Revisione dell’assegno divorzile: solo se le circostanze sopravvenute hanno alterato gli equilibri economici
(A cura dell’Avv. Maria Zaccara)
“In tema di revisione dell’assegno divorzile, il Giudice, a fronte della prova di circostanze sopravvenute sugli equilibri economici della coppia, non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma deve verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato gli equilibri sanciti dall’assetto economico patrimoniale dato dalla sentenza di divorzio e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale.”
Tale principio è stato confermato dall’Ordinanza n. 21051/2022 pubblicata in data 1 luglio 2022.
Il caso di specie trae origine dal decreto della Corte d’Appello di Messina che rigettava la domanda del marito di revoca dell’assegno divorzile in favore della moglie, che nel frattempo aveva venduto la casa in cui abitava con la figlia, in quanto i Giudici ritenevano che la situazione economica della stessa non poteva dirsi migliorata per effetto della vendita dell’immobile di sua proprietà, dal momento che la resistente non aveva fatto altro che sostituire un bene ad un altro bene.
Avverso tale pronuncia il marito proponeva reclamo, che i Giudici di merito accoglievano parzialmente e, per l’effetto, riducevano l’assegno divorzile della moglie.
La Corte rilevava, infatti, che alla monetizzazione dell’immobile costituente casa familiare in costanza di matrimonio cedutole pro-quota nell’ambito degli accordi presi nel giudizio di divorzio, di per sé non rilevante ai fini della revisione dell’assegno e poi dalla stessa venduto, si era accompagnata la sopravvenuta disponibilità della nuda proprietà di un appartamento ove la stessa si era nel frattempo trasferita con la figlia, per concessione gratuita da parte del di lei padre, titolare dell’usufrutto. Detta sopravvenuta disponibilità aveva reso possibile la vendita della casa familiare.
Inoltre, dal momento che la disponibilità di una nuova abitazione costituiva un incremento economico una tantum, sebbene per sua natura inidoneo a dare luogo ad autosufficienza economica stabile e consolidata dell’ex moglie, tale circostanza poteva in ogni caso incidere sulla misura dell’assegno divorzile, che veniva, di conseguenza, ridotto.
Avverso tale decreto, proponeva ricorso per Cassazione la moglie che deduceva l’erroneità della decisione impugnata per aver considerato sopravvenuta, ai fini dell’adeguamento dell’assegno divorzile, una circostanza preesistente alla sentenza che aveva dichiarato il divorzio e, addirittura, coeva al procedimento di separazione personale.
La suprema Corte di Cassazione riteneva tale motivo infondato.
Gli Ermellini, infatti, consideravano che dal tenore letterale dell’art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 si evince che la revisione dell’assegno divorzile può essere disposta solo quando, dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento del vincolo matrimoniale, sopravvengano circostanze nuove che mutino le condizioni economiche delle parti.
Inoltre, per consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di revisione dell’assegno divorzile, il giudice, a fronte della prova di circostanze sopravvenute sugli equilibri economici della coppia, non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma deve verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato gli equilibri sanciti dall’assetto economico patrimoniale dato dalla sentenza di divorzio e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale.
Nella specie, ai fini della verifica dei presupposti per la revisione dell’assegno divorzile, la Corte d’appello ha ritenuto di valutare in correlazione la sopravvenuta vendita della casa familiare, casa che in sede di divorzio le era stata assegnata per destinarla a residenza sua e della figlia, con il sopravvenuto trasferimento e l’utilizzazione a fini residenziali della casa concessale gratuitamente dal padre, usufruttuario dell’immobile cui la stessa era solo nuda proprietaria.
Nella correlazione fra l’acquisizione della liquidità finanziaria conseguente alla vendita della casa e nella contestuale fruizione gratuita dell’abitazione, la Corte d’Appello di Messina aveva individuato un fatto sopravvenuto idoneo a determinare un miglioramento delle condizioni patrimoniali della moglie rispetto a quelle valutate in sede di divorzio tale da giustificare l’accoglimento della domanda di revisione nell’importo statuito.
Per questi motivi la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente alle spese.
Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.
Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.