Perde l’assegnazione della casa intestata all’ex marito se il giudice stabilisce il collocamento paritario
(A cura dell’Avv. Angela Brancati)
Il Tribunale di Roma ha così deciso con la pronuncia n. 4314/2024 nell’ambito di un procedimento di scioglimento del matrimonio incardinato dall’ex marito, il quale chiedeva che – fermo l’affidamento condiviso dei i minori – gli stessi venissero collocati paritariamente presso ciascun genitore, secondo un calendario che prevedeva 6 pernotti consecutivi con la madre e 8 pernotti sempre consecutivi con lui, e in via subordinata a settimane alterne ove venivano previsti 7 pernotti con un genitore e 7 pernotti con l’altro. Inoltre il padre proprietario esclusivo della casa familiare ne chiedeva la revoca dell’assegnazione, nella speranza di tornarne materialmente in possesso e di potervisi trasferire.
Il padre a fondamento della propria richiesta adduceva che di fatto a far data della separazione consensuale ove i figli affidati ad entrambi i genitori, venivano collocati prevalentemente presso la madre assegnataria dell’abitazione familiare di proprietà del marito, con ampio diritto di visita di quest’ultimo (8 pernotti consecutivi dalla madre e 6 pernotti consecutivi dal padre), la stessa madre non aveva mai rispettato la previsione degli 8 pernotti consecutivi di cui all’accordo di negoziazione, dal momento che i minori erano soliti trascorrere l’intero weekend presso i nonni materni o paterni. Sempre il ricorrente aggiungeva inoltre che la moglie, con doppia occupazione odontoiatra e tour operator, all’indomani della separazione aveva instaurato una convivenza more uxorio nella casa familiare, traendo benefici dalla nuova relazione.
Si costituiva in giudizio la moglie la quale se da un lato chiedeva la conferma come da accordo di negoziazione del regime di affidamento, collocamento prevalente presso di sè dei figli e conseguentemente assegnazione della casa familiare, dall’altro domandava una riduzione considerevole del calendario di visita paterno secondo lo schema del fine settimana alternato e del pernottamento infrasettimanale, con la previsione dell’aumento dell’assegno di mantenimento a carico del padre da quantificarsi in euro 1.600,00 mensili per entrambi i figli minori, fermo il riparto delle spese straordinarie così come concordato in sede di separazione.
La donna a fondamento della propria richiesta deduceva un’inadeguatezza del regime di collocamento e frequentazione a causa di un’asserita incapacità genitoriale paterna nonchè un’insufficienza dell’assegno di mantenimento alla luce delle aumentate esigenze dei figli e della posizione lavorativa dell’ex coniuge, negando altresì una convivenza con il suo attuale compagno presso l’abitazione coniugale.
All’esito dell’Udienza Presidenziale, il Presidente confermava le condizioni di cui alla separazione disponendo la nomina di un Consulente Tecnico di Ufficio al fine di approfondire le capacità genitoriali stante le reciproche deduzioni in tema di collocamento e diritto di visita.
Dall’espletamento della Consulenza emergeva in modo chiaro che la conflittualità coniugale era tutta incentrata su questioni prettamente economiche e legate all’assegnazione della casa familiare.
Ciò nonostante i figli, pur consapevoli che le difficoltà nella relazione tra i genitori ruotavano principalmente attorno al tema casa, riuscivano ad avere un accesso ampio ad entrambi i genitori, avendo maturato con essi un positivo e reciproco rapporto. Per tale motivo, non essendo stato possibile per il Consulente Tecnico esperire un tentativo di mediazione al fine di trovare un punto di incontro soprattutto rispetto al capitolo abitativo, lo stesso quanto al collocamento, non riteneva opportuno modificare l’assetto così come regolato dall’accordo di negoziazione assistita, anche alla luce dell’ampia frequentazione paterna consolidata sin dal 2017.
Depositato l’elaborato peritale, il Giudice Istruttore nelle more del deposito delle memorie istruttorie, fermo il regime dell’affidamento e del collocamento prevalente presso la madre, modificava parzialmente il calendario relativo alla frequentazione straordinaria dei figli per le vacanze estive e invernali, invitando altresì i genitori ad individuare uno specialista per garantire al figlio minore uno spazio psicoterapeutico.
Espletata la fase istruttoria, concessi i termini per le memorie conclusionali e di replica, il Giudice Istruttore rimetteva la causa al Collegio per la decisione. Tuttavia, il Collegio preso atto di un livello di alta conflittualità genitoriale soprattutto con riferimento alle questioni riguardanti la salute della figlia minore che la madre temeva essere affetta da un disturbo dello spettro autistico, reputava necessario procedere al loro ascolto con l’ausilio di uno psicologo.
I minori apparivano entrambi sereni, capaci di relazionarsi, ben inseriti nel gruppo dei pari e con prospettive future ben precise. Entrambi confermavano di trascorrere il tempo con i genitori come da accordo di separazione secondo lo schema 6 pernotti dal padre e 8 dalla madre, riferendo di un positivo rapporto sia con i genitori che con i loro nuovi compagni.
Chiamati anche ad esprimersi in relazione ad un ampliamento dei pernotti con il padre, entrambi i figli riferivano di come il calendario già in uso non si presentava difforme alla richiesta, trascorrendo già parecchio tempo con la figura genitoriale maschile, rispondendone pertanto positivamente.
Stante le risultanze emerse sia nel corso della CTU sia nel corso dell’udienza di ascolto dei minori, il Collegio non rinveniva motivazioni né prove atte a giustificare una restrizione del diritto di visita paterno, anzi. Il Tribunale riteneva opportuno un ampliamento, definendo così il collocamento paritario sulla base di uno schema che prevedeva 7 pernotti con ciascun genitore a settimane alterne e ciò sulla scorta delle dimostrazioni del padre, il quale nel corso del procedimento si dimostrava maggiormente adeguato con riferimento a questioni di salute della figlia, a differenza della madre che anche dopo gli approfondimenti diagnostici disposti dal Tribunale, continuava ad insistere negli scritti difensivi circa la neurodiversità della figlia, sebbene clinicamente smentita.
Quanto all’assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva del ricorrente, il Tribunale di Roma prendeva le mosse dall’assunto secondo cui il collocamento paritetico della prole non poteva comportare automaticamente la revoca dell’assegnazione della casa familiare all’altro genitore. La valutazione doveva compiersi con riferimento alle esigenze e al miglior interesse dei minori che avrebbero vissuto un mutamento della loro quotidionità stante il subentro dell’altro genitore nella casa fino ad allora abitata, nel caso di specie dalla madre.
Il Tribunale di Roma nel caso di specie, alla luce delle risultanze istruttorie e appurato che la resistente godesse comunque di un altro immobile di cui risultava nuda proprietaria, non considerava maggiormente tutelante per i minori mantenere ferma l’assegnazione dell’abitazione alla madre a fronte della loro frequentazione paritaria. Per tale motivo disponeva la revoca dell’assegnazione alla madre dell’abitazione familiare disposta in separazione in favore del padre, il quale sarebbe rientrato in godimento dell’immobile trascorsi 90 giorni dalla pubblicazione della sentenza.
Il Collegio si uniformava a quanto già precedentemente statuito sul tema statuito nella sentenza della Corte di Cassazione n. 5738/2023 secondo la quale “l’assegnazione della casa familiare s’impone ogni qual volta vi sia stato un radicamento del minore presso un habitat preciso all’interno del quale lostesso è cresciuto, e, come nella specie, ha condotto i primi e decisivi anni della sua vita prima con entrambi i genitori e successivamente, a seconda delle determinazioni convenzionali o giudiziali, unitamente al genitore collocatario. La scelta di far conseguire all’affido condiviso una frequentazione sostanzialmente paritetica del minore con i genitori non esclude, di conseguenza a quale dei genitori verrà assegnata la casa familiare e nell’ipotesi in cui s’intenda procedere ad una revoca e conseguente mutamento dell’assegnazione, è necessario indicarne le ragioni in funzione dell’esclusivo interesse del minore”.
Considerato, infine, che il collocamento paritetico non era solo per ciò utile a giustificare il mantenimento diretto dei minori da parte di ciascun genitore, dovendosi sempre comparare le condizioni economiche degli ex coniugi, il Tribunale stante anche la dimostrata disponibilità da parte del padre a continuare a corrispondere alla madre un assegno per il mantenimento dei figli, statuiva che l’uomo versasse all’ex moglie un assegno perequativo mensile pari ad euro 1.200,00 (euro 600,00 per ciascun figlio), oltre al contributo per le spese straordinarie nella misura del 60%.
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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.
Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.
Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.