Adozione in casi particolari: quando il minore diventa parente anche della famiglia dell’adottante
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
“L’art. 55 della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui esclude, attraverso il rinvio all’art. 300, secondo comma, cod. civ., l’instaurarsi di rapporti civili tra il minore adottato in casi particolari e i parenti dell’adottante, vìola gli artt. 3, 31, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU. La rimozione della disposizione censurata nel suo rinvio all’art. 300, secondo comma, cod. civ non richiede coordinamenti sistematici, poiché, con riferimento alle relazioni parentali, è l’art. 74 cod. civ., come novellato nel 2012, che svolge tale precipua funzione La declaratoria di parziale illegittimità costituzionale non fa che rimuovere l’ostacolo legislativo che impediva di riferire il richiamo al figlio adottivo, di cui all’art. 74 cod. civ., al minore adottato in casi particolari. Tale esito consente, pertanto, l’espansione dei legami parentali tra il figlio adottivo e i familiari del genitore adottante che condividono il medesimo stipite”, la riforma della filiazione ha infatti ha “voluto garantire a tutti i figli a parità di condizioni, perché tutti i minori possono crescere in un ambiente solido e protetto da vincoli familiari, a partire da quelli più vicini, con fratelli e con i nonni”.
Questo è quanto deciso dalla Corte Costituzionale con la recentissima e importantissima sentenza n.79 depositata in data 28 marzo 2022.
Prima però di analizzare il caso e la decisione emessa risulta necessario ricordare come il legislatore ha disciplinato le adozioni.
Come già detto in un precedente blog, nel nostro ordinamento, oltre all’istituto ordinario dell’adozione del minore che si trova in stato di abbandono morale e materiale, la cosiddetta adozione legittimante, l’articolo 44 della legge 184/83 disciplina l’istituto dell’adozione in casi particolari. L’adozione in casi particolari è stata introdotta dalla legge per tutelare il diritto del minore alla famiglia in situazioni che non consentirebbero di giungere ad un’adozione piena ma nella quali, tuttavia, l’adozione rappresenta una soluzione opportuna ed auspicabile. L’art. 44 della legge sull’adozione disciplina pertanto, una tipologia di adozione applicabile ove non ricorrano i presupposti di abbandono morale e materiale. Tale disposizione normativa prevede ipotesi tassative: a) persone unite al minore da parentela fino al sesto grado, o legate da un rapporto stabile e duraturo quando il minore sia orfano di padre e di madre; b) il coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge; c) i minori orfani con minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali; d) quando vi sia la constatata impossibilità di un affidamento preadottivo. L’articolo 55 della legge sull’adozione poi, impone di applicare all’adozione in casi particolari le regole dettate dall’art.300 secondo comma cc, relativo all’adozione di maggiorenni, che stabilisce che l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.
Fatta questa premessa necessaria passiamo ora all’analisi del caso concreto.
La questione da cui deriva la pronuncia della Corte Costituzionale ha inizio con la nascita di una bambina con due papà. I due uomini si erano infatti sposati all’estero e avevano trascritto il matrimonio in Italia come unione civile, successivamente poi avevano intrapreso il percorso di fecondazione assistita, sempre all’estero, dalla quale nasceva la piccola. Il genitore intenzionale si era quindi rivolto al Tribunale per i Minorenni di Bologna chiedendo l’adozione ex art. 44 comma 1 lettera d) della figlia biologica dell’unito civilmente e per l’effetto il riconoscimento dei rapporti civili della minore con i propri parenti. Il giudice a quo, letto il ricorso, affermava di poter accogliere la domanda di adozione della minore secondo il disposto dell’adozione in casi particolari, tuttavia riteneva di non poter riconoscere, sulla base della legislazione vigente, i rapporti civili della bambina con i parenti del ricorrente quale effetto del vincolo adottivo.
Il Tribunale per i Minorenni pertanto, analizzata la questione e ravvisati dei profili di illegittimità, sollevava questioni di legittimità costituzionale dell’art.55 L 184/83 nella parte in cui, mediante il rinvio all’art. 300 secondo comma cc, stabilisce che l’adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l’adottato ed i parenti dell’adottante. Secondo infatti il Giudice a quo, la domanda del ricorrente poteva trovare accoglimento solo a seguito di una declaratoria di illegittimità costituzionale della norma sopra indicata. Secondo il giudice rimettente inoltre l’esclusione, nell’adozione in casi particolari, dei rapporti tra l’adottato ed i parenti dell’adottante, si trovava in contraddizione con agli articoli 3 e 31 della Cost. in quanto in contrasto con “il principio di parità di trattamento di tutti i figli, nati all’interno o fuori il matrimonio e adottivi, che trova la sua fonte costituzionale degli artt. 3 e 31 Cost, ed è stato inverato dalla riforma sulla filiazione e dal rinnovato art 74 cc che ha reso unico senza distinzioni il vincolo di parentela che scaturisce dagli status filiali con la sola eccezione dell’adozione del maggiorenne”.
Lette le motivazioni avanzate dal giudice a quo la Corte Costituzionale accoglieva le questioni ritenendole appunto fondate.
L’istituto dell’adozione in casi particolari, afferma la Corte, è stato introdotto dalla legge sull’adozione per far fronte a situazioni particolari, nelle quali versa il minore, che inducono a consentire l’adozione a condizioni diverse da quelle richieste per quella legittimante. Evidenzia poi la Corte che i minori adottati ex art 44 L 184/83 sono bambini che vivono situazioni che richiedono il potenziamento delle tutele e non di certo una riduzione. Si tratta infatti di minori per i quali la rete di rapporti familiari non è un privilegio quanto piuttosto il “doveroso riconoscimento giuridico di relazioni, che hanno una notevole incidenza sulla crescita e sulla formazione di tali minore e che non possono essere negate se non a costo di incidere sulla loro identità”. La Corte evidenzia inoltre che il legislatore unificando lo status dei figli ha sancito all’art. 315 cc che “tutti i figli hanno lo stesso status giuridico”, ed infine nel valorizzare i legami parentali conseguenti alla filiazione, ha disegnato un complesso di diritti e di doveri che fanno a capo ai parenti e che accompagnano il percorso di crescita del minore.
Secondo la Corte pertanto, il quadro normativo ad oggi in vigore afferma di fatto che il bambino adottato in casi particolari ha lo status di figlio, ciò nonostante, il minore si vede privato del riconoscimento giuridico della sua appartenenza al nucleo familiare allargato a causa del rimando alla disciplina dell’adozione di maggiorenni. Tale profilo risulta secondo la Corte irragionevole soprattutto considerato che l’adozione di maggiorenni, a cui rimanda l’articolo 55 L. 184/83, è stata disciplinata unicamente per esigenze patrimoniali e successorie, esigenze nettamente differenti da quelle che fondano la disciplina delle adozioni particolari.
La Corte Costituzionale afferma pertanto che “la norma censurata priva, in tal modo, il minore della rete di tutele personali e patrimoniali scaturenti dal riconoscimento giuridico dei legami parentali, che il legislatore della riforma della filiazione, in attuazione degli artt. 3, 30 e 31 Cost., ha voluto garantire a tutti i figli a parità di condizioni, perché tutti i minori possano crescere in un ambiente solido e protetto da vincoli familiari, a partire da quelli più vicini, con i fratelli e con i nonni”.
Alla luce quindi dell’ingiustificata privazione ai minori adottati ex art 44 L. 184/83 di tutte le tutele personali e patrimoniali che il legislatore con la riforma del 2012 aveva voluto garantire a tutti i figli senza più alcuna distinzione, a parità di condizioni, la Corte Costituzionale ha sancito la contraddittorietà della norma oggetto di censura agli artt. 3, 31 e 117 Cost. quest’ultimo in relazione all’art.8 CEDU e pertanto ha affermato l’illegittimità costituzionale “dell’art. 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui, mediante rinvio all’art. 300, secondo comma, del codice civile, prevede che l’adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante”.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.