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La legge di Lidia Poet: storia della prima donna Avvocato in Italia

(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)

Fu la prima donna ad entrare nell’Ordine degli avvocati in Italia, pioniera dell’emancipazione femminile: Lidia Poet. Laureata con il massimo dei voti nel 1881 alla facoltà di legge a Torino, con una tesi sulla condizione femminile e il diritto di voto, Lidia Poet diventa Avvocato solo nel 1919, dopo aver lottato con tenacia e caparbietà per raggiungere il proprio obiettivo arrivando ad esercitare, per la prima volta nella storia italiana, una professione che era riservata soltanto al mondo maschile.

Da qualche settimana, su Netflix è in onda la serie a lei dedicata dal titolo “la legge di Lidia Poet” interpretata da Matilda De Angelis, che ci riporta in un’epoca in cui il ruolo della donna era profondamente ancorato alla cura della casa e all’educazione dei figli. 

Nella prima puntata, Lidia, dopo essersi laureata in giurisprudenza e aver superato brillantemente l’esame per l’abilitazione alla professione forense, si iscrive all’albo degli Avvocati di Torino (la prima volta per una donna) ed inizia a svolgere il proprio lavoro di Avvocata, recandosi in carcere per incontrare il primo cliente o nella stanza del Giudice a colloquio con il Procuratore.

In tutte queste scene appare del tutto evidente la concezione dell’epoca della donna: Lidia, davanti al Procuratore, viene chiamata “signorina” e non avvocata dal Giudice; viene discriminata perché donna dai colleghi uomini e dalle guardie carcerarie; viene sbeffeggiata dal fratello avvocato che la invita dapprima a cercare marito e poi a dedicarsi al lavoro di insegnante, maggiormente consono alle donne.

Nel frattempo, la Corte d’Appello di Torino, su ricorso del Procuratore Generale del Re, annulla l’iscrizione di Lidia all’albo sull’assunto che la professione forense fosse un pubblico ufficio e come tale vietato alle donne. Anche la Cassazione, successivamente adita dalla Poët, conferma l’esclusione delle donne dalla professione di avvocato.

Secondo la Corte d’Appello “l’avvocheria è un ufficio esercitabile soltanto da maschi e nel quale non devono immischiarsi le femmine”. Anzi, al contrario “sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene osservare”.

L’avvocato non è un mestiere per donne, quelle oneste le quali, invece, se lo fosse, sarebbero costrette a trattare anche argomenti che gli uomini stessi non potrebbero trattare in presenza delle donne.

E poi, la donna avvocato andrebbe ad influire sulla serietà stessa dei giudizi per il sol fatto di come si veste o come si acconcia i capelli “se si vedessero talvolta la toga o il tocco dell’avvocato sovrapposti ad abbigliamenti strani e bizzarri che non di rado la moda impone alle donne e ad acconciature non meno bizzarre”.

Lida non si arrende e nonostante tutto e tutti le ricordano che lei non può fare quello che ama, quello per cui ha tanto studiato e in cui è concretamente capace, continua a lavorare come assistente del fratello Enrico, anch’essi avvocato, senza più un titolo, battendosi in prima persona per i diritti dei soggetti più vulnerabili, minori e donne. 

Nella serie, Lidia è rappresentata determinata e capace, in grado di portare avanti la professione da sola, dando prova anche di aver studiato nuove tecniche processuali o investigative, dimostrando che non vi è alcuna differenza con i colleghi uomini, in attesa che anche la legge e la società cambi in favore delle donne. 

Grazie al movimento femminista, nel 1919 il Parlamento approva la legge che ammette le donne ad accedere ai pubblici uffici, ad eccezione della magistratura, e Lidia all’età di 65 anni, finalmente, diventa Avvocato. La prima, in Italia: “Le donne sono ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni e a coprire tutti gli impieghi pubblici, esclusi quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengano alla difesa militare dello Stato”.

E oggi ? Le donne avvocato sono il 50,03% del totale (dati al 2022), con un trend in crescita ogni anno. 

In magistratura, il 55% degli incarichi è ricoperto da donne: il primo concorso di magistratura aperto alla partecipazione delle donne fu bandito il 3 maggio 1963 e fu vinto da otto donne, che entrarono in servizio  il 5 aprile 1965: Letizia De Martino, Ada Lepore, Maria Gabriella Luccioli, Graziana Calcagno Pini, Raffaella D’Antonio, Annunziata Izzo, Giulia De Marco e Emilia Capelli.

Dal 5 marzo 2023 sarà in carica la prima donna eletta Presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano. 

Per citare il discusso festival di Sanremo da poco terminato, queste donne, in un’epoca in cui era loro precluso diventare ed essere ciò che desideravano, per il quale avevano studiato e in cui ritenevano di avere del talento, si sono innanzitutto pensate avvocate o giudici per poi riuscire ad ottenere, con caparbietà, tenacia e determinazione, il riconoscimento dei loro diritti dalla legge e dalla società civile.

Ancora oggi molta strada è da fare, temi come il gender gap (in Italia, nel 2022, le donne detengono il 32% delle posizioni aziendali di comando, 2 punti percentuali in più rispetto al 2021; le donne CEO sono salite al 20% così come quelle con ruoli nel senior management al 30% nel 2022); l’uguaglianza genitoriale tra uomo e donna (nel 2020, 3 donne madri su 4 hanno lasciato il lavoro) sono sempre attuali e condividono tutti una riflessione sulla concezione e condizione della donna anche nel 2023.

La stessa tesi di laurea discussa il 17 giugno 1981 di Lidia Poet  dedicata alla “condizione della donna rispetto al diritto costituzionale e al diritto amministrativo nelle elezioni”, contiene interessanti e attuali considerazioni che valgono la pena di essere ricordate “Non è sotto l’aspetto di antagonismo che vorrei vedere l’uomo e la donna vicini nella vita sociale, anzi come completamento l’uno dell’altra. Credo che unendosi le qualità degli uni a quelle delle altre, contemperandosi le esagerazioni e le imperfezioni reciproche, si giungerebbe a quella armonia migliore desiderabile tanto nello Stato, che è pure la grande riunione delle famiglie, quanto nella famiglia stessa”.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.

Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.

È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.