L’ascolto del minore e l’incidenza delle sue dichiarazioni nella decisione del giudice
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
Il Codice Civile, oggi agli articoli 473 bis, 4, cc e 473 bis, 5, cc, disciplina il diritto del minore di essere ascoltato in tutte le questioni e procedure che lo riguardano e le modalità con cui tale ascolto deve avvenire applicando quindi, al nostro ordinamento quanto previsto dalla Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori. La Convenzione del 25 gennaio 1996 infatti, sancisce che nei procedimenti che riguardano un minore l’autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione deve, quando il diritto interno ritiene che il minore abbia una capacità di discernimento sufficiente, permettere al medesimo di esprimere la propria opinione.
Ci si chiede però fino a che punto l’opinione del minore possa incidere sulla decisione del Giudice.
È proprio su questo tema che si è espressa recentemente la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 16231/2023 emessa in data 8 giugno 2023.
La vicenda oggetto di discussione avanti la Suprema Corte di Cassazione trae origine da un provvedimento emesso dal Tribunale di Treviso il quale, al termine di un procedimento per la modifica delle condizioni di divorzio nel corso del quale si era svolta anche una Consulenza Tecnica, disponeva l’affido congiunto della figlia minore della coppia, il di lei collocamento prevalente presso la madre ed il conseguente calendario di visita con il padre.
Letto il provvedimento il padre proponeva reclamo avanti la Corte d’Appello di Venezia.
Nel corso del procedimento di secondo grado i Giudici sentivano direttamente la minore la quale esprimeva la propria volontà a rimanere maggiormente con il padre.
La Corte d’Appello però riteneva che al desiderio della minore si dovesse dar seguito soltanto parzialmente per rispondere in modo ponderato agli interessi della ragazza stessa soprattutto al fine di evitare il di lei coinvolgimento nel conflitto genitoriale, garantendo nel contempo la sostanziale bigenitorialità.
A parziale modifica quindi, del calendario di visita stabilito dal Tribunale veniva aggiunta una giornata in più a settimana che la figlia avrebbe trascorso con il padre.
L’uomo, ancora una volta, non soddisfatto del provvedimento ricorreva in Cassazione lamentando che la motivazione della Corte d’Appello circa la decisione di dar seguito soltanto parzialmente al desiderio della minore era insanabilmente contraddittoria in quanto da una parte affermava di voler disporre una maggior frequentazione del padre rispetto alla madre e dall’altra stabiliva un calendario che al contrario rimaneva sbilanciato a favore della madre. Il padre inoltre, riteneva che la motivazione addotta dal giudice di secondo grado dimostrava che non era stata compiuta quella rigorosa e pertinente verifica della contrarietà all’interesse del minore che la giurisprudenza impone al Giudice qualora quest’ultimo decida di discostarsi dalle dichiarazioni del minore in merito alle modalità di affido e collocamento.
La Corte di Cassazione, nonostante le argomentazioni formulate dal ricorrente, dichiarava il ricorso infondato.
Gli Ermellini infatti, evidenziavano come le norme relative al diritto all’ascolto del minore, soprattutto con la Riforma Cartabia, chiariscono che il giudicante è tenuto ad ascoltare il minore qualora abbia una capacità di discernimento sufficiente a prendere una decisione nel suo interesse superiore, ma non a seguire pedissequamente il suo volere, che deve essere, invece, tenuto in debito conto ossia considerato e ponderato con tutta l’attenzione che merita. In atre parole, spiega la Corte di Cassazione, tenere in debito conto è differente dal recepire, rimanendo affidata al giudice e non al minore l’individuazione del superiore interesse di quest’ultimo.
Nel caso oggetto di esame della Corte, il giudice di secondo grado aveva ritenuto di non assecondare totalmente il desiderio espresso dalla minore vista la valutazione della CTU, svolta nel corso del primo grado del giudizio, la quale aveva accertato che tra i genitori persisteva un evidente conflitto che rischiava di coinvolgere la minore tanto che le affermazioni espresse dalla ragazza non erano genuine in quanto influenzate dal padre e dalla sua mancata elaborazione della separazione. La Consulenza Tecnica inoltre, affermava che dalle dichiarazioni della ragazza era emerso il suo reale concreto interesse individuato nel raggiungimento di una posizione di terzietà rispetto al conflitto che divideva i genitori cercando di perseguirlo tramite un regime di frequentazione paritario.
Alla luce quindi del reale interesse della minore la Corte di Cassazione affermava che i giudici di secondo grado avevano operato correttamente in applicazione dei principi normativi e della giurisprudenza di riferimento e pertanto rigettava il reclamo paterno.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.