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Matrimonio breve e assegno di divorzio: nulla spetta al giovane coniuge

(A cura della Dottoressa Elisa Cazzaniga)

Moglie giovane e pretenziosa, matrimonio breve e assegno divorzile: oggi riflettiamo su questi tre elementi e ci chiediamo: “le spetta l’assegno nel caso in cui sia abile al lavoro?”

La recentissima ordinanza della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione n. 22021 del 24 luglio 2023, nel decidere in caso di specie, ci propone un riepilogo utile a comprendere le ragioni alla base del riconoscimento dei suddetti assegni al coniuge separato prima e all’ex coniuge poi (vi ricordiamo che in precedenti occasioni abbiamo parlato di assegno di mantenimento  (https://dinellalex.com/?s=ASSEGNO+DI+MANTENIMENTO&id=6015&post_type=post) e assegno di divorzio (https://dinellalex.com/?s=ASSEGNO+DI+DIVORZIO).

Il caso di specie trae origine da una sentenza del Tribunale di Sondrio con cui veniva dichiarato lo scioglimento del brevissimo matrimonio tra due giovani coniugi senza che nulla venisse riconosciuto all’ex moglie a titolo di assegno divorzile.

 La donna impugnava la sentenza avanti la Corte di Appello di Milano ma anche i Giudici di secondo grado nulla le riconoscevano rimarcando che “l’ex coniuge è chiamato, dopo lo scioglimento del matrimonio, a valorizzare tutte le proprie potenzialità con una condotta attiva e non assumendo un atteggiamento deresponsabilizzante e attendista di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l’esito della fine della vita matrimoniale”.

In particolare la Corte di Appello precisava che in caso di coniugi giovani e matrimoni di breve durata – come nel nostro caso – vi è la necessità per i giudici di operare una valutazione più rigorosa e fondata sul prevalente principio di autoresponsabilità. Nel caso specifico, oltretutto, la giovane donna neppure aveva provato di aver coltivato la propria capacità lavorativa e di essersi attivata al fine di reperire un lavoro.

Insoddisfatta anche dalla seconda decisione, la signora proponeva ricorso per Cassazione contestando complessivamente le ragioni poste dalla Corte distrettuale alla base della decisione con cui nuovamente veniva negato il di lei diritto a ricevere un assegno divorzile.

Gli Ermellini nella loro ordinanza rispiegano passo dopo passo le differenze ed i presupposti degli assegni di mantenimento e di divorzio per permettere di comprendere agevolmente le ragioni per cui alla giovane donna idonea al lavoro non spetta alcun assegno divorzile dopo così pochi anni di matrimonio.

In primo luogo, la Corte ci ricorda che la separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale – espressione del più ampio dovere di solidarietà coniugale – e che pertanto:

– il coniuge cui non viene addebitata la separazione ha diritto a ricever dall’altro un assegno di mantenimento nel caso in cui non abbia mezzi economici sufficienti a mantenere il pregresso tenore di vita tenendo sempre in considerazione la situazione economica complessiva e la capacità sua lavorativa;

– il coniuge cui viene addebitata la separazione perde il diritto a al mantenimento e può pretendere solo un assegno alimentare se versa in stato di bisogno.

In secondo luogo, gli Ermellini confermano che l’assegno divorzile è cosa diversa dal sopra descritto assegno di mantenimento ed è caratterizzato dalla duplice natura assistenziale (quando la situazione del coniuge economicamente debole neppure assicura l’autosufficienza economica) e perequativo compensativa.

Quando i coniugi sono entrambi economicamente autosufficienti, ma le rispettive condizioni economiche sono particolarmente squilibrate, la predetta funzione dell’assegno di divorzio permette di riconoscere il ruolo ed il contributo fornito dall’ex coniuge – nella nostra società tendenzialmente la moglie – economicamente più debole alla formazione sia del patrimonio della famiglia sia di quello personale dei coniugi.

La Suprema Corte precisa che nel valutare se l’assegno è da riconosce e a quanto deve ammontare è necessario tenere in considerazione: la durata del matrimonio; il contributo personale ed economico dato da ciascuno sia alla conduzione familiare sia alla formazione del patrimonio; le ragioni delle decisioni assunte in costanza di matrimonio che hanno significativamente impattato sulla gestione familiare e sulle condizioni economiche dei coniugi.

È dunque necessario valutare la sussistenza di un nesso causale tra lo squilibrio reddituale e le scelte comuni di conduzione familiare perché, come affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18287 del 2018, “il riconoscimento dell’assegno divorzile in funzione perequativo compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull’esistenza in sé di uno squilibrio reddituale (…), essendo invece necessaria un’indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppur condivisa, di colui che chiede l’assegno, di dedicarsi prevalentemente all’attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente”.

Infine, la Corte di Cassazione ribadisce tre concetti fondamentali, che spesso si tendono a dimenticare:

– l’assegno divorzile non è finalizzato al mantenimento del tenore di vita matrimoniale, bensì al solo riconoscimento del ruolo del coniuge economicamente debole alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro;

– il diritto all’assegno divorzile cessa in caso di nuove nozze mentre in caso di instaurazione di una stabile convivenza viene meno la componente assistenziale e può essere mantenuto il diritto al riconoscimento dell’assegno nella sua funzione esclusivamente perequativa-compensativa, poiché l’aver rinunciato alla propria carriera per permettere l’avanzamento professionale e reddituale dell’altro coniuge non viene meno per il solo fatto di avere un’altra relazione stabile (Cass. S.U. 32198/2021);

– anche l’assegno di divorzio può subire delle variazioni in aumento o in diminuzione per effetto del cambiamento della situazione patrimoniale del debitore o del creditore.

Tornando al caso concreto che ha permesso di fare questo utile approfondimento, la Corte di Cassazione ha confermato le corrette valutazioni operate nei precedenti gradi di giudizio poiché: il matrimonio era naufragato praticamente subito; le condizioni reddituali della coppia erano già ampiamente sproporzionate a favore del marito prima delle nozze; non era possibile rilevare alcun tipo di nesso causale tra le condizioni economiche dei coniugi e le minime scelte comuni di conduzione della vita familiare assunte durante il breve matrimonio.

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