MANTENIMENTO CONFERMATO PER IL FIGLIO MAGGIORENNE IMPEGNATO NELLA FORMAZIONE PROPEDEUTICA AL LAVORO.
(A cura della Dott.ssa Elisa Cazzaniga)
L’approfondimento odierno in tema di obbligo di contribuzione al mantenimento del figlio maggiorenne trae spunto dalla decisione n. 25622 del 18 settembre 2025 con cui la Corte di Cassazione ha ribadito che “nel giudizio di revisione delle condizioni della separazione, nel quale il giudice deve accertare la sussistenza di fatti nuovi rilevanti tali da incidere sull’equilibrio economico tra le parti, in tema di mantenimento del figlio maggiorenne può farsi ricorso a presunzioni, una delle quali è collegata all’età, da intendersi quale semplificazione probatoria in favore del genitore, ma tale strumento non opera qualora la Corte di merito, come nella fattispecie, abbia verificato che il figlio si trovava nella fase finale della formazione che gli avrebbe consentito l’inserimento nel mondo del lavoro, necessitando, pertanto, ancora di un supporto economico da parte del padre. Tale valutazione di merito fondata, in diritto, su una corretta lettura del combinato disposto degli artt. 315-bis e 337- septies c.c., in virtù dei quali l’obbligo di mantenimento da parte dei genitori non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, ma termina solo nel momento in cui il figlio consegue l’autonomia economica, o avrebbe dovuto raggiungerla secondo i paramenti di una diligente condotta da accertare con riferimento al caso concreto, non è sindacabile in sede di legittimità.”
Nel 2020 il Tribunale di Roma pronunciava una sentenza di separazione personale dei coniugi in cui i figli minorenni venivano collocati prevalentemente presso la madre con conseguente assegnazione della casa famigliare ed altresì veniva posto a carico del marito l’onere di corrispondere € 1.800,00 mensili di cui € 800,00 per il mantenimento della moglie e € 1.000,00 quale contributo al mantenimento dei due figli, oltre ISTAT e oltre al 70% delle spese straordinarie.
Nel 2023 l’uomo adiva il Tribunale di Roma chiedendo la modifica del provvedimento precedentemente assunto con revoca del mantenimento al figlio maggiorenne divenuto economicamente autosufficiente e revisione degli obblighi nei confronti della moglie e del secondo figlio. In tale sede la prima domanda veniva accolta, mentre le altre venivano respinte poiché gli importi erano ritenuti congrui nonostante la ridotta capacità economica del ricorrente, che nelle more era andato in pensione.
Il marito impugnava tale provvedimento avanti la Corte di Appello di Roma che, in parziale accoglimento del reclamo, riduceva l’assegno di mantenimento per la moglie respingendo, però, la richiesta di elisione del contributo per il figlio motivando che il ragazzo si trovava nel periodo conclusivo dei propri studi propedeutici all’inserimento professionale e che, proprio per questo, necessitava del sostegno economico paterno. Tale contributo, infatti, veniva considerato come decisivo per permettere al ragazzo di conseguire il titolo di studio propedeutico al lavoro in tempi più celeri rispetto a quelli di cui avrebbe necessitato come studente-lavoratore in assenza del sostegno paterno.
Anche tale decisione veniva impugnata dall’uomo, ma la Corte di Cassazione dichiarava il ricorso inammissibile.
In primo luogo, la Suprema Corte spiegava che nei procedimenti di revisione delle condizioni di separazione il giudice di merito deve unicamente accertare la presenza di fatti nuovi di entità tale da incidere sull’equilibrio economico posto alla base della separazione, non dovendo procedere con una nuova comparazione dei redditi e delle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Sul punto gli Ermellini affermavano che l’operato della Corte di Appello era stato conforme a tale principio ed anche adeguatamente motivato con la conseguenza che, trattandosi di una valutazione fattuale, non era possibile sollecitarne la revisione in sede di legittimità.
In secondo luogo, dato che la Corte di Appello aveva confermato il contributo al mantenimento del figlio maggiorenne in procinto di terminare gli studi, la Cassazione tornava a pronunciarsi sul punto chiarendo preliminarmente che i fatti nuovi sopravvenuti rispetto a quelli valutati dal giudice di secondo grado ed in particolare l’inserimento del figlio nel mondo del lavoro non potevano essere valutati in sede di legittimità ma al più dovevano essere posti a fondamento di nuovo giudizio di modifica delle condizioni di separazione.
Successivamente la Suprema Corte si concentrava sulla sussistenza o meno di un affievolimento del diritto del figlio all’assegno in vista dell’autosufficienza economica. Veniva chiarito che la possibilità di far ricorso a delle presunzioni, tra cui certamente quella dell’età, non comporta un affievolimento del diritto, bensì solo una semplificazione probatoria in favore del genitore che può far riferimento al decorso del tempo che opera contro il diritto al mantenimento a seconda se il figlio sia prossimo o lontano dalla minore età.
Nel caso di specie questa presunzione veniva superata dall’accertamento fattuale operato dalla Corte di Appello che verificava dal punto di vista fattuale, e dunque insindacabile in sede di legittimità, che il ragazzo era in procinto di terminare gli studi e necessitava ancora di essere supportato economicamente dai genitori e dal padre. Questo poiché, come noto, il diritto al mantenimento non cessa con il raggiungimento della maggiore età ma termina solamente nel momento in cui il figlio raggiunge l’autonomia economica o, quantomeno, avrebbe dovuto raggiungerla tenendo una condotta diligente da accertare sempre nel caso concreto.
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