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Convivenza di fatto

Guida pratica alla Convivenza di fatto

(a cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

Come abbiamo già visto in un nostro precedente articolo sino a pochi anni fa il nostro ordinamento forniva tutela alla sola famiglia fondata sul matrimonio. Nel 2016 però, con la Legge Cirannà anche l’Italia, finalmente, ha ammesso la possibilità alle coppie dello stesso sesso di unirsi civilmente e alle coppie non sposate di esser riconosciute.

La convivenza di fatto è quell’istituto introdotto nel 2016 che riguarda tutte le coppie di diverso o stesso sesso che pur non avendo intenzione di contrarre matrimonio o di unirsi civilmente desiderano formalizzare la propria convivenza.

In realtà la convivenza di fatto, prima della Legge Cirinnà, non era un istituto sconosciuto all’ordinamento italiano. Negli anni, infatti, sia la giurisprudenza che il legislatore hanno riconosciuto diritti e doveri alle parti delle convivenze, la legge del 2016 quindi ribadisce e raccoglie in un’unica fonte diritti già pacificamente riconosciuti, aggiungendo poche innovazioni. La vera novità della Legge Cirinnà in merito alle convivenze di fatto è il riconoscimento di trattamento paritario alle coppie omosessuali e a quelle eterosessuali. In passato infatti, la convivenza veniva riferita solo alle coppie di sesso diverso.

La convivenza di fatto a differenza del matrimonio e dell’unione civile si formalizza senza alcuna cerimonia, è infatti necessaria unicamente una dichiarazione all’anagrafe civile del Comune di residenza con la quale i conviventi dichiarano di dimorare nello stesso Comune e di coabitare nella stessa casa.

La convivenza di fatto può essere costituita da due persone etero o omosessuali. I requisiti che devono sussistere in capo alle parti sono uguali a quelli del matrimonio e dell’unione civile: maggiore età dei componenti, sussistenza di un legame affettivo e di reciproca assistenza morale e materiale, libertà di stato, assenza di rapporti di parentela, affinità o adozione. Inoltre, è necessaria la coabitazione e dimora nello stesso Comune, che deve risultare dal certificato di stato di famiglia.

Dalla convivenza la legge stabilisce che deriva il diritto e dovere di assistenza morale e materiale tra i conviventi nonché il diritto del convivente, che presta stabilmente la propria opera nell’impresa del partner, a vedersi riconosciuta una partecipazione agli utili, ai beni con essi acquistati e agli incrementi dell’azienda in misura proporzionale al lavoro prestato.

Ciascun convivente poi, può designare l’altro, con atto scritto sottoscritto personalmente, suo rappresentante affinché in caso di malattia il designato possa prendere decisioni che riguardano la salute ed in caso di morte le decisioni sulla donazione degli organi, le modalità di trattamento del corpo e la celebrazione della cerimonia funebre.

In riferimento ai rapporti patrimoniali è necessario sottolineare che ogni convivente ha il godimento e l’amministrazione dei propri beni di cui è e rimane titolare esclusivo. Nel caso in cui i conviventi intendano optare per la comunione dei beni, a differenza del matrimonio e dell’union civile, è necessario stipulare un contratto di convivenza.

Il contratto di convivenza è un atto pubblico notarile o una scrittura privata autenticata, con il quale le parti possono indicare previsioni circa la residenza della famiglia, le modalità con le quali ciascuno contribuisce alla famiglia nonché la scelta della comunione dei beni.

In tema di successioni è importante evidenziare che il convivente di fatto non rientra tra i soggetti che, in assenza di testamento, succedono al de cuius e non rientrano, neppure tra gli eredi legittimari ossia tra quelli a cui la legge riserva una quota minima sul patrimonio del defunto. Per permettere che il proprio convivente succeda è necessario redigere testamento e istituirlo erede o legatario. La legge Cirinnà, tuttavia, ha previsto una tutela per i conviventi con riguardo la casa adibita a residenza familiare garantendo al convivente superstite la possibilità di continuare ad abitarci per due anni o per un periodo uguale alla durata della convivenza se superiore a due anni ma in ogni caso mai più di 5 anni. Nel caso in cui con il convivente superstite convivano figli minori o disabili questi possono rimanerci per altri tre anni. Infine, nel caso di contratto di locazione il convivente in vita succede al contratto stipulato dal de cuius.

Infine la convivenza di fatto si scioglie in caso di matrimonio o unione civile, d’ufficio quando si riscontra che è cessata la coabitazione dei componenti ovvero quando risulta che uno o entrambi hanno cambiato la residenza oppure su istanza anche disgiunta se viene meno il legame affettivo.

Author Profile

Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.