Durante i mesi di scuola la minore sta dal padre in Italia e d’estate all’estero dalla madre: come si determina il mantenimento?
(A cura dell’Avv. Angela Brancati)
Il caso che oggi ci accingiamo ad analizzare è frutto della pronuncia dello scorso 5 giugno 2023 n.15693/2023 emessa dalla Corte di Cassazione in materia di collocamento “alternato atipico” dei minori e determinazione dell’assegno di mantenimento a favore dei figli sulla base dei tempi di permanenza presso ciascun genitore.
Il caso di specie prendeva le mosse da una pronuncia di separazione dei coniugi emessa dal Tribunale di Genova, poi impugnata ma confermata in linea di massima sia in punto collocamento sia in punto assegno di mantenimento dalla Corte d’Appello, mediante la quale l’organo giudicante preso atto del trasferimento all’estero della madre, disponeva l’affido congiunto della minore, il collocamento della stessa presso il padre durante i mesi di scuola e dalla madre durante le vacanze ed, infine, disponeva che il genitore collocatario oltre a provvedere al mantenimento diretto della figlia, corrispondesse per i mesi estivi in cui la stessa soggiornava presso l’abitazione della madre in Lituania l’importo di €500,00.
A carico della madre, stante la di lei dichiarata insussistenza di redditi e attività lavorativa, il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi nulla disponevano in punto mantenimento durante i 9 mesi in cui la minore restava in Italia dal padre.
Avverso la pronuncia del Giudice di seconde cure il ricorrente, proponendo ricorso per Cassazione, lamentava l’ingiustizia del provvedimento prima del Tribunale e poi della Corte d’Appello nella parte in cui prevedeva che lo stesso provvedesse non solo al mantenimento diretto della figlia, in quanto genitore collocatario, ma anche alla corresponsione alla madre di un contributo al mantenimento trascorsi dalla figlia presso l’abitazione della genitrice (tendenzialmente tre mesi l’anno).
Il ricorrente, in particolare, sosteneva come il collocamento della figlia presso di sé avrebbe dovuto comportare la corresponsione di un contributo al mantenimento da parte della madre nel rispetto del principio enunciato ai sensi dell’art. 337 ter, cod. civ. e l’assenza di un contributo a proprio carico per i mesi di permanenza della minore presso la donna. In particolare, il padre contestava la pronuncia della Corte d’Appello nella parte in cui disponeva che “quanto all’assegno di mantenimento, non risultando che la P. svolga attività lavorativa né abbia redditi, ed in considerazione degli oneri di viaggio da cui è gravata per fare visita alla figlia e portarla con sé in Lituania, l’importo indicato a carico del padre appare ragionevole e congruo”.
La Corte di Cassazione analizzando compiutamente il motivo del ricorso rilevava come a seguito della disgregazione del nucleo familiare fosse necessario e opportuno ristabilire in maniera proporzionale alle risorse genitoriali, la misura in cui gli stessi avrebbero dovuto contribuire al mantenimento dei figli sulla base di molteplici fattori.
In particolare, gli Ermellini precisavano che “la corresponsione dell’assegno diviene la modalità con cui un genitore, generalmente quello non collocato in via prevalente, provvede indirettamente e periodicamente alle spese connesse alle esigenze dei figli somministrando all’altro un importo con lo scopo di assicurare alla prole il soddisfacimento delle attuali esigenze e ad assicurargli uno standard di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di convivenza dei genitori”.
Precisavano poi che analizzati tutti gli elementi della fattispecie, l’obbligo di contribuzione non necessariamente gravava sul genitore non collocatario, divenendo indispensabile la corresponsione in caso di divario reddituale e patrimoniale tra i genitori.
La Corte di Cassazione, aggiungeva inoltre che tra i parametri volti alla determinazione dell’assegno indiretto, ossia dell’assegno corrisposto da parte del genitore non collocatario, doveva rientrare oltre alla situazione reddituale e patrimoniale dei coniugi, il tenore di vita goduto fino ad allora dalla prole anche il parametro relativo ai tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore.
Gli Ermellini ritenevano che nel caso di specie tale parametro non fosse stato sufficientemente preso in considerazione da parte della Corte d’Appello. I giudici avevano errato nel confermare sostanzialmente le statuizioni del giudice di primo grado circa il mantenimento diretto del padre nel periodo da settembre e giugno e indiretto sempre da parte dell’uomo nel periodo da giugno a settembre (mesi che la minore avrebbe dovuto trascorre in Lituania presso la madre). La Corte d’Appello oltre a non tenere in considerazione i tempi di permanenza della minore presso il padre, si era limitata ad affermare senza investigare sul punto l’assenza di attività lavorative e redditi da parte della madre. Per tale ragione la sentenza emessa dal Giudice di seconde cure appariva agli Ermellini del tutto apodittica e priva di qualsiasi descrizione relativamente alla condizione patrimoniale anche della madre.
La Corte di Cassazione cassava, pertanto, la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione trattandosi di una decisione gravemente inficiata poiché contrastante con i dettami dell’art. 147 e 337 ter c.c.
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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.
Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.
Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.