Il minore ha meno di 12 anni? L’ascolto da parte del giudice non è obbligatorio.
(A cura dell’Avv. Alice Di Lallo)
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32214 pubblicata l’11 dicembre 2025, si pronuncia sul ricorso di un padre che lamentava che i giudici di merito avessero rigettato le proprie richieste di collocamento del figlio senza procedere ad una CTU e al di lui ascolto anche se di età inferiore a dodici anni.
Nel caso di specie, il Tribunale di Roma, a definizione di un procedimento relativo alla regolamentazione della responsabilità genitoriale sul figlio nato da genitori non coniugati, disponeva l’affido del minore di anni 4 in via condivisa ad entrambi i genitori con collocamento prevalente presso la madre, prevedendo un diritto di visita paterno su weekend alternati, un pomeriggio a settimana, un pernotto nella settimana il cui weekend era di competenza materna.
La Corte d’Appello, su reclamo del padre che richiedeva il collocamento del figlio in via prevalenza su di sé, confermava il collocamento del figlio dalla madre ampliando il diritto di visita paterno solo durante il periodo estivo.
La Corte d’Appello decideva senza dar corso ad una consulenza tecnica d’ufficio richiesta, invece, dal padre, ritenendo non necessaria un’ulteriore istruttoria. Del pari, la Corte – vista l’età del bambino e la mancata richiesta da parte dei genitori – non procedeva all’ascolto del minore.
Il padre ricorreva in Cassazione ritenendo tale decisione illegittima perché assunta senza che fosse dato ingresso ad una consulenza tecnica d’ufficio e senza che il minore fosse stato ascoltato né direttamente dal giudice né in modo mediato da un consulente tecnico – minore che aveva espresso la volontà di privilegiare la frequentazione paterna.
Ma la Corte di Cassazione rigetta il ricorso perché inammissibile ed infondato.
Con riferimento al mancato ingresso di una consulenza tecnica, i giudici ribadiscono che la CTU non è un mezzo di prova ma è un atto che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti ovvero fonte di prova per l’accertamento dei fatti da cui è possibile trarre il fatto storico rilevato dal consulente. Spetta al giudice, e solo al giudice, decidere se avvalersi, o meno, di tale strumento.
I giudici di merito, in questo caso, avevano ritenuto la CTU superflua perché le risultanze istruttorie basate anche su relazioni dei Servizi, davano atto di una serenità del minore in tutti gli ambiti, sociali, scolastici, affettivi ritenendo, quindi, sufficiente la valutazione effettuata da professionisti su fatti concreti accertati nel contraddittorio delle parti.
E anche rispetto alla censura mossa dal padre ai giudici di merito, rei di non aver ascoltato il minore, la Corte di Cassazione afferma che il giudice che deve adottare provvedimenti riguardanti il minore non può decidere senza ascoltare quest’ultimo se il minore sia capace di discernimento e quindi capace di esprimere una propria opinione sulla questione che lo interessa, a meno che l’ascolto sia contrario all’interesse del minore o manifestamente superfluo.
Nello specifico, se il minore ha più di dodici anni, la capacità di discernimento si presume. Se ha un’età inferiore, il giudice deve sentirlo solo se lo ritiene capace di discernimento. Di fronte ad una specifica richiesta di sentire il minore infradodicenne, il giudice, se non intende sentirlo, dovrà argomentare la propria motivazione pena la nullità della intera decisione.
Non vi è un obbligo di ascolto del minore infradodicenne, né alcuna motivazione è necessaria quando nessuna delle parti chieda di procedere all’ascolto e il giudice non vi provveda. Nel caso di specie i giudici di merito non erano obbligati all’ascolto del minore prima di tutto perché aveva solo quattro anni e non erano neppure obbligati a motivare la loro decisione di non ascoltarlo perché alcun genitore aveva chiesto di sentirlo.
La Riforma Cartabia (D.lgs. 149/2022) ha introdotto nel codice di procedura civile una disciplina più chiara e stringente sull’ascolto del minore, riconoscendolo come un vero e proprio diritto soggettivo. Il minore, infatti, non è solo oggetto di protezione, ma è un soggetto titolare di diritti, con la possibilità di esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano.
Sono stati, infatti, introdotti gli artt. 473-bis.4, 473-bis.5 e 473-bis.45, che disciplinano in modo dettagliato le modalità di ascoltoche deve avvenire con modalità idonee a garantire la tranquillità del bambino, evitando contatti con eventuali autori di violenza o abusi.
Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.
Da sempre interessata alla tematica dei diritti umani e delle persone, dopo un’esperienza presso la Prefettura di Milano – Sportello Unico dell’Immigrazione, ha iniziato la pratica forense nello Studio Legale Di Nella dove, nell’ottobre 2014, è diventata Avvocato, del Foro di Milano. Si occupa di diritto civile, in prevalenza di diritto di famiglia, italiano e transnazionale, delle persone e dei minori, e di diritto dell’immigrazione.
Dal 2011 collabora con la rivista giuridica on line Diritto&Giustizia, Editore Giuffrè, su cui pubblica note a sentenza in tema di diritto di famiglia e successioni e dal 2018 pubblica note a sentenza anche sul portale online ilfamiliarista.it, Editore Giuffrè.
È socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori). Svolge docenze nei corsi di formazione e approfondimento per ordini e associazioni professionali ed enti privati, partecipando anche a progetti scolastici su temi sociali e civili.









