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Anche i redditi non dichiarati influiscono nella determinazione dell’assegno di mantenimento

(a cura dell’Avv. Maria Zaccara)

Con la sentenza n. 2896/22 (pubblicata il 24 novembre 2022) il Tribunale di Foggia ha confermato che, ai fini della determinazione del contributo al mantenimento, le sole dichiarazioni dei redditi degli ex coniugi, lavoratori autonomi, non vincolano il Giudice nella decisione, e che questi può basarsi anche su altre risultanze.

In particolare, nella vicenda oggetto della sentenza, è stata esaminata la domanda – presentata da una libera professionista – per ricevere un contributo al mantenimento proprio e dei figli. Nel deliberare in merito, il collegio ha richiamato il recente orientamento della Cassazione secondo cui nella determinazione di tale assegno assumono rilievo anche i redditi che sono stati occultati al fisco. Gli Ermellini hanno chiarito che – sia in relazione al contributo per il coniuge economicamente più debole, sia a quello per i figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti – occorre accertare il tenore di vita mantenuto dalla famiglia in corso di convivenza, a prescindere dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali godute, poiché a tal fine assumono rilievo anche i redditi occultati e presumibilmente evasi.  Stessa rilevanza per le quote societarie, che vanno incluse nel computo dei redditi, tenuto conto che l’accertamento del giudice mira a quantificare le somme effettivamente in disponibilità delle parti. (Cass. 24.02.2022, n. 6103, Ordinanza del 19.07.2022, n. 22616).

Le suddette considerazioni portano a ritenere, pertanto, che le dichiarazioni dei redditi hanno valore solo indiziario nella determinazione dell’assegno di mantenimento, perché qualora il coniuge obbligato sia lavoratore autonomo queste non assumono in alcun modo rilievo probatorio: tali dichiarazioni hanno una funzione tipicamente fiscale e, nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario, non sono vincolanti per il Giudice, che nella sua valutazione discrezionale può fondare il proprio convincimento su altre presunzioni e risultanze probatorie (Cass. 15/01/2018, n. 769; Corte Appello Torino 24.01.2022, n. 70).

Inoltre, sempre in merito alla domanda di un contributo al mantenimento, se da un lato occorre valutare tutto quanto evidenziato, dall’altro occorre considerare la concreta possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita da parte del richiedente. E ciò perché l’attitudine al lavoro, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento decisivo ai fini della quantificazione dell’eventuale assegno.

Nel caso di specie il collegio ha osservato che l’esame della documentazione allegata, e le risultanze delle disposte indagini di polizia tributaria, avevano consentito di appurare che entrambi i coniugi svolgevano attività imprenditoriale nella provincia di Brescia e Milano. I proventi di tali attività, però, non erano emersi né dalla documentazione depositata agli atti né dall’esito delle indagini tributarie. Pertanto, i Giudici hanno ritenuto verosimile che entrambi i coniugi avessero evaso il fisco, che le dichiarazioni fiscali depositate fossero inverosimili e non sufficienti per poter valutare la legittimità e l’importo del contributo e che, quindi, fosse necessario considerare ulteriori elementi. 

A fronte di tali ragionamenti, il Collegio ha rigettato la domanda di richiesta di assegno depositata dalla moglie, essendo emersa la sua piena capacità lavorativa ed autosufficienza economica, come dimostrato dagli acquisti e dai pagamenti che la stessa aveva effettuato, dai quali si poteva desumere un tenore di vita medio-alto. In merito al mantenimento per i figli minori, invece, la Corte ha posto a carico del padre l’obbligo di versare a titolo di contributo la somma di euro 750 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie. Tale importo è stato determinato presupponendo che entrambi i genitori potessero contribuire al mantenimento in misura paritaria.

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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.