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In caso di revoca dell’assegno divorzile si ha comunque diritto alla quota del TFR dell’ex coniuge?

(a cura dell’Avv. Maria Zaccara)

La Legge sul divorzio all’art. 12-bis prevede il diritto per l’ex coniuge ad una percentuale del T.F.R. dell’altro se:

1. sia titolare di un assegno divorzile con cadenza periodica;

2. non sia convolato a nuove nozze.

Ma cosa accade in caso di revoca dell’assegno divorzile?

Con una recente Ordinanza, la n. 4499 del 19 febbraio 2021, la Suprema Corte di Cassazione ha specificato i presupposti necessari per il riconoscimento di tale diritto e le conseguenze che intervengono in caso di revoca dell’assegno divorzile.

Nello specifico il marito ricorreva per Cassazione avverso il decreto con cui la Corte d’Appello di Messina, rigettando il reclamo dallo stesso proposto, confermava il provvedimento con cui il Tribunale aveva riconosciuto all’ex coniuge ex art. 12 bis Legge di divorzio, il 40% del trattamento di fine rapporto del primo, in quanto percepito in data 2 novembre 2005 e quindi in epoca successiva a quella in cui la resistente aveva conseguito il diritto all’assegno divorzile, giusta domanda in tal senso all’epoca già presentata e riconosciuta con sentenza del 7 novembre 2005 n.2075.

Il ricorrente deduceva l’ingiusto ed errato riconoscimento all’ex coniuge di una quota del T.F.R. per insussistenza dei requisiti di legge ossia la titolarità dell’assegno di divorzio.

Il Tribunale di Messina, infatti, aveva revocato l’assegno divorzile in favore dell’ex moglie in data 3 aprile 2013, pertanto, alla data di presentazione della domanda di attribuzione della quota del T.F.R., intervenuta in data 8 settembre 2014, la stessa non era più titolare di un assegno di divorzio.

Gli Ermellini, tuttavia, ritenevano il motivo infondato in quanto la giurisprudenza di legittimità più volte si era confrontata con l’art. 12 bis della Legge n. 898 del 1970, come modificato dall’art. 16 della legge n. 74 del 1987 e aveva chiarito la portata e la decorrenza di tale diritto.

In particolare, nel caso in esame, la Suprema Corte ribadiva il principio secondo cui ai fini del riconoscimento della quota dell’indennità di fine rapporto spettante all’ex coniuge, la sussistenza delle condizioni previste dalla legge va verificata al momento in cui matura per l’altro ex coniuge il diritto alla corresponsione del T.F.R. e precisava quanto segue.

Il giudicato in materia di assegno di divorzio è contrassegnato, quanto ai suoi effetti dall’applicazione della regola del rebus sic stantibus. Infatti, l’inciso contenuto nell’art. 12-bis Legge sul divorzio, per il quale il diritto alla quota del T.F.R. va riconosciuto all’ex coniuge “in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5″ deve essere inteso nel senso che l’accertamento e la liquidazione dell’assegno divorzile, cui si correla quello alla quota percentuale del T.F.R. percepito dall’altro coniuge, deve intervenire per provvedimento non più impugnabile in punto di sussistenza ab origine dei presupposti legittimanti il riconoscimento.

Tale considerazione apre ad ulteriori riflessioni che riguardano il rapporto tra il giudicato in materia di assegno divorzile e l’incidenza sullo stesso della successiva revoca.

L’operatività rebus sic stantibus del giudicato sul diritto all’assegno ex art. 5, comma 6, Legge sul divorzio fa sì che anche se i presupposti legittimanti il riconoscimento dell’assegno divorzile siano venuti meno, determinandone la revoca, ciò non deve porre nel nulla il diritto all’assegno per il periodo coperto dal giudicato.

Il nuovo accertamento, pertanto, se determinerà la revoca, varrà a far data dalla proposizione della relativa domanda lasciando fermo il diritto all’assegno di divorzio per il pregresso periodo corrispondente al formatosi giudicato e come tale entrato a far parte del patrimonio dell’ex coniuge.

Da tali principi si desume che il diritto alla quota del T.F.R. spetta all’ex coniuge titolare dell’assegno divorzile, che del primo costituisce presupposto, se quel trattamento sia stato corrisposto all’ex coniuge dopo la proposizione della domanda di divorzio e non può essere posto nel nulla dalla sopravvenuta revoca dell’assegno divorzile, destinata ad operare ex nunc, a far data dalla proposizione della relativa domanda.

Alla luce di tali motivazioni, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello di Messina, basandosi sui sopraindicati principi, aveva correttamente rigettato il reclamo del marito avverso il provvedimento in data 14 aprile 2015 del Tribunale che, in accoglimento del ricorso proposto ai sensi dell’art. 12-bis della legge n. 898 del 1970 e success. modif., aveva riconosciuto alla ex moglie il diritto ad una percentuale pari al 40% dell’indennità di fine rapporto percepita dall’ex coniuge divorziato, riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro era coinciso con il matrimonio, condannandolo al pagamento della relativa quota.

Per tutti questi motivi, la Suprema Corte di Cassazione, ritenendo l’ulteriore successione di date indicate nel ricorso del tutto irrilevante ai fini della decisione, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente alle spese.

Author Profile

Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.