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L’assegnazione della casa familiare non può essere revocata se il minore viene condotto altrove temporaneamente.

(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)

L’assegnazione dell’abitazione non può essere esclusa solo perché il minore è stato condotto a vivere altrove in quanto è decisivo accertare la ragione dell’allontanamento onde verificare se esso sia avvenuto solo temporaneamente o in via definitiva.

Quanto sopra è stato sancito dalla recentissima Ordinanza n. 24754/2025 emessa dalla Corte di Cassazione in data 8 settembre 2025.

Il caso oggi in esame trae origine dal ricorso per la regolamentazione dell’affido e del mantenimento di una minore depositato nel febbraio 2022 avanti il Tribunale di Roma. Nel mese di gennaio 2023, terminata l’istruttoria, il Tribunale emetteva provvedimento con il quale, visti i comportamenti aggressivi del padre, affidava la minore in via esclusiva alla madre e disponeva incontri protetti tra la minore e l’altro genitore incaricando il Servizio Sociale territorialmente competente a regolamentare e organizzare le visite in spazio neutro e l’accompagnamento della relazione padre-figlia verso l’autonomia. Il Tribunale inoltre, disponeva l’assegnazione della casa familiare, di proprietà esclusiva del padre, alla madre affinché la figlia continuasse a viverci intimando l’uomo di allontanarsene entro un mese dall’emissione del provvedimento. Veniva infine, posto a carico del padre l’onere di contribuire al mantenimento della figlia tramite il versamento dell’importo mensile di € 300,00 oltre al 50% delle spese straordinarie.

Avverso tale provvedimento il padre proponeva reclamo chiedendo l’affido condiviso della minore, la liberalizzazione degli incontri, l’assegnazione a sé della casa familiare e la riduzione del contributo al mantenimento ordinario e straordinario per la figlia. Il ricorrente fondava la richiesta di revoca dell’assegnazione sul fatto che alcuni mesi prima dell’instaurazione del procedimento di primo grado la madre aveva lasciato, portando con sè la figlia, l’immobile trasferendosi in altre abitazioni (dalla nonna e dalla zia) e che la minore aveva pertanto abitato, quella che era stata definita come casa familiare, per soli 18 mesi.

La Corte d’Appello, letto il reclamo dell’uomo, confermava tutte le statuizioni di primo grado ad eccezione dell’assegnazione dell’abitazione alla madre che veniva revocata. Secondo il giudice di secondo grado infatti, era rilevante l’assenza di ragioni accertate circa la cessazione della convivenza risultando pertanto, immotivato l’allontanamento dalla casa della donna insieme alla figlia prima dell’instaurazione del procedimento di primo grado. In assenza infatti, di informazioni circa eventuali procedimenti penali a carico del marito, ai fini dell’assegnazione dell’abitazione, era rilevante il fatto che la minore aveva vissuto presso l’abitazione famigliare per soli 18 mesi e che da allora aveva vissuto presso altre soluzioni, recidendo così il legame di familiarità e abitualità con l’ambiente domestico. Secondo la Corte territoriale, quanto sopra determinava l’assenza dei presupposti di tutela del minore sui quali si fonda l’assegnazione della casa “familiare”.

Avverso la decisione di secondo grado la donna proponeva ricorso in Cassazione con il quale deduceva la violazione dell’articolo 132 cpc per non aver, la Corte territoriale, tenuto conto dell’interesse della minore, la violazione dell’articolo 111 Cost. per aver, il giudice di secondo grado, fornito una motivazione illogica e irragionevole circa la revoca dell’assegnazione nonché lamentava la mancata considerazione del fatto che la minore, a seguito del provvedimento di primo grado immediatamente esecutivo e mai sospeso, era rientrata nella casa familiare.

Letto il ricorso, la Corte di Cassazione lo dichiarava fondato.

Gli Ermellini chiarivano infatti, che la destinazione di un immobile a casa familiare del minore non può essere esclusa solo perché quest’ultimo sia stato condotto altrove da uno dei genitori. Ciò che rileva, ai fini dell’assegnazione, è accertare la ragione dell’allontanamento, al fine di verificare se esso sia avvenuto in via temporanea oppure definitiva. Come infatti, più volte ribadito dalla giurisprudenza, la qualificazione giuridica di un immobile come “casa familiare” presuppone che, prima del conflitto tra i genitori, vi fosse un utilizzo stabile e continuativo dello stesso da parte del nucleo familiare e che tale destinazione sia stata impressa non solo in astratto, ma anche in concreto, mediante la convivenza nell’abitazione.

La Corte, applicando tali principi, affermava pertanto che nel caso di specie, considerata la destinazione a casa familiare dell’immobile in oggetto, mai contestata dalle parti, e considerato che la minore, dalla nascita sino alla crisi familiare, aveva sempre abitato presso di esso, il Giudice di secondo grado avrebbe dovuto escludere la rilevanza, ai fini del mutamento della destinazione, del temporaneo allontanamento della minore. Tale allontanamento, infatti, non poteva ritenersi definitivo, ma andava ricondotto ai contrasti insorti tra i genitori, anche in ragione del fatto che le motivazioni fornite dalla madre circa il “trasferimento” temporaneo non erano mai state contestate.

Alla luce di ciò, né le diverse abitazioni occupate temporaneamente dalla minore in attesa delle decisioni giudiziali, né la durata della permanenza presso l’immobile familiare potevano incidere sull’assegnazione. Pertanto, la Corte di Cassazione, rilevando l’errore in cui era incorsa la Corte d’Appello nel disporre la revoca dell’assegnazione, cassava la decisione di secondo grado e rinviato la causa alla Corte territoriale.

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.

Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.