelle strettamente necessarie alla causa e contenute in un file con accesso ad un pubblico limitato.
Ecco allora che con la caratteristica della pertinenza e continenza possono essere prodotti in causa documenti attinenti alla vita privata altrui, se necessari ad esercitare il diritto di difesa.
È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).