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LA REVOCA DELL’ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE E’ MOTIVO DI  AUMENTO DELL’ASSEGNO DIVORZILE.

(A cura della Dottoressa Elisa Cazzaniga)

La revoca dell’assegnazione della casa familiare può avere incidenza sulla revisione in aumento dell’assegno di divorzio? La Corte di Cassazione con la decisione n. 7961/2024 conferma il proprio orientamento: la revoca dell’assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell’ex coniuge costituisce una sopravvenienza valutabile ai fini dell’accertamento dei giustificati motivi per l’aumento dell’assegno divorzile. Il godimento della casa familiare, infatti, pur funzionale al mantenimento dell’ambiente familiare in favore dei figli, costituisce un valore economico tanto per l’assegnatario, il quale evita di reperire una diversa abitazione, quanto per il genitore non collocatario, il quale anche se proprietario si trova a dover reperire una diversa sistemazione accollandosene i costi. La revoca dell’assegnazione, di conseguenza, comporta un peggioramento della condizione economica di colui che viene privato della casa ed un miglioramento invece per il proprietario che, rientrando nella piena disponibilità della propria abitazione, può andarvi ad abitare ovvero concederla in locazione a terzi.

Nel caso di specie, con la sentenza di divorzio pronunciata nel 2014 la casa familiare veniva assegnata all’ex moglie, la quale percepiva anche un assegno divorzile pari ad € 800,00.

Nel 2019, l’ex marito proponeva ricorso per la modifica delle condizioni chiedendo la revoca dell’assegnazione della casa coniugale poiché entrambi i figli, ormai maggiorenni, non coabitavano più con la madre. Il Tribunale di Brescia accoglieva le richieste dell’uomo e rigettava la domanda riconvenzionale della donna volta all’aumento dell’assegno divorzile.

La donna proponeva reclamo avverso tale decisione e la Corte di Appello di Brescia, accogliendo le di lei censure, revocava l’obbligo della madre di contribuire al 50% delle spese straordinarie del figlio divenuto maggiorenne, onerava l’ex marito di corrispondere l’assegno divorzile nell’aumentata misura di € 1200,00 mensili e condannava l’uomo al rimborso delle spese processuali di entrambi i procedimenti.

Avverso tale decisione, l’uomo proponeva ricorso per Cassazione lamentando che il Giudice di secondo grado aveva riconosciuto l’aumento dell’assegno divorzile senza che la richiedente avesse assolto all’onere di fornire la prova della propria situazione economica e attribuendo rilevanza, nell’ambito del procedimento di modifica delle condizioni, a fatti il cui apprezzamento era già avvenuto nel procedimento di divorzio.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di impugnazione precisando che l’accertamento del sopravvenuto mutamento delle condizioni economiche degli ex coniugi, idoneo a mutuare l’assetto patrimoniale realizzato con la sentenza di divorzio, deve essere operato secondo una valutazione comparativa delle condizioni delle parti, senza che il giudie sia chiamato ad effettuare una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, già effettuato con la sentenza divorzile. Il Giudice adito deve, invece, procedere ad una valutazione, in diritto, dei giustificati motivi che consentono la revisione dell’assegno divorzile.

La Corte di Appello di Brescia, nel caso di specie, aveva accertato la persistenza del significativo divario economico tra gli ex coniugi, mediante la valutazione dei redditi già considerati in sede di divorzio, e ritenuto che l’assegno attribuito nel 2014 fosse destinato a svolgere la funzione assistenziale e anche compensativo-perequativa. Inoltre, il Giudice di secondo grado aveva correttamente ritenuto che, essendo pacifico il raggiungimento dell’indipendenza economica del figlio, le risorse economiche dell’uomo erano di fatto aumentate, non dovendo più lo stesso corrispondere al figlio la somma di €800,00, e che di conseguenza egli poteva corrispondere una maggior somma all’ex moglie.

In particolare, la Corte di Appello di Brescia aveva ritenuto che il miglioramento delle condizioni economiche dell’uomo era dipeso dalla cessazione dell’erogazione del contributo di € 800,00 al figlio economicamente indipendente e dall’acquisizione della piena disponibilità della casa familiare per effetto della revoca dell’assegnazione, poiché lo stesso ben avrebbe potuto impiegare l’immobile in attività produttive.

Al contrario, invece, per l’ex moglie la revoca dell’assegnazione della casa familiare aveva costituito una modifica peggiorativa delle di lei condizioni economiche, dovendo a questo punto la stessa ricercare una nuova sistemazione abitativa.

Conseguentemente, nel caso di specie, la Cassazione, dichiarando infondato il ricorso dell’ex marito, confermava la correttezza del ragionamento giuridico che aveva portato la Corte di Appello di Brescia ad accogliere le doglianze della donna e a riconoscerle un assegno divorzile aumentato di € 400,00, per complessivi €1.200,00 mensili.

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