Abuso dei mezzi di correzione o maltrattamenti? Il labile confine tra due reati contro la famiglia
(A cura dell’Avv. Stefania Crespi)
Una recente sentenza della Cassazione torna a trattare il tema del labile confine esistente tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti (Cass., 17 maggio 2022, n. 19425). All’imputato veniva contestato di impedire alla figlia di tenere relazioni sociali con i suoi coetanei, di svolgere qualunque tipo di attività extra scolastica, di uscire di casa da sola, nonché di essere sottoposta ad un controllo ossessivo ogni volta faceva rientro da scuola, giungendo a punirla con percosse quando non atteneva le regole impartite. Ad esempio quella di fare il tragitto a piedi da sola per evitare compagnie maschili; avvertirlo al telefono in caso di minimo ritardo. Le aveva altresì impedito di frequentare la scuola, minacciandola di picchiarla “fino alla morte”, se avesse disubbidito.
Nella ragazza si creava uno stato di paura e frustrazione che la induceva a denunciare i fatti ai propri insegnanti, affinché l’aiutassero e potesse essere affidata ad una struttura educativa.
Nell’ambito del processo di primo grado erano state sentite l’insegnante e la vice preside della scuola, secondo le quali alla studentessa era stata preclusa la partecipazione a gite scolastiche o ad altre proposte dell’istituto. Avevano riferito che nell’aprile del 2018 la ragazza aveva raccontato di essere stata picchiata dal padre che l’aveva tenuta in casa per due giorni, perché l’aveva vista per strada in compagnia di un ragazzo; aveva anche affrontando con atteggiamento minaccioso un professore per averla lasciare uscire da scuola con un ragazzo.
L’uomo veniva condannato per maltrattamenti in famiglia in primo e secondo grado. La difesa nel ricorso per cassazione pone in discussione la sussistenza di tale delitto, chiedendo di “derubricare” il fatto nel reato di abuso di mezzi di correzione ex art. 571 c.p.: le condotte del padre, preoccupato per la relazione che la figlia aveva iniziato con un coetaneo, erano state ispirate esclusivamente dalla preoccupazione di garantire una adeguata protezione alla ragazza che, invece, aveva percepito la situazione come un potenziale pericolo.
Secondo la Cassazione la Corte d’Appello, sul punto, ha presentato una motivazione incompleta e poco convincente, omettendo di scandagliare adeguatamente l’esatta portata dell’elemento psicologico, limitandosi a sostenere la presenza di un dolo generico, una “consapevolezza della portata lesiva della personalità altrui … aveva mostrato una forte carica aggressiva che non era riuscito a reprimere”; aveva finito solo per riconoscere come nelle sue iniziative l’imputato fosse stato fortemente condizionato da una “visione arcaica rigida e normativa della realtà”.
La difesa aveva richiesto la derubricazione del fatto tenuto conto che atteggiamenti violenti erano stati pochi ed isolati e si erano concretizzati in un breve arco di tempo subito dopo la scoperta della frequentazione della figlia con il “fidanzatino” e la Corte Territoriale – secondo la Cassazione – ha risposto in maniera sbrigativa: la sentenza, pertanto, è stata annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia per colmare le indicate lacune ed incongruenze motivazionali.
Ma qual è la differenza tra i due reati in esame?
Risponde di abuso di mezzi di correzione chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente; risponde, invece, di maltrattamenti chiunque maltratti una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o un’arte.
L’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche se sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma integra il più grave delitto di maltrattamenti.
Episodi di violenza nei confronti di un minore, pur reiterati ma occasionali, non sono sufficienti ad integrare il reato di maltrattamenti in famiglia, mancando l’elemento della prevaricazione della vittima.
E ciò poiché la fattispecie di cui all’art. 571 c.p. non presuppone necessariamente la reiterazione dei comportamenti: solo se l’impiego indebito di strumenti correttivi si ripete e, dunque, si viene a realizzare un regime di sistematica vessazione, potrà essere contestato il delitto di maltrattamenti per la cui integrazione è necessario un uso regolare di violenza, fisica e psicologica.
L’elemento differenziale tra i due reati non può, quindi, essere il grado di intensità delle condotte violente tenute dall’agente: l’uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito e configura sempre il reato di maltrattamenti in famiglia.
Avv. Stefania Crespi
Svolge la sua attività dal 1996 presso lo Studio Legale Ravaglia, dove ha maturato una consolidata esperienza e specifica competenza nel Diritto penale d’impresa, seguendo processi in tema di reati societari, finanziari, fallimentari, reati contro la pubblica amministrazione, responsabilità penale in ambito sanitario, nonché per violazioni del codice stradale.
Collabora da anni con lo Studio Legale Di Nella per i procedimenti penali concernenti i reati contro la famiglia.