fbpx

Blog

Home  /  DIRITTI DEI MINORI   /  Separazione e divorzio in un unico atto? C’è chi dice no

Separazione e divorzio in un unico atto? C’è chi dice no

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

Una delle maggiori novità introdotte dalla Riforma Cartabia è la possibilità per i coniugi, che hanno preso atto della irreversibilità della loro crisi coniugale, di articolare la richiesta di divorzio nel medesimo atto con il quale chiedono la separazione.

Fedele al principio di “economia processuale” – ratio ispiratrice dei vari interventi di tale Riforma – la possibilità di proporre contemporaneamente entrambe le due domande sullo status garantisce una riduzione dei tempi e un risparmio di costi di causa, tenuto conto che molto spesso vi è una sovrapponibilità di molte delle domande che vengono proposte nei due giudizi introdotti a pochi mesi uno dall’altro.

Tutti sappiamo, infatti, che l’Italia – insieme a Irlanda e Malta –  è ancora uno dei pochi stati dell’Unione Europea che richiede obbligatoriamente alla coppie sposate che intendono divorziare, di introdurre dapprima un procedimento avente ad oggetto l’autorizzazione a vivere separati e, solo a seguito di un periodo di “riflessione” lungo almeno sei mesi, di procedere per lo scioglimento del vincolo coniugale.

Ma qualcosa sta cambiando. Vero che neppure il legislatore della Riforma ha avuto il coraggio di eliminare l’obbligatorietà di tale riflessione abrogazione la separazione; vero che conseguentemente è rimasto fermo il presupposto temporale per ottenere il divorzio, vale a dire il decorso del termine breve (sei mesi in caso di separazione consensuale) ovvero il termine lungo (un anno dalla prima udienza di comparizione dei coniugi), ma almeno è intervenuto sul piano procedimentale eliminando la necessità di dover introdurre due differenti procedimenti e rendendo “breve” di fatto, oltre che di nome, il divorzio. 

Dal 1 marzo 2023, infatti, è entrato in vigore l’art. 473-bis.49 c. p. c., che al primo comma consente la proposizione, negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale, anche della domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e delle domande a questa connesse.

Ne deriva che ricorrente e convenuto –  nel primo atto difensivo, come fosse una domanda riconvenzionale “sui generi” – potranno già articolare la domanda di divorzio che verrà presa in considerazione dal Giudice solo una volta passata in giudicato la sentenza di separazione.

Ma questa norma è dettata solo per i procedimenti contenziosi? Oppure è dunque ammissibile il cumulo di domande di separazione e divorzio anche nel procedimento su domanda congiunta regolati all’art. 473-bis 51?

In effetti tale norma non contempla letteralmente il cumulo invece previsto dall’art. 473-bis 49 ma leggendo le indicazioni del Ministero, sembra che nessuno abbia messo in dubbio tale applicabilità posto che la Consolle prevede codici specifici per la domanda congiunta di “separazione e divorzio” ma inutile nascondersi: i Tribunali italiani sono spaccati.

Il problema c’è e non è di poco conto perché a seconda della residenza abituale dei minori, abbiamo genitori che possono formulare il cumulo di domande ed altri ai quali è vietato.

Se i Tribunali di Mantova e Vercelli hanno subito autorizzato le proprie cancellerie alla registrazione dei ricorsi consensuali contenenti entrambe le domande, a Milano invece il Tribunale per due mesi è stato fermo, diviso tra un’interpretazione letterale della norma e una lettura orientata alla ratio della Riforma.

In data 9 maggio 2023, però, il Tribunale di Milano ha finalmente preso una chiara posizione dando applicazione alla Riforma Cartabia: con la sentenza depositata in data 5 maggio scorso ha pronunciando la separazione consensuale tra due coniugi che, attraverso lo stesso ricorso depositato all’indomani dell’entrata in vigore della norma, avevano chiesto che venisse pronunciato anche il divorzio. Contestualmente alla sentenza di separazione, il Tribunale dopo aver dichiarato non procedibile la domanda di divorzio prima del decorso del termine indicato all’art. 3, n.2, lett. b), della legge Divorzio, ha rimesso la causa sul ruolo della Presidente Anna Cattaneo con ordinanza affinchè questa – trascorsi sei mesi dalla data della comparizioni dei coniugi e, quindi, ai sensi dell’art. 127 ter 5° comma , cpc, dalla data di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note scritte – provveda ad acquisire sempre con modalità dello scambio di note scritte, la dichiarazione delle parti di non volersi riconciliare.

Con le medesime note scritte, prosegue il Tribunale di Milano, le parti dovranno anche confermare le condizioni già formulate con riferimento al divorzio chiarendo che la modifica unilaterale delle condizioni già formulate sarà ritenuta ammissibile solo in presenza di allegazioni di fatti nuovi ai sensi dell’art. 473-bis 19, 2° comma cpc.

In caso di richiesta di modifica, se le parti non raggiungessero un nuovo accordo, il Tribunale rigetterà la domanda congiunta di divorzio poiché verrebbe meno il requisito della indicazione congiunta della condizioni inerenti i figli ed i rapporti economici richiesto dall’art. 473-bis 51, 2° comma cpc.

Ma allora la divisione è superata ? Niente affatto.

Con sentenza pubblicata in data 15 maggio 2023 il Tribunale di Firenze prende le distanza da Milano e, richiamando la granitica posizione della Suprema Corte di Cassazione che ha sempre affermato la nullità di tutti gli accordi stipulati tra i coniugi per disciplinare il loro futuro divorzio anche di quelli raggiunti in sede di separazione in vista del divorzio, da pronunciarsi dopo sei mesi, si è dichiarato contrario al cumulo di domande di separazione e divorzio nelle procedure a domanda congiunta.

Secondo i Giudici fiorentini, le due discipline della separazione contenziosa e della consensuale (art. 473-bis 49 e 473-bis 51 c.p.c.) sono state tenute distinte dal legislatore; l’art. 473- bis. 51 non contiene richiamo al punto 49, pertanto opera il criterio ermeneutico ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit ed infine la legge delega non contempla indicazione nel senso del cumulo, ma contiene ben distinte indicazioni per i ricorsi congiunti all’art. 1 comma 17 lett. o) e c. 23 lett. hh) e per il cumulo delle domande al c. 23 lettera bb).

Applicando quindi tali considerazioni, i Giudici di Firenze limitano la possibilità del cumulo delle domande unicamente alle ipotesi di sussistenza di contenzioso tra le parti, trascurando di fatto di considerare che l’art. 473-bis.49 si riferisce, genericamente, agli “atti introduttivi del procedimento di separazione” e la domanda congiunta relativa ad un procedimento di separazione è pacificamente un “atto introduttivo del procedimento di separazione”!  Infatti l’art. 473-bis.51 fa esplicito riferimento ai “procedimenti” di cui all’art. 473-bis.47.

Secondo Firenze, si legge ancora nella sentenza, ammettendo la possibilità di cumulo delle domande di separazione e divorzio nei procedimenti congiunti, si opererebbe in deroga al principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale. Mentre nei procedimenti contenziosi “le parti non stabiliscono la regolamentazione delle conseguenze delle rispettive domande., limitandosi a chiedere al Tribunale di procedere alla trattazione e all’istruttoria e quindi di decidere su entrambe… nei procedimenti congiunti le parti disporrebbero contemporaneamente di entrambi gli status e dei consequenziali diritti”.

Ma se anche fosse? Non è arrivato il momento di rendere ammissibili i patti tra coniugi avanti ad oggetto la loro crisi coniugale ? Per quale ragione invece il Tribunale di Firenze non intravede profili di illegittimità in sede contenziosa ? In sede consensuale la libertà delle parti non dovrebbe essere “più ampia” invece che essere “più limitata”? E in ultimo.. se tutti abbiamo chiaro in mente la ratio della Riforma Cartabia, come possiamo escludere uno dei rimedi più efficaci per garantire una diversa ed efficiente economia processuale?

Forse nell’interpretazione della legge, basterebbe applicare il buon senso.

Author Profile

Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

Author Profile

È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).