Patti prematrimoniali come forma di tutela del coniuge debole
(a cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)
Dopo mesi di attesa e restrizioni più o meno rigide, finalmente sono ripartiti i matrimoni! I fine settimana sono di nuovo illuminati da svolazzanti abiti bianchi e rallegrati da urlati auguri di eterna felicità.
Ma le statistiche parlano chiaro. “ E vissero felici e contenti” non è più il finale della maggior parte delle storie d’amore. Il Covid e il lockdown hanno messo a dura prova la tenuta delle coppie tanto che con il 2021 c’è stato un forte aumento delle separazioni e dei divorzi rispetto al 2020 caratterizzato da una forte incertezza e paura di perdita dei posti di lavoro e nel 40% dei casi la causa della separazione è l’infedeltà coniugale.
Ecco allora che questi allarmanti numeri dovrebbero essere un motivo importante per affrontare concretamente la possibilità che anche in Italia sia riconosciuta finalmente legittimità all’istituto degli “accordi prematrimoniali”, la cui finalità è proprio quella di prevenire la lite giudiziaria diminuendo così la conflittualità tra i coniugi e riducendo i costi della separazione e/o del divorzio poiché in linea di massima entrambi gli accordi si limiterebbero a recepire condizioni discusse e stipulate anni prima.
Per “accordo prematrimoniale” si intende tradizionalmente l’accordo stipulato da due soggetti non ancora uniti in matrimonio i quali, prima della celebrazione del matrimonio, si recano da un Notaio e mediante la sottoscrizione di una scrittura privata predeterminano i reciproci rapporti patrimoniali derivanti da un’ipotetica crisi coniugale con la finalità di cristallizzare sin da prima dell’instaurazione del vincolo affettivo, i termini e le condizioni della eventuale separazione e divorzio, determinando gli obblighi di mantenimento scaturenti dalla separazione, la divisione del patrimonio e la regolamentazione della successione ereditaria.
Accanto a tale tipologia, la giurisprudenza italiana ricomprende in tale definizione anche gli accordi che sono stipulati fra due soggetti già uniti in matrimonio al fine di regolamentare una crisi coniugale ancora eventuale ovvero al fine di regolamentare – all’inizio o nel corso del procedimento di separazione – gli effetti patrimoniali del probabile successivo divorzio.
Nonostante gli indubbi vantaggi che tali patti porterebbero nella prevenzione delle controversie coniugali, a differenza di molti altri Paesi, la legge italiana però non prevede l’istituto dei “patti prematrimoniali” e la Corte di Cassazione, anche dopo cinquant’anni dall’entrata in vigore della legge sul divorzio del 1970, è ferma in un “pensiero” non adeguato all’evoluzione della società: con l’ordinanza n. 11012 del 26 aprile 2021 la Cassazione ha ribadito che i patti in vista del divorzio sono radicalmente nulli, non si possono redigere neppure al momento della separazione per determinare il contenuto del divorzio che verrà pronunciato solo sei mesi dopo!
Ma la circostanza che la Cassazione sembri ancora ferma nel considerare nulli tali accordi, non impedisce comunque che vengano stipulati patti sia prima della celebrazione del matrimonio sia in sede di separazione, con la finalità di evitare un nuovo conflitto in sede di divorzio visti i nuovi termini brevi.
Sulla base di alcune pronunce seppur isolate di Cassazione (Cass. 23713/2012; Cass. 19304/2013; Cass. 4210/2014; Cass. 18066/2014; Cass. 24621/2015; Cass Sez. Unite 18287/2018) non mancano Studi notarili che curano la redazione degli accordi prematrimoniali, sul presupposto che in ogni caso tali patti potrebbero nel futuro fornire una prova di ciò che i coniugi ritengono giusto ed equo per loro.
In particolare la Cassazione n. 23713/2012 ha ritenuto valido un accordo con cui il trasferimento di un immobile dalla moglie al marito (quale “indennizzo” per le spese da quest’ultimo sostenute ai fini della ristrutturazione di altro immobile di proprietà della moglie) veniva subordinato all’eventuale fallimento del matrimonio e l’anno successivo, con la sentenza n. 19304/2013 ha ritenuto valido un contratto di mutuo concluso dai coniugi dopo le nozze, con il quale l’obbligo di restituire una somma di denaro gravante sul marito era stato subordinato alla separazione personale.
Ma ancora. Soprattutto a seguito della legge sul Divorzio Breve, sono sempre più frequenti tali clausole all’interno degli accordi di separazione tenuto conto che la Cassazione ha affermato che solo il coniuge più debole potrebbe invocare la nullità di tali patti, mentre il coniuge più forte che ha effettuato un’attribuzione patrimoniale a fronte della rinuncia dell’altro all’assegno divorzile, non potrebbe revocare l’attribuzione effettuata sulla base della nullità del patto (nullità relativa: Cass. n. 8109/2000; Cass. n. 15349/2000)
D’altra parte, l’assurdità della posizione della Cassazione rispetto agli “accordi prematrimoniali” si rileva in tutta la sua gravità allorquando si pensi alla possibilità da sempre riconosciuta ai coniugi di scegliere – all’atto della celebrazione del matrimonio ovvero anche successivamente – il regime patrimoniale del matrimonio optando per la separazione dei beni.
Tale scelta, infatti, ha delle conseguenze molto gravi, poiché con una semplice crocetta al momento della celebrazione, si vanifica l’intero apparato normativo predisposto dal legislatore per ridistribuire le ricchezze accumulate durante il matrimonio e tutelare quel coniuge che ha dedicato una buona parte delle proprie risorse e delle proprie energie al soddisfacimento delle esigenze familiari a scapito della propria realizzazione professionale.
Tali conseguenze sono ancora più gravi alla luce dei nuovi orientamenti della Cassazione che valorizza le scelte personali dei coniugi durante il corso della vita matrimoniale, l’autoresponsabilità, l’indipendenza e autosufficienza economica, abbandonando i precedenti criteri in tema di quantificazione dell’assegno divorzile.
Infatti, successivamente alla nota sentenza n. 11504/2017 della prima sezione civile, la Corte di Cassazione continua a ribadire che il criterio attributivo dell’assegno di divorzio non è più nel pregresso tenore di vita.
Ecco allora che i patti prematrimoniali potrebbero essere oggi l’unica forma di tutela per il coniuge debole soprattutto in tutte le unioni coniugali nelle quali il regime patrimoniale scelto è quello della separazione dei beni.
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