Coppie same-sex: la Grecia riconosce una decisione inglese che affida il figlio alla madre intenzionale
(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)
“Se sei genitore in un Paese, sei genitore in ogni Paese” (Ursula von der Leyen)
La Grecia, insieme all’Italia, è uno dei paesi degli Stati membri dell’UE che dal 2015 (l’Italia invece dal 2016) che non consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso, seppure riconosca un qualche forma di unione civile. Inoltre la Grecia, come l’Italia, non consente alle coppie omosessuali di presentare domanda di adozione nè consente alle coppie lesbiche di accedere alla PMA, pur consentendola invece alle donne single.
Inoltre, fino a qualche settimana fa, la Grecia aveva negato il riconoscimento di una decisione straniera che disponeva l’affido alla madre intenzionale di un minore nato in costanza di un matrimonio same-sex celebrato in UK, richiamando i principi di ordine pubblico interno.
Ma, finalmente, qualche passo avanti anche la Grecia sembra lo stiamo muovendo in termini di genitorialità: la Corte d’Appello di Salonicco per la prima volta, riformando la decisione di primo grado, ha riconosciuto il Custody order emesso in via definitiva dalla High Court di Chelmsford, UK a favore della donna, genitore non biologico, a seguito della separazione dalla moglie americana.
La ricorrente, donna di nazionalità greca aveva iniziato una relazione sentimentale con una donna di nazionalità americana e nell’agosto 2013 la coppia registrava in UK la loro unione. Dopo circa un mese, la donna americana dava alla luce un figlio.
Nel 2014 veniva approvata in UK la legge che consentiva il matrimonio e, pertanto, nel gennaio 2015 la coppia si sposava.
Dopo qualche tempo, però, la coppia si separava e la donna greca presentava ricorso per l’affidamento del figlio nel Regno Unito. Il Tribunale accoglieva la domanda ordinando che il bambino le fosse affidato nonostante fosse la madre intenzionale (non biologica) e che il minore venisse trasferito definitivamente in Grecia da lei. Divenuta definitiva la decisione, la madre intenzionale greca, depositava dinanzi al Tribunale di Salonicco la domanda per il riconoscimento ed l’esecuzione dell’ordinanza britannica affinchè potesse avere il bambino con sè.
Il Tribunale, però, rifiutava il riconoscimento richiamando il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso vigente in Grecia e – non riconoscendo alcun legame genitoriale in capo alla madre intenzionale – rifiutavano il riconoscimento e l’esecuzione della decisione inglese.
Contro tale decisione la donna ricorreva presso la Corte di Appello, e questa volta i Giudici di Salonicco accoglievano la domanda della madre – richiamando la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia (UNCRC), ratificata in Grecia, la normativa europea e anche la legge greca sulla tutela della famiglia – non riscontrando alcuna violazione dell’ordine pubblico greco e al contrario ritenevano che ogni decisione differente avrebbe comportato la violazione dell’interesse superiore del minore a non essere discriminato sulla base dell’orientamento sessuale dei genitori.
Per tali motivi, la sentenza del tribunale di primo grado veniva annullata.
Ma cosa sarebbe successo in Italia? se la madre intenzionale fosse stata italiana e non greca come avrebbero reagito i Tribunali italiani? Avrebbero eseguito l’ordine di collocamento inglese ?
Non avrei dubbi a rispondere di si.
Vero che ancora oggi l’Italia anche in occasione della più recente sentenza della Cassazione n. 7412/2022 ha ribadito il divieto di accesso alla PMA alle coppie seme sex rilevando come gli articoli 8 e 9 della Legge 40 del 2004 (tutela del nato e suo stato giuridico) non possono prescindere dal complessivo impianto regolatore della suddetta legge, in particolare, dalle disposizioni che individuano i requisiti per l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e dagli originari principi ispiratori della legge; vero che ancora oggi l’accesso alle tecniche di PMA è ancora inteso a rimuovere cause impeditive della procreazione circoscritte ai casi di sterilità o di infertilità accertate e certificate dato medico e quindi, la situazione di infertilità patologica non è omologabile la condizione di infertilità della coppia omosessuale, ma la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno, d’altra parte, dato rilevanza giuridica al rapporto dell’adulto con il minore non soltanto nel caso in cui esista lo stato di figlio, ma anche nell’ipotesi in cui l’adulto si sia assunto consapevolmente la responsabilità di allevare e accudire il bambino. E questa tutela esiste non solo quando la coppia abbia assunto un progetto di genitorialità attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita (c.d. genitorialità intenzionale), ma anche nell’ipotesi in cui il convivente/coniuge/unito civilmente si comporti come genitore nei confronti del figlio del proprio partner (c.d. genitorialità di fatto).
Attuato il bilanciamento tra il principio di ordine pubblico internazionale e il principio del superiore interesse del minore, mi sento di affermare che il Tribunale italiano avrebbe dato esecuzione al provvedimento inglese riconoscendo il rapporto di filiazione anche nei confronti della madre intenzionale, nonostante il nostro legislatore sia ancora latitante in merito alla tanto attesa legge in merito alla genitorialità delle coppie same-sex.
È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).