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Il tradimento integra reato?

(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)

Un uomo è stato recentemente condannato in via definitiva per il reato di maltrattamenti in famiglia, commesso nei confronti della convivente per ripetute condotte violente, nonché per averla tradita più volte (Cass. n. 41568/22).

Secondo la Cassazione, nei giudizi di merito è stata ricostruita un’articolata e perdurante condotta vessatoria, violenta e ingiuriosa ai danni della compagna, che è stata costantemente umiliata.

La Suprema Corte sottolinea nella breve sentenza l’importanza “dell’ostentata” frequentazione da parte dell’imputato di altre donne: la parte offesa aveva  manifestato ripetutamente il proprio “disprezzo” per il comportamento dell’uomo, anche perché – come ricordano i Giudici – “una stabile relazione implica un obbligo di reciproco rispetto”.

Gli Ermellini in passato avevano inquadrato il tradimento nel reato di maltrattamenti, purché ciò avvenisse in modo ripetuto e in forma “ostentata”, tale da determinare un’effettiva situazione di vessazione e patimento, come ad esempio nel caso di una relazione extraconiugale gestita costantemente “alla luce del sole”, di fronte a testimoni quali parenti, amici o conoscenti. 

Con riguardo alla ripetitività delle condotte maltrattanti, la Cassazione ricorda che il delitto di maltrattamenti è un reato abituale che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti, commissivi e/o omissivi, che isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili (come gli atti di infedeltà o di umiliazione generica) ovvero non perseguibili (come percosse o minacce lievi, se non è stata presentata querela) mentre diventano così idonei a cagionare nella vittima durevoli sofferenze fisiche e morali.

In un particolare caso, secondo la Cassazione la Corte di Appello aveva adeguatamente valutato l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, sia sotto il profilo della intrinseca linearità, sia sotto il profilo della correttezza estrinseca, “constatando come la condotta di violenza e sopraffazione che l’imputato ha inflitto a sua moglie (intrattenere rapporti sessuali con l’amante all’interno della casa coniugale, imponendo alla moglie l’accettazione di tale stato di fatto con gravi minacce)” abbia trovato riscontro anche documentale (Cass. sent. n. 16543/2017).

Pertanto, un singolo caso di tradimento – sebbene umiliante e rilevante sotto il profilo civilistico, in caso di matrimonio – non può far scattare la responsabilità penale; la reiterazione dei fatti, viceversa, è rilevante per integrare reato.

Va a tal proposito ricordato che, in base a una sentenza della Corte di Appello di Cagliari del 1990, l’amante che entra nella casa familiare commette reato di violazione di domicilio (art. 614 c.p.), perché si introduce in un luogo di privata dimora, al fine di avere un rapporto sessuale, senza il consenso del coniuge tradito. Anche vantarsi con il coniuge dei propri plurimi tradimenti costituisce il reato di maltrattamenti in famiglia, poiché sottopone la vittima a un’umiliazione ripetuta.

Nel caso in esame, secondo la Cassazione “l’infedeltà ostentata rendeva certa l’esistenza di una condotta dell’imputato reiteratamente e abitualmente prevaricatrice, tendente a umiliare e sottoporre la congiunta a sofferenze fisiche e morali, così da renderle penosa l’esistenza”: i Giudici di merito hanno giustamente ritenuto sussistente il reato dalla “continua serie di insulti, prepotenze, meschine cattiverie, tra le quali l’infedeltà ostentata, perpetrata dal marito ai danni della moglie” (Cass., sent. n. 38125/2009).

Eleonor Roosvelt disse “Se qualcuno ti tradisce una volta, è un suo errore, se qualcuno ti tradisce due volte è un tuo errore”. In base ai rilievi svolti, il tradimento ripetuto sarà anche un “errore” della persona tradita, ma a certe condizioni integra sicuramente reato.

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