fbpx

Blog

Home  /  DIRITTO DI FAMIGLIA   /  Niente assegno divorzile se la moglie non prova a quali occasioni di lavoro ha rinunciato per dedicarsi alla famiglia

Niente assegno divorzile se la moglie non prova a quali occasioni di lavoro ha rinunciato per dedicarsi alla famiglia

(A cura dell’Avv. Maria Zaccara )

La Suprema Corte con l’Ordinanza n. 17144/2023 pubblicata in data 15 giugno 2023 ha confermato il principio secondo il quale la ex moglie che in giudizio non dimostra a quali occasioni professionali ha rinunciato negli anni per dedicarsi alla famiglia non ha diritto all’assegno divorzile.

Il caso di cui oggi trattiamo trae origine dalla pronuncia della Corte d’Appello di Bologna che aveva rigettato il gravame proposto dal marito che aveva lamentato l’erronea determinazione dell’assegno divorzile posto a suo carico.

I Giudici di merito avevano osservato che non era contestata la situazione reddituale e patrimoniale tra le parti, avendo l’appellante percepito, nel periodo 2016-2018, un reddito netto tra € 69.112,00 e € 69.500,00, per una somma mensile netta di €5.700,00, essendo proprietario dell’immobile nel quale abitava e di una quota del 50% di altri due immobili e di un terreno agricolo, mentre l’ex-moglie aveva percepito, nel medesimo periodo, una somma media mensile netta di € 4.392,00 circa, ed essendo comproprietaria al 50% di un terreno agricolo e di un immobile privo del diritto di abitazione; i redditi delle parti non erano sostanzialmente variati nelle annate successive; non vi era prova che l’appellata avesse, nel corso della convivenza matrimoniale, rinunciato ad occasioni di carriera o crescita lavorativa; tuttavia, quest’ultima aveva diritto all’assegno divorzile in ragione del divario reddituale e della durata ultraventennale del matrimonio, stante la sostanziale equivalenza patrimoniale tra le parti; al riguardo, era stato dimostrato che la madre dell’appellata aveva aiutato la figlia nella gestione della casa e del bambino e l’ex marito aveva potuto fruire di maggiori opportunità di progressione di carriera e d’incremento del livello stipendiale.

Il marito, allora, ricorreva per Cassazione lamentando la denuncia e falsa applicazione dell’art. 5, c.10, L. n. 898/70, per aver la Corte d’Appello deciso in difformità dei principi formulati dalla Suprema Corte sulla determinazione dell’assegno divorzile, confermando il profilo compensativo dell’assegno, pur in mancanza di prove sulle aspettative professionali cui la moglie avrebbe rinunciato per favorire la carriera del marito.

La Sentenza delle Sezioni Unite n.18287/2018 ha confermato che all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.

Sull’impulso della suddetta sentenza delle Sezioni Unite, è stato altresì affermato che il riconoscimento dell’assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e de figli, né sull’esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi – che costituisce solo una precondizione fattuale per l’applicazione de parametri di cui all’art. 5, comma 6, L. n. 898/1970 – essendo invece necessaria un’indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppure condivisa, di colui che chiede l’assegno, di dedicarsi prevalentemente all’attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente.

E’ stato, inoltre, rilevato che, in tema di determinazione dell’assegno di divorzio, il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, è derogato, oltre che nell’ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall’uno all’altro coniuge, “ex post” divenuto ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l’attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa, adeguato a compensare coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali, che il richiedente l’assegno ha l’onere di indicare specificamente e dimostrare nel giudizio.

La Suprema Corte osserva che nel caso di specie, la Corte d’Appello, pur rilevando che la beneficiaria dell’assegno divorzile non avesse dimostrato, nel corso della convivenza matrimoniale, di aver rinunciato ad occasioni di carriera o crescita lavorativa, ha comunque riconosciuto all’ex-moglie il relativo diritto, valorizzando il profilo perequativo-compensativo dell’assegno, sulla base del divario reddituale tra le parti, della durata del matrimonio (24 anni), e del fatto che la madre dell’appellata aveva aiutato la figlia nella gestione della casa e del bambino, traendone la conclusione che l’ex-marito aveva potuto fruire di maggiori opportunità di progressione in carriera e d’incremento del livello stipendiale.

I Giudici di merito non hanno, pertanto, correttamente applicato i principi affermati dalla Corte di legittimità nella parte in cui hanno ritenuto che alla ex moglie spettasse l’assegno divorzile, sebbene quest’ultima, titolare di un proprio dignitoso reddito mensile netto nel periodo considerato, non avesse dimostrato di aver rinunciato a migliori occasioni di lavoro o progressioni in carriera a causa della propria dedizione alla vita coniugale e alla famiglia, in mancanza di una scelta condivisa a riguardo.

La Corte d’Appello ha omesso di valutare se, sulla scorta dei fatti soprariportati, il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale a favore del ricorrente, ex post divenuto ingiustificato, da correggere attraverso l’attribuzione di un assegno in funzione compensativo-perequativa.

Alla luce delle suddette motivazioni la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Author Profile

Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

Author Profile

Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.

Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.