Assegno divorzile: ecco i parametri per la sua assegnazione e quantificazione.
(a cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
L’assegno di divorzio è quel contributo economico che l’ex coniuge è obbligato a corrispondere, secondo le modalità stabilite nella pronuncia di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, a favore dell’altro coniuge quando questo non dispone dei mezzi adeguati ovvero si trova in una situazione di oggettiva impossibilità a procurarseli.
Ai sensi dell’art. 5 comma sesto, della L. 898/1970 il Giudice, verificato che la parte richiedente si trovi nella situazione di assenza di mezzi o impossibilità oggettiva sopra descritta, per stabilire il quantum del contributo economico dovrà basarsi sui seguenti parametri: 1) le condizioni dei coniugi (età, stato di salute, formazione professionale); 2) le ragioni della decisione; 3) il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune; 4) del reddito di entrambi. Tali parametri dovranno poi essere valutati anche in rapporto alla durata del matrimonio.
A decorrere dall’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto del divorzio sino al 2017, il criterio interpretativo del disposto dell’articolo 5 comma sesto della Legge sul divorzio era quello che disponeva in favore del coniuge avente diritto un contributo economico tale da permettergli di mantenere il tenore di vita goduto duranti gli anni di matrimonio.
L’assegno divorzile aveva, quindi, natura esclusivamente assistenziale, in quanto la sua concessione si fondava sull’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, che doveva intendersi come insufficienza di questi ultimi a preservargli un tenore di vita assimilabile a quello avuto durante gli anni di matrimonio, senza nulla contare la sussistenza o meno della condizione di bisogno.
Tale interpretazione, fortemente critica, fu superata con la sentenza della Corte di Cassazione n. 11504 del 2017 con la quale venne negato il riconoscimento al diritto a ricevere l’assegno divorzile al coniuge che fosse economicamente autosufficiente.
A seguito di tale sentenza si accese un forte dibattito a livello sia dottrinale che giurisprudenziale che vedeva contrapposto da un lato l’orientamento secondo cui il criterio interpretativo da utilizzare era quello del tenore di vita e dall’altro l’orientamento che affermava il criterio dell’autosufficienza economica del coniuge.
Tale dibattito richiese l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la quale con sentenza del 11 luglio 2018 n. 18287, adottando una linea interpretativa completamente innovativa e distanziata dai due orientamenti contrapposti, ha fornito finalmente i chiarimenti necessari. Tale pronuncia ha sancito, infatti, l’abbandono definitivo sia del criterio interpretativo dell’indipendenza economica sia di quello relativo al tenore di vita, affermando che l’assegno divorzile ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa. Secondo il nuovo orientamento il Giudice chiamato a decidere deve effettuare una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita avuto nel corso del matrimonio, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale.
Con tale pronuncia è stata quindi valorizzato il principio di solidarietà post coniugale con la diretta conseguenza che al fine di stabilire se ed eventualmente in che misura spetti l’assegno divorzile, il Giudice dovrà preliminarmente verificare se il coniuge richiedente è privo di mezzi adeguati o è oggettivamente impossibilitato a procurarseli. Successivamente dovrà valutare se tale condizione dipende dal contributo che il richiedente ha apportato al nucleo familiare e alla creazione del patrimonio comune, sacrificando le proprie aspettative personali e professionali in relazione alla sua età e alla durata del matrimonio. A seguito di tali valutazioni il Giudice dovrà infine quantificare il contributo economico dovuto, rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare né all’autosufficienza economica del richiedente, ma assicurando un livello reddituale adeguato al contributo fornito.
In conclusione si può pertanto affermare che tale innovativa interpretazione dell’articolo 5 comma sesto della legge sul divorzio, offre una maggiore protezione al coniuge più debole, assicurando che le scelte e i sacrifici compiuti insieme dagli ex coniugi abbiano la loro importanza e non restino privi di effetti.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.