Il reato di interferenze illecite nella vita privata e la ripresa di scene intime
(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)
Il reato di interferenze illecite nella vita privata è previsto dall’art. 615 bis c.p. che punisce chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva e sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614 c.p., ossia abitazioni o altri luoghi di privata dimora; è punito altresì chi rivela o diffonde al pubblico, mediante qualsiasi mezzo di informazione, le suddette notizie o le immagini.
La ratio della norma è quella di tutelare la riservatezza personale in relazione all’utilizzo di strumentazione tecnologica, sempre più diffusa ed invasiva, in luoghi di “privata dimora”, ossia, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ogni luogo ove vengono vissute, anche solo temporaneamente, esperienze intime e private, come la propria abitazione, il proprio studio professionale o una camera d’albergo, mentre vanno esclusi luoghi pubblici (come strade o piazze) o aperti al pubblico (come ristoranti, bar, negozi).
La Cassazione ha affermato che la ripresa da parte di terzi di comportamenti che si svolgono in luoghi di privata dimora integrano il delitto di cui all’art. 615 bis c.p., solo se questi sono sottratti alla normale osservazione dall’esterno e, dunque, non quando possono essere liberamente visti senza particolari accortezze: in buona sostanza, la tutela della riservatezza del domicilio riguarda solo ciò che si vuole tenere privato, impedendone la visibilità ad estranei. Ad esempio, non sussiste il delitto se l’agente fotografa una donna nuda mentre esce dalla doccia della propria abitazione, senza tende alle finestre (Cassazione penale, Sez. III, 8 gennaio 2019, n. 372). Anche con la sentenza n. 9932/2020 ha ribadito che integra il reato la ripresa fotografica da parte di terzi di comportamenti che si svolgono in luoghi di privata dimora, solo se questi sono sottratti alla normale osservazione dall’esterno, “ma non anche se i medesimi possono essere liberamente osservati dall’esterno senza ricorrere a particolari accorgimenti”.
In merito alla configurabilità del reato con riguardo alla registrazione con strumenti di captazione visiva o sonora di rapporti intimi presso l’abitazione di colui che riprende, la Cassazione si è espressa differentemente.
Dapprima ne ha rilevato l’insussistenza, motivando che solo terzi estranei possono commettere l’illecita interferenza: in altre parole, non viene considerato responsabile l’autore della condotta se si trova lecitamente nel luogo della registrazione (Cassazione, Sez. IV, 13 giugno 2018, n. 27160). Pertanto, la ripresa non è illecita per l’assenza dell’autorizzazione della donna, ma per la violazione dell’intimità all’interno del domicilio.
Pochi mesi dopo la Suprema Corte ha, invece, affermato che la condotta di colui che registra all’interno della propria dimora immagini di un rapporto sessuale condiviso, integra il delitto di interferenze illecite nella vita privata, se il soggetto che non vive nel luogo della ripresa, non ha prestato il proprio consenso (Cassazione penale, Sez. V, 20/12/2018, n.13384).
Tale consenso può essere espresso esplicitamente o implicitamente quando, rendendosi conto che è in atto una registrazione o potendosene rendere conto con un minimo di diligenza, non si oppone. Quindi, la mancata autorizzazione alla ripresa renderebbe illecita la condotta.
I Supremi Giudici hanno ritenuto commesso il reato in esame da parte dell’imputato per aver filmato la propria moglie in bagno e in camera da letto seminuda, a causa dell’assenza di prove sulla effettiva volontà della donna di condividere con il marito tali momenti (Cassazione penale, Sez. V, 14 maggio 2018, n.36109).
Peraltro gli Ermellini, riprendendo l’orientamento precedente, hanno poi affermato che “non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva, in un’abitazione in cui sia lecitamente presente, filma scene di vita privata, in quanto l’interferenza illecita normativamente prevista è quella realizzata dal terzo estraneo al domicilio che ne violi l’intimità, mentre il disvalore penale non è ricollegato alla mera assenza del consenso da parte di chi viene ripreso” (Cass. Pen. Sez. V Sent. n. 46158 del 13.11.2019).
Pare, pertanto, necessario un intervento delle Sezioni Unite per dirimere il contrasto giurisprudenziale sulla questione, anche alla luce dell’importanza del consenso non solo in materia di Privacy, con specifico riguardo ad attività di registrazioni video-fonografiche, ma anche nel codice penale che punisce ai sensi dell’art. 612 ter la condotta di colui che, dopo aver realizzato o sottratto immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, li divulga senza il consenso delle persone rappresentate.
Peraltro, occorre rilevare come, con riferimento alla particolarità della situazione intima privata esaminata, è difficile immaginare che l’autore della ripresa chieda un preventivo consenso, salvo sia un habitué come Christian Grey in “Cinquanta sfumature di grigio”!
Avv. Stefania Crespi
Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.