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Convivente violento

Come richiedere l’allontanamento del convivente violento?

(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)

Il giudice civile, grazie ad un procedimento appositamente introdotto nell’anno 2001 (con la legge n. 154/2001), ha facoltà di tutelare il familiare convivente vittima di violenza dalla condotta pregiudizievole dell’altro qualora si è in presenza di un grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà del primo. Si tratta dei c.d. ordini di protezione contro gli abusi familiari che il giudice può emettere nei confronti del convivente violento.

Si pensi ai casi di aggressione all’incolumità fisica, violenza morale, psicologica, economica, costrizioni, minacce, maltrattamenti, abusi sessuali, privazione e menomazione della libertà di movimento o di determinazione.

Gli ordini di protezione hanno lo scopo principale di allontanare il coniuge/compagno violento dalla casa familiare, e possono essere emessi, secondo giurisprudenza costante, anche a convivenza già cessata, proprio per garantire l’effettiva tutela del convivente maltrattato e ripristinare la sua sfera di libertà, già profondamente compromessa. “Nonostante l’allontanamento volontario dalla casa familiare del coniuge abusato, in attesa della definizione del procedimento, resta impregiudicato nel medesimo l’interesse all’ottenimento dell’invocato ordine di protezione” (Tribunale di Bari, 11.4.2013; cfr. pronunce conformi: Tribunale di Salerno, 13 aprile 2012; Tribunale di Padova, 31 maggio 2006; Tribunale di Genova, decreto 11.1.2016; Tribunale di Milano, decreto 3.6.2022).

In particolare, l’art. 342-bis c.c. prevede che il giudice civile, su ricorso di una parte in via autonoma o contestualmente alla domanda di separazione/divorzio o di regolamentazione della fine della convivenza tra genitori non coniugati, possa adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui al successivo art. 342-ter c.c. qualora la condotta del coniuge o di un altro convivente sia di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altro coniuge o convivente. Anche il partner dell’unione civile può richiedere al giudice di adottare tali provvedimenti, grazie al richiamo esplicito a tale istituto operato dalla riforma in materia di unione civile e di convivenze di fatto (l. n. 76/2016).

Secondo la giurisprudenza, per richiedere una siffatta misura è sufficiente che la condotta dell’abusante integri uno solo degli eventi descritti all’art. 342 ter c.c.

Ma quali sono i contenuti che possono assumere gli ordini di protezione? Cosa il giudice può ordinare al convivente violento?

– cessare la condotta pregiudizievole;

– allontanarlo dalla casa familiare e, se occorre, da luoghi specificatamente individuati abitualmente frequentati dalla vittima (luogo di lavoro, case dei propri familiari, istituti scolastici in cui sono iscritti i figli).

Il giudice, infatti, su ricorso della vittima, ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole.

Se occorre, il giudice può disporre l’intervento dei servizi sociali del territorio, o di un centro di mediazione familiare, o di associazioni che hanno come fine primario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati (art. 342-ter comma 2 c.c); può disporre il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare, rimangono prive di mezzi adeguati. Si pensi, ad esempio, alla circostanza in cui il soggetto maltrattante è l’unico percettore di reddito e, verosimilmente, con l’allontanamento di quest’ultimo verrebbe meno anche il sostentamento della famiglia. Il giudice fissa la modalità e i termini del versamento, e prescrive, se del caso, che la somma sia versata direttamente dal datore di lavoro, il quale può poi detrarla dalla retribuzione spettante all’obbligato.

Il termine massimo di durata di tale protezione non può essere superiore a un anno che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dell’ordine di protezione, termine che può essere prorogato anche oltre il termine massimo di un anno, ma solo per il tempo strettamente necessario e qualora ricorrano gravi motivi.

Il provvedimento di cui sopra, che assume la veste di un decreto, può essere assunto dal Tribunale inaudita altera parte, che significa immediatamente sulla mera proposizione del ricorso della vittima qualora vi siano elementi d’urgenza tale da ritenere che una rituale istaurazione del contraddittorio potrebbe arrecare maggior pregiudizio alla ricorrente ovvero, a seguito di istaurazione del contraddittorio con l’altra parte, consentendo, dunque, a quest’ultima di difendersi rispetto alle prospettazioni rese dal ricorrente.

In caso di provvedimento reso “inaudita altera parte” e, dunque, senza preventivamente sentire le ragioni e la versione della controparte, all’udienza di comparizione il giudice potrà confermare, revocare oppure modificare l’ordine di protezione che aveva precedentemente emanato inaudita altera parte.

L’istituto dell’ordine di protezione contro gli abusi familiari è rispettoso anche dell’art. 52 della Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia con legge 77/2013 – primo strumento giuridico vincolante in materia di violenza contro le donne e violenza domestica – che riconosce all’Autorità giudiziaria la facoltà di vietare all’autore di violenza domestica, in situazione di pericolo immediato, l’accesso al domicilio della vittima e di riavvicinarvisi nuovamente.

Author Profile

Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.

Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.

È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.