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La nuova convivenza non fa venire meno l’assegno divorzile nella sua componente compensativa

(A cura dell’Avv. Angela Brancati)

La Corte d’Appello di Perugia con la sentenza 47/2022 ha accolto il gravame proposto dall’ex moglie avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Terni, che nell’ambito del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva rigettato la richiesta dell’istante di vedersi riconosciuta una somma a titolo di assegno divorzile. Il Tribunale di Terni in particolare, giungeva alla predetta pronuncia per avere la moglie instaurato una stabile convivenza a seguito della rottura dell’affectio maritalis.

Tuttavia, il Giudice di secondo grado valutava positivamente il ruolo assunto dalla moglie nel contesto familiare in costanza di matrimonio, accordandole una somma a titolo di assegno divorzile. Veniva, infatti, ritenuto come nel corso della vita matrimoniale la donna si fosse dedicata alla famiglia e alla crescita dei figli, rinunciando di fatto alla propria attività lavorativa nonché alla propria formazione professionale.

La nuova convivenza della moglie intrapresa nelle more del giudizio, secondo la Corte d’Appello non poteva considerarsi quale elemento automaticamente escludente ai fini del riconoscimento del diritto a percepire l’assegno divorzile. Tale assunto si basava sul principio dettato in materia dalle SU con la sentenza 32198/2021, con la quale si stabiliva che “l’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione, nonché sulla quantificazione del suo ammontare (…) ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno, in relazione alla sua componente compensativa”. Ciò avrebbe dovuto comportante – come accaduto nell’ambito del giudizio dinanzi la Corte d’Appello di Perugia, la prova del contributo prestato dal coniuge debole nella formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, nell’ausilio prestato cioè all’interno della famiglia, nella rinuncia a situazioni di guadagno da parte del coniuge richiedente, nonché nella mancanza di mezzi adeguati ed idonei al reperimento di una nuova attività lavorativa, visto anche l’avanzare dell’età.

Nel caso di specie, la donna non più in grado di reperire un’attività lavorativa tanto per l’età quanto per la mancanza di mezzi idonei all’acquisizione di professionalità, dimostrava come in costanza di matrimonio ed in particolare, per quasi 30 anni si fosse dedicata esclusivamente alla cura della famiglia e alla crescita dei figli, permettendo all’altro coniuge di implementare il patrimonio e la situazione economica dell’intera famiglia.

Sottolineava il Giudice di seconde cure come “al di là del fatto che la scelta di vita della richiedente sia stata determinata da una decisione condivisa tra i coniugi oppure sia dipesa dall’esclusiva volontà della predetta, ciò che è rilevante dopo tanti anni di matrimonio che, comunque, questa scelta è andata a beneficio della famiglia nel suo complesso”.

Non poteva escludersi nel caso di specie secondo il dictum delle Sezioni Unite, pertanto, il riconoscimento dell’assegno divorzile nella sua componente compensativa quale “livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente” . Al coniuge, in altre parole, sebbene non potesse essere accordata una tutela assistenziale, doveva essere comunque accordata una tutela compensativa volta al riconoscimento dei sacrifici e delle rinunce effettuate per la famiglia.

Il contributo offerto in costanza di matrimonio, pertanto, nel caso di specie era tale da fondare il riconoscimento dell’assegno divorzile, la cui corresponsione sarebbe stata idonea a compensare i sacrifici, le rinunciate scelte professionali compiute dal coniuge richiedente in costanza di matrimonio,  nonché lo squilibrio patrimoniale venutosi a creare nonostante l’intervenuta convivenza di fatto.

Sebbene, pertanto, sia venuta meno nel caso sottoposto alla Corte d’Appello decidente la componente assistenziale dell’assegno divorzile, da ricercarsi nel nuovo asset familiare, doveva riconoscersi la prevalenza della componente compensativa nonostante le sorti del matrimonio e dell’intervenuta nuova convivenza, in ragione della funzione svolta.

Author Profile

Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.

Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.

Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.