L’esposizione del crocifisso nelle classi delle scuole pubbliche: l’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione nell’ambito di un giudizio su un provvedimento disciplinare
(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)
Qualche anno fa in Umbria un professore si era opposto all’ordine del dirigente scolastico di esporre il crocifisso nelle aule, pertanto prima delle sue lezioni lo toglieva dal muro e lo rimetteva quando usciva dall’aula, oppurelo copriva con un quadretto in cui era racchiusa la Costituzione.
Il professore era stato sanzionato con la sospensione di 30 giorni per il mancato rispetto della disposizione del preside e aveva fatto ricorso, chiedendo il risarcimento per essere stato ‘discriminato’.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno dovuto considerare, da un lato, l’ordine di esporre il crocifisso da parte del preside, dall’altro la libertà di coscienza del professore.
È la prima volta che la più alta autorità giurisdizionale del nostro ordinamento viene investita della questione, seppur in modo indiretto, visto che era chiamata a decidere su un provvedimento disciplinare.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 13 febbraio 2006 n° 556, aveva stabilito che il crocifisso dovesse restare nelle aule in quanto “simbolo di valori civili”, ovvero di laicità passiva.
La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo il 3 novembre 2009 aveva stabilito in primo grado che il crocifisso nelle aule è “una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione”; in secondo grado, il 18 marzo 2011, la Grand Chambre aveva sostenuto che non sussistessero elementi che provassero l’eventuale influenza sugli alunni dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.
Orbene, le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 24414/21 del 9 settembre scorso si sono espresse in merito alla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche scegliendo per un “Accomodamento ragionevole”, un confronto rivolto alla ricerca di una “soluzione mite, intermedia, capace di soddisfare le diverse posizioni”: una specie di compromesso che apre anche all’esposizione di simboli di diverse religioni.
La decisione è stata presa sottolineando, in primo luogo, come la materia sia regolata da una normativa degli anni venti del secolo scorso, che deve essere interpretata in senso conforme alla Costituzione (in particolare in base al principio di uguaglianza e alla libertà di manifestazione del pensiero); in secondo luogo, per i Giudici Supremi, sebbene il crocifisso sia un importante simbolo legato alla tradizione culturale italiana, lo Stato italiano è laico.
Gli Ermellini hanno stabilito che, pur non essendo obbligatoria l’affissione nelle scuole pubbliche del crocifisso, non può essere ritenuta un “atto di discriminazione” nei confronti di chi non condivide il credo cattolico.
Si tratta, infatti, di un “simbolo passivo” che non comporta alcuna adesione da parte degli insegnanti, la cui libertà di insegnamento non è limitata, come quella di esprimere le proprie convinzioni sullo stesso crocifisso.
Tuttavia, il provvedimento del preside è stato giudicato illegittimo: ogni scuola deve decidere in autonomia se esporre o meno il crocifisso (eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni) in base ad un «ragionevole accordo» tra le parti con posizioni diverse, quindi non puó essere imposto (come, invece, fatto dal preside).
Il docente dissenziente non ha potere di veto rispetto all’affissione del crocifisso, ma la scuola (ad esempio il Consiglio di Istituto e quello di Classe) deve adottare una soluzione che tenga conto del suo punto di vista, rispettando la sua differente visione sulla religione.
Dunque, è decaduta la sanzione disciplinare inflitta al professore, ma non è stata accolta la sua richiesta di risarcimento dei danni, in quanto non si è ritenuto che sia stata condizionata o compressa la sua libertà di espressione e di insegnamento.
Avv. Stefania Crespi
Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.