Assegno di divorzio alla moglie, nonostante il matrimonio breve, se la convivenza prima delle nozze è stata lunga.
(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)
La Corte di Cassazione, Prima sezione civile – ordinanza n. 30602 pubblicata il 28 novembre 2024, ha dato ragione alle pretese di una donna alla quale è stato riconosciuto il diritto a percepire un assegno divorzile da parte dell’ex coniuge il quale, al contrario, chiedeva la revoca del contributo perché il matrimonio era durato solo 7 anni.
In particolare, dopo 7 anni di matrimonio (e 8 precedenti di relazione more uxorio) la moglie si rivolgeva al Tribunale di Roma chiedendo la separazione con addebito al marito. Il Tribunale, negato l’addebito, pronunciava la separazione ponendo a carico dell’uomo l’obbligo di mantenere la moglie versando mensilmente la somma di €900,00, ridotta poi a €500,00. Decorso il termine di legge, il marito chiedeva al Tribunale di pronunciare il divorzio e, visto il cambio di giurisprudenza, chiedeva di dichiarare che nulla fosse dovuto a titolo di assegno divorzile per la moglie. La donna, al contrario, si costituiva chiedendo un aumento dell’assegno (€1400,00 mensili) visto il peggioramento delle proprie condizioni reddituali a seguito dell’intervenuto pensionamento.
Il Presidente, in sede di provvedimenti provvisori ed urgenti, confermava le statuizioni di cui alla separazione. Con sentenza definitiva, poi, il Tribunale poneva a carico del marito un assegno divorzile pari a €550,00 mensili. Tale pronuncia veniva confermata dalla Corte d’Appello alla luce dell’accertato squilibrio economico tra le parti. Inoltre, i giudici di secondo grado accertavano i sacrifici della donna che avevano acconsentito all’uomo di progredire nella carriera con una missione all’estero per circa tre anni in cui la donna aveva seguito il marito, mettendosi in aspettativa dal proprio lavoro, con ciò rinunciando a concrete prospettive di carriera. L’uomo, a fronte della decisione a lui sfavorevole, ricorreva in Cassazione.
Innanzitutto, la Corte di Cassazione riconosce il lavoro della Corte d’Appello affermando che questa avesse statuito in modo conforme ai principi di diritto affermati a far data dalle Sezioni Unite n. 18287/2018 tenendo conto della esigenza riequilibratrice dell’assegno divorzile. Il giudice, infatti, deve accertare l’adeguatezza dei mezzi del coniuge che richiede l’assegno, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare alla formazione del patrimonio personale e comune, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto. Tutto in conformità della funzione assistenziale, compensativa e perequativa dell’assegno divorzile esplicitata dalla pronuncia a Sezioni Unite e ribadita nelle successive, come nella ordinanza n. 21926/2019.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, occorre un accertamento del fatto che lo squilibrio, che si verifica al momento del divorzio, tra le condizioni economiche delle parti sia l’effetto del sacrificio del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari che giustifica il riconoscimento di un assegno perequativo: l’assegno deve esser adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali per contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare in funzione perequativa un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge.
Nel caso in esame, i giudici di merito avevano ritenuto sussistenti tutti i criteri ormai pacifici per il riconoscimento dell’assegno divorzile a favore del coniuge più debole economicamente: la sperequazione economica tra i coniugi; l’apporto dato dalla moglie in costanza di matrimonio alla formazione del patrimonio personale del marito; l’ampia durata del matrimonio di gran lunga superiore anche in considerazione della relazione more uxorio antecedente alla contrazione del matrimonio durata ben 8 anni.
Anche in questo caso, dunque, la relazione more uxorio precedente al matrimonio e consolidatasi poi nel rapporto di coniugio viene valutata dai Giudici per il riconoscimento del sacrificio che la donna aveva fatto rispetto alla propria carriera in favore, invece, del raggiungimento di alti livelli professionali del marito. Gli anni di relazione si sommano, dunque, agli anni effettivi di matrimonio.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.
Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.
È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.