
NON BASTA ESSERE GIOVANI E AVER UN IMPORTANTE PATRIMONIO PER GIUSTIFICARE LA RICHIESTA DI AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
In tema di amministratore di sostegno, nel caso in cui l’interessato sia una persona pienamente lucida che rifiuti il consenso o addirittura, si opponga alla nomina dell’amministratore di sostegno e la sua protezione sia già di fatto assicurata dai familiari o dal sistema di deleghe (attivato autonomamente dall’interessato) il giudice non può imporre misure restrittive della sua libera determinazione, ove difetti il rischio di una adeguata tutela dei suoi interessi, pena la violazione dei diritti fondamentali della persona.
Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con la recentissima Ordinanza emessa il 5 febbraio 2025 n. 5088/2025.
Il caso oggi in esame trae origine da un ricorso per la nomina di amministrazione di sostegno presentato nell’ottobre del 2023 al Tribunale di Roma da una signora che chiedeva l’applicazione della misura a favore del proprio nipote e a sostegno della propria domanda deduceva la sussistenza dei presupposti per l’adozione della misura di protezione. Secondo la signora infatti, il nipote aveva necessità di essere tutelato per tramite di un amministratore di sostegno in quanto, nonostante la giovane età, titolare di un ingente patrimonio per la cui gestione era consigliato unicamente dalla di lui madre verso cui, secondo la ricorrente, il ragazzo era in una posizione di sudditanza psicologica.
Il ragazzo si costituiva nel procedimento opponendosi alla richiesta. Il Tribunale, con provvedimento emesso nel mese di febbraio 2024 rigettava la richiesta della donna e condannava quest’ultima al pagamento delle spese. Non soddisfatta, la signora proponeva reclamo che tuttavia veniva respinto.
La donna pertanto, ricevuta la seconda pronuncia negativa, ricorreva in Cassazione e, con l’unico motivo di gravame, lamentava la violazione dell’articolo 407 cpc nonché la nullità del provvedimento per motivazione apparente. La ricorrente sosteneva che il Tribunale non avesse appurato quale fosse la reale condizione psico-fisica del beneficiario e che avesse ritenuto insussistenti i presupposti per l’apertura dell’amministrazione di sostegno in quanto aveva escluso la sussistenza dei presupposti per l’attivazione dei poteri officiosi ex art. 407 cpc. In riferimento alla motivazione poi, la ricorrente sosteneva che quanto scritto dal Tribunale rendesse incomprensibile il ragionamento seguito dal Giudice stesso.
Letto il ricorso, la Corte di Cassazione dichiarava infondato il motivo di gravame.
Gli Ermellini in via preliminare evidenziavano come, correttamente, il Tribunale aveva evidenziato che stante l’assenza di una condizione patologica o di una menomazione fisica o psichica non erano stati offerti elementi idonei a consentire al giudice di attivare i poteri istruttori d’ufficio disciplinati dall’articolo 407 cpc di contro, il beneficiando aveva depositato un certificato medico che attestava la di lui capacità di intendere e di volere. In riferimento poi alla capacità di attendere ai propri interessi la Corte sottolinea come il Tribunale aveva correttamente affermato che il ragazzo aveva condotto la gestione del proprio patrimonio assistito da professionisti e, come normale per un giovane, con il consiglio della madre senza tra l’altro, che fossero emersi elementi a sostegno del fatto che quest’ultima lo manipolasse. Per tali ragioni e tenuto conto che non vi erano elementi per dubitare delle sue capacità di autodeterminazione, il Tribunale aveva rigettato la richiesta avanzata dalla donna.
Gli Ermellini inoltre, ricordano che l’amministratore di sostegno è uno misura che mira a offrire a chi si trovi nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire e che sostenga la libertà decisionale delle persone deboli, aiutandole a svolgere compiti quotidiani senza sostituire le loro volontà. Secondo infatti, i principi ormai consolidati sul punto, in tema di amministratore di sostegno, nel caso in cui l’interessato sia persona pienamente lucida che rifiuti il consenso o addirittura, si opponga alla nomina dell’amministratore di sostegno e la sua protezione sia già di fatto assicurata dai familiare o dal sistema di deleghe (attivato autonomamente dall’interessato) il giudice non può imporre misure restrittive della sua libera determinazione, ove difetti il rischio di una adeguata tutela dei suo interessi, pena la violazione dei diritti fondamentali della persona.
Analizzando il caso di specie, gli Ermellini affermano che il Tribunale aveva motivato congruamente e chiaramente il rigetto della domanda, a differenza di quanto ritenuto invece dalla ricorrente. In particolare il giudice di primo grado si era focalizzato sui due presupposti che ai sensi dell’articolo 404 cc costituiscono il presupposto della misura: il primo è costituito dalla sussistenza o meno di una condizione di infermità ovvero di menomazione fisica o psichica ed il secondo è integrato dalla impossibilità, anche parziale o temporanea, per il beneficiario di provvedere ai propri interessi.
Tenuto quindi conto che il Tribunale aveva escluso la sussistenza del primo presupposto ed in riferimento al secondo aveva accertato l’insussistenza dell’impossibilità per il ragazzo a procedere ai propri interessi in quanto quest’ultimo aveva dimostrato di gestire il proprio patrimonio avvalendosi dell’assistenza di una rete familiare e professionale di sostegno da lui stesso individuata, in maniera non pregiudizievole per i suoi interessi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso presentato dalla donna e la condannava al pagamento delle spese.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.