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ADOZIONI: DA DOVE SIAMO PARTITI E A CHE PUNTO SIAMO OGGI?

(A cura dell’Avv. Maria Grazia Di Nella)

L’istituto dell’adozione è estremamente antico: conosciuto anche dalle società che precedettero i Romani, (le prime notizie dell’adozione si rinvengono nel 2000 a.C nel codice di Hammurabi) trova la prima regolamentazione nel codice civile italiano del 1865, con una funzione di natura prevalentemente patrimoniale, legata alle esigenze di continuazione del casato, dei titoli e dei possessi delle famiglie nobili senza figli legittimi o naturali; vista la finalità, l’istituto riguardava unicamente i ragazzi che avessero compiuto 18 anni.

Dobbiamo aspettare il codice civile del 1942 per vedere, per la prima volta introdotta la possibilità di adottare minori di età per le persone, senza figli, che avessero compiuto il cinquantesimo anno. La finalità dell’istituto, però, era ancora quella di assicurare la continuità del nome e del patrimonio familiare: senza distinguere tra adozioni di maggiorenni o minori di età, la normativa prevedeva che l’adottante avrebbe trasmesso all’adottato i propri beni e il proprio nome; l’adottato avrebbe mantenuto i rapporti giuridici con la sua famiglia d’origine mentre nessun vincolo di parentela si stabiliva con i parenti dell’adottante.

Ma è nel 1967 che si assiste ad un cambio di prospettiva: con la legge 5 giugno 1967 n. 431, infatti, viene introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano l’istituto dell’adozione come forma di tutela dei minori privi dell’assistenza da parte di genitori e parenti tenuti a provvedervi. Il minore viene riconosciuto come soggetto portatore di bisogni e diritti fondamentali e dovere dell’ordinamento è quello di tutelarlo. Riconosciuto il diritto del minore senza famiglia ad avere una nuova, si ribalta la finalità dell’istituto: l’adozione è a tutela del bambino e non più dell’adulto senza discendenza. 

Nata già “vecchia”, tale legge diviene oggetto di numerose critiche –  anche perché non regolamentava in alcun modo le adozioni internazionali – e ben presto sostituita da quella che tutt’oggi è in vigore: il 4 maggio 1983 viene approvata la Legge n. 184 denominata “Disciplina dell’adozione e l’affidamento dei minori”, parzialmente modificata nel 2001 con la Legge 184 e integrata anche dalla Riforma Cartabia che ha introdotto l’art. 5 bis avente ad oggetto la disciplina dei presupposti, delle modalità e i tempi dell’affidamento del minore al Servizio Sociale.  

Le diverse forme dell’adozione

Le procedure di adozione del minore previste nell’ordinamento italiano sono:

  • l’adozione legittimante o “piena” che richiede la dichiarazione di adottabilità da parte del Tribunale per i Minorenni a seguito dell’accertamento dello stato permanente di abbandono morale e materiale;
  • l’adozione internazionale di un minore straniero che è stato dichiarato adottabile dallo stato di origine;
  • l’adozione in casi particolari prevista dall’art. 44 della Legge 184/83;  

Negli ultimi anni lo scenario dell’adozione è molto cambiato e sempre più frequentemente anche la Cassazione si interroga se il modello di adozione “pieno” sia ancora il modello di adozione che rappresenta la forma più alta di tutela dei minori in stato di abbandono morale e materiale, visto l’aumento progressivo e costante delle “adozioni in casi speciali”.

I dati statistici, infatti, parlano chiaro: sia rispetto all’adozione nazionale che internazionale, i dati delineano un trend in diminuzione. Le dichiarazioni di adottabilità mostrano un andamento decrescente dal 2015 ad oggi e le sentenze di adozione nazionale, a partire dal 2001 sono in progressiva diminuzione. Per quanto riguarda il Tribunale dei Minori di Milano, che comprende 8 province (Milano, Como, Lecco, Lodi, Monza Brianza, Pavia, Sondrio, Varese) le domande di adozione internazionale sono calate diminuite drasticamente negli ultimi 15 anni, passando dalle 1.159 del 2006 alle 220 del 2022. Di queste 220 coppie, 122 hanno ottenuto l’idoneità, 75 hanno rinunciato. Invece sulle adozioni nazionali, nell’anno giudiziario 2021/2022 a Milano sono stati resi adottabili 80 minori a fronte di 530 domande presentate da coppie residenti su tutto il territorio nazionale.

Ma quali sono le motivazioni di questo calo nelle domande?

Sicuramente il costo troppo elevato dell’adozione: una recente ricerca del Cergas Bocconi colloca il valore delle spese sostenute dagli enti solo sul territorio nazionale in almeno 7.500 euro; tali costi si trasferiscono inevitabilmente sulle famiglie, rendendo molto oneroso il percorso adottivo, specie in un contesto complessivo di crisi economica. Anche l’innalzamento dell’età media dei bambini adottabili e la tipologia di bimbi proposti per l’abbinamento scoraggiano le coppie negli ultimi anni: i bambini che hanno bisogno di essere adottati, infatti, sono sempre più grandi e/o con problemi di salute o con disabilità.

E non ultimo il fattore tempo, molto.. troppo dilatato: si calcolano dai 2 ai 4 anni di attesa, a causa della procedura per ottenere l’idoneità dal Tribunale per i minorenni, che spesso supera gli 8 mesi previsti per legge e dalla maggiore “attenzione” con la quale i Tribunale arrivano alla dichiarazione di adottabilità di un minore.

Diverso, invece, il trend delle cosiddette “adozioni in casi particolari” realizzate ai sensi dell’articolo 44 legge 184/1983, il dato riferito all’anno 2021 evidenzia un incremento delle domande dal 2001. Stante l’eterogeneità delle fattispecie incluse in questo articolo, è interesse per questo documento soffermarsi sulle adozioni in casi particolari cosiddette “lettera d”, cui si ricorre nei casi in cui vi sia la constatata impossibilità di un affidamento preadottivo. Nel 2021, delle 621 sentenze di adozioni in casi particolari, circa la metà (306 sentenze) rientrano nella lettera d.

Da un punto di vista nazionale, i dati sull’adozione riferiti al 2021, quindi, fotografano una situazione importante: il numero di adozioni legittimanti è di poco superiore a quello dell’adozione per casi particolari.

L’adozione in casi particolari, pertanto, non sembra più costituire un’eccezione, ma rappresenta un canale percorso con sempre più frequenza significativa dai Tribunali anche tenuto conto che l’adozione speciale è consentita sia alle coppie conviventi che ai single.

Chi può adottare ?

Ancora oggi, possono fare richiesta di adozione nazionale ed internazionale solo le coppie sposate da almeno tre anni o che raggiungono questo periodo sommando alla durata del matrimonio il periodo di convivenza prematrimoniale, con un’età minima di venticinque. L’età massima per adottare un neonato è quarantacinque anni, mentre sale a sessantadue per un minore diciassettenne. Ma ancora: si deve godere di buona salute, avere una situazione economica stabile e una casa adeguata.

Sono ancora escluse le coppie di conviventi non uniti in matrimonio ed i single. Le coppie conviventi ed i single, infatti, possono rendersi disponibili all’affido di minori e possono fare richiesta di adozione “speciale” prevista dall’art. 44) della Legge 184/1983 in casi determinati e specifici. In particolare, la legge italiana permette alle coppie conviventi non sposate di fare domanda di adozione se:

  • sono unite al minore, orfano di padre e di madre, da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento;
  • vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo (si pensi ad un minore ormai quasi prossimo alla maggiore età, ovvero affetto da disturbi comportamentali, piuttosto che da serie patologie)
  • il minore presenti disabilità, vale a dire presenti minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali stabilizzate o progressive, che sono cause di difficoltà di apprendimento, di relazione o di emarginazione (ipotesi introdotta dall’art. 3 della Legge 104 del 1992); ricorderete il caso di Luca Trapanese, in questi giorni in tutti i cinema, che ha adottato una neonata affetta da sindrome di Down rifiutata da sette famiglie in lista d’attesa.

A differenza del modello di adozione piena, l’adottato mantiene il legame con la famiglia di origine ma è equiparato ai figli legittimi e concorre come altro figlio nella divisione ereditaria dei beni degli adottanti ed assume comunque il cognome dell’adottante anteponendolo al proprio, al pari di quanto accade nell’adozione ordinaria.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).