Vessazioni contro l’ex coniuge o convivente: maltrattamenti in famiglia o stalking?
(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)
La Cassazione si è espressa in modo differente riguardo alle condotte persecutorie poste in essere da un soggetto legato alla vittima da una relazione affettiva con convivenza, dopo la cessazione della stessa.
Occorre una premessa. Il delitto di maltrattamenti, più grave, è un reato contro l’assistenza familiare e il bene giuridico protetto è costituito sia dalla tutela della famiglia rispetto a comportamenti vessatori e violenti, sia dalla tutela delle persone facenti parte della famiglia, affinché possano difendere la propria incolumità fisica e psichica.
Il delitto di stalking è un reato contro la persona e, in particolare, contro la libertà morale. L’art. 612-bis, comma 1 c.p., prevede una clausola di sussidiarietà che rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti, quando la condotta valga a integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie.
La linea di demarcazione si offusca leggendo, da un lato, il comma 2 dell’art. 612-bis c.p. – che prevede l’aggravante delle condotte in danno del “coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa” – dall’altro l’art. 572 c.p., in base al quale le condotte devono essere state realizzate nei confronti di una persona “della famiglia o comunque convivente”.
Mentre non v’è dubbio sull’inquadramento delle condotte aggressive realizzate solo dopo la cessazione della convivenza – sussistendo in questo caso lo stalking – il problema si pone quando le condotte iniziano durante la convivenza e proseguono dopo la sua cessazione.
Vi sono due filoni giurisprudenziali. Un primo orientamento ermeneutico ritiene configurabile il reato di maltrattamenti anche in caso di cessazione della convivenza, quando tra i soggetti permanga un vincolo assimilabile a quello familiare, in ragione di una mantenuta consuetudine di vita comune o dell’esercizio condiviso della responsabilità genitoriale ex art. 337-ter c.c. (Cass., n. 7259/21, Cass., n. 2086126/21).
In buona sostanza, per ritenere integrati i maltrattamenti occorre valutare se la relazione tra gli ex è ancora connotata da vincoli solidaristici, mentre scatterebbe lo stalking aggravato qualora non vi fosse neanche una semplice aspettativa di solidarietà.
Tale criterio appare piuttosto aleatorio e rimesso alla discrezionalità del giudice. Pertanto appaiono condivisibili le recenti pronunce della Cassazione che seguono un diverso orientamento.
In base a tali sentenze la nozione di “persona comunque convivente” inserita dal legislatore nel 2012, deve essere intesa in un’accezione ristretta, con riferimento alle sole relazioni fondate su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continua (la cosiddetta frammentazione della convivenza).
In particolare è stato affermato dalla Suprema Corte che, con la formula “maltratta una persona della famiglia, o comunque convivente”, il legislatore ha inteso come famiglia una “comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza d’affetti che non solo implichi reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, ma sia fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continua”. Inoltre, ampliando la nozione di persona convivente anche alle ipotesi in cui sia ormai cessata ogni relazione, non solo affettiva ma anche di coabitazione fisica tra le parti, si effettuerebbe una non consentita interpretazione analogica in malam partem della norma penale (Cass., 15 settembre 2022, n. 34280).
La frammentazione della convivenza può essere presente durante la separazione, che potrebbe essere provvisoria, ad esempio in caso di riconciliazione.
Ed infatti recentemente la Cassazione ha sostenuto che il delitto di cui all’art. 572 c.p. è ravvisabile in presenza di condotte maltrattanti che si innestano su un rapporto matrimoniale anche nella fase della separazione, che non realizza una recisione dei vincoli nascenti dal coniugio, che permangono integri (Cass. n. 24745 del 27 giugno 2022). Quindi, occorre valutare prima di tutto se la convivenza è terminata e, poi, se tra i coniugi è intervenuta una separazione o un divorzio.
Secondo un’altra recente sentenza la responsabilità per stalking (e dunque non quella per maltrattamenti) scatta solo in caso di divorzio: “quando la condotta è in danno del coniuge, la permanenza cessa allorché interviene il divorzio, cui non segue la ricomposizione di una relazione e consuetudine di vita improntata a rapporti di assistenza e solidarietà reciproche” (Cass., Sez. VI, 5 settembre 2022, n. 32575).
La Cassazione parte criticando la pronuncia d’appello che aveva affermato del tutto apoditticamente la perdurante esistenza di un rapporto familiare di fatto tra gli ex coniugi, a giustificazione dell’inquadramento giuridico della fattispecie nei maltrattamenti, facendo leva sulla comune responsabilità genitoriale il cui esercizio ha, invece, costituito solo l’occasione per le sistematiche condotte aggressive del ricorrente ai danni della ex moglie.
Sostanzialmente la Corte d’Appello riconosceva il maltrattamento anche dopo la separazione ed il divorzio, in ragione della necessità di gestione ed educazione in comune del figlio, tale da generare un vincolo familiare di fatto.
Il criterio del divorzio appare più concreto e affidabile – rispetto a quello della condivisa responsabilità genitoriale, che non può costituire vincolo familiare di fatto – per poter finalmente superare le difficoltà interpretative dei Giudici di merito tra stalking e maltrattamenti.
Avv. Stefania Crespi
Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.