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Disposto l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio anche se in sede di separazione la mamma rinuncia all’assegno in favore del minore

(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5777 depositata in cancelleria il 22 febbraio 2022, ha affermato nuovamente il principio secondo il quale i provvedimenti per i minori debbano essere adottati dal giudice nell’esclusivo interesse morale e materiale degli stessi, anche d’ufficio, indipendentemente quindi dalla domanda dei genitori e delle parti e, anzi, anche disattendendo gli accordi raggiunti tra i genitori stessi.

Nel giudizio di separazione giudiziale, i coniugi avevano raggiunto un accordo in forza del quale la madre, genitore affidataria in via esclusiva della figlia minore afflitta da gravi patologie neurologiche, aveva rinunciato espressamente a percepire dal marito un importo a titolo di contributo al mantenimento della figlia stessa, tenuto conto della indennità previdenziale percepita. Al contrario, la Corte d’Appello, in sede di impugnazione, confermava – in difformità da quanto concordato tra i genitori – l’assegno di €300,00 mensili per la figlia minore già posto a carico del padre con la sentenza di primo grado.

Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo tra genitori che prevedeva la rinuncia al mantenimento della figlia era stato correttamente disatteso dai giudici della Corte d’Appello i quali, in applicazione delle norme costituzionali e del codice civile, stabilivano un importo che il padre avrebbe dovuto versare per garantire alla figlia l’effettività del proprio diritto ad essere mantenuta dai genitori. La somma stabilita, in particolare, appariva congrua avuto riguardo alla patologia sofferta dalla minore che implicava maggiori esborsi e sacrificio di tempo da parte della madre affidataria.

La Corte di Cassazione, a cui il padre si rivolgeva, pertanto, confermava il ragionamento della Corte d’Appello e rigettava il ricorso proposto sulla base dei seguenti principi di diritto e norme di legge.

L’art. 337 bis c.c. sancisce il diritto del figlio minore a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi i genitori. Per realizzare ciò, il giudice adotta i provvedimenti relativi ai figli con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essi… fissando altresì la misura e il modo con cui ciascun genitore deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli, prendendo atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori.

L’articolo prosegue precisando che salvo diversi accordi tra le parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito e il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico per di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio.

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.

4) le risorse economiche di entrambi i genitori.

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Pertanto, ciascun genitore deve contribuire al mantenimento dei genitori e gli accordi tra genitori possono essere recepiti dal giudice sempre se non contrari all’interesse dei minori. È il giudice che ha il dovere di vagliare la conformità degli accordi tra genitori all’interesse dei figli dovendo, dunque, disattendere quegli accordi in forza dei quali il collocatario rinunci a ricevere dall’altro un mantenimento per il figlio se ritiene necessario stabilire la corresponsione di un assegno periodico per realizzare il principio di proporzionalità.

Tale dovere del giudice spiega anche il potere istruttorio ampio esercitabile d’ufficio per accertare le reali condizioni economiche e patrimoniali dei genitori.

Secondo, infatti, la Corte di Cassazione, “la tutela degli interessi morali e materiali della prole è sottratta all’iniziativa e alla disponibilità delle parti, ed è sempre riconosciuto al giudice il potere di adottare d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, tutti i provvedimenti necessari per la migliore protezione dei figli e di esercitare, in deroga alle regole generali sull’onere della prova, i poteri istruttori officiosi necessari alla conoscenza della condizione economica e reddituale delle parti”.

Author Profile

Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.

Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.

È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.