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L’ex non deve restituire le somme ricevute se la scrittura privata non prevede un espresso impegno alla restituzione.

(A cura dell’Avv. Angela Brancati)

Con la sentenza n. 1879/2025 pubblicata il 27 gennaio 2025 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una donna che chiedeva la restituzione di una somma di denaro che la stessa deduceva aver concesso in prestito all’ex. Per gli Ermellini, infatti,  la richiedente non aveva diritto a vedersi restituito il denaro perché in occasione della dazione l’ex aveva anni prima sottoscritto una mera dichiarazione con la quale dava atto che la donna gli aveva dato parte dei di lei risparmi, senza però specificare che lo stesso fosse poi tenuto alla restituzione. Dalla dichiarazione nulla emergeva infatti con riferimento alla necessità per l’uomo di restituire le somme. 

La vicenda in particolare prendeva le mosse da una scrittura privata siglata nel febbraio 2004 da due conviventi poi divenuti coniugi in forza della quale, il compagno dichiarava di aver ricevuto dall’allora compagna, poi divenuta moglie l’importo di €88.000,00, di cui €55.000,00 per il completamento di opere di ristrutturazione ed acquisto dell’arredamento dell’immobile in cui viveva l’uomo, ed € 33.000,00 per l’acquisto di una mansarda. Nello specifico nella scrittura privata si leggeva che la sua convivente more uxorio “aveva messo 55 Mila euro dei suoi risparmi per il completamento di opere edili, idrauliche e di arredamento della villa oltre ad avergli dato 33 Mila euro per l’acquisto di parte di una mansarda”.  

Trascorsi degli anni e cessata la convivenza matrimoniale, la moglie depositava ricorso per decreto ingiuntivo rilevando di essere creditrice nei confronti del marito per complessivi €88.000,00 sulla scorta di tale scrittura privata siglata anni prima e che la stessa ai fini del fondamento della pretesa elevava ad atto di ricognizione del debito. 

Accolto il ricorso e notificato il decreto con il quale il Tribunale di Savona ingiungeva al marito la restituzione delle somme percepite dalla moglie, l’uomo si opponeva sostenendo che il denaro ricevuto era stato di fatto destinato al di lui genitore essendo gli immobili – la Villa e la mansarda – di proprietà del padre. 

L’opponente, inoltre, aggiungeva che in sede di accordo di separazione consensuale, intervenuto prima della richiesta restitutoria, era stata inserita una clausola nella quale entrambi dichiaravano reciprocamente di non avanzare alcuna altra pretesa economica l’uno dall’altro e che con l’accordo di separazione era stata risolta ogni questione economica tra loro pendente.

Valutate le rispettive posizioni, Il Tribunale di Savona rigettava l’opposizione dell’uomo al decreto ingiuntivo della donna ma a fronte dell’atto di appello dell’uomo

il giudice di seconde cure accoglieva l’impugnazione formulata. 

La Corte d’Appello di Genova, infatti, sosteneva che la scrittura privata posta a fondamento della pretesa della ex moglie non poteva essere elevata ad atto di ricognizione del debito da parte dell’ex marito in quanto recante solo ed esclusivamente il riconoscimento “di due fatti”, avendo la ex convivente messo a disposizione una somma di denaro per sostenere spese relative ad immobili di quello che sarebbe diventato di li a breve il suocero e non a favore del marito stesso. 

La donna, aggiungeva la Corte territoriale, non aveva dato alcuna prova che il soggetto chiamato a restituire le somme sarebbe dovuto essere il marito e non l’ex suocero, nei confronti del quale la ricorrente avrebbe di fatto dovuto agire per il recupero del credito, poiché soggetto beneficiario delle somme. 

I giudici di seconde cure ritenevano altresì che anche laddove la scrittura privata fosse stata considerata quale ricognizione del debito, la rinuncia espressa formulata dalla moglie in sede di separazione, le impediva di fatto di azionare quel titolo nei confronti del marito.

Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione la ex moglie denunciando con il primo motivo che la Corte genovese avesse errato nel non ritenere la scrittura privata quale di atto di ricognizione del debito sulla base della mera assenza di una esplicita dicitura dell’obbligo di restituire le somme. 

I giudici secondo la ricorrente avevano altresì errato nel non considerare dirimente ai fini della natura della scrittura privata la presenza di una lettera da lei spedita al marito nel settembre del 2016, dalla quale poteva dedursi che la stessa non fosse a conoscenza dell’altrui proprietà e che il prestito effettuato fosse servito per affrontare la ristrutturazione dell’abitazione dell’uomo e per l’acquisto di una mansarda senza alcun riferimento al suocero. Stante l’estraneità della donna, quest’ultima legittimamente aveva chiesto la restituzione al marito e non al suocero. 

Con il secondo motivo lamentava vizi di ragionamento e/o errori di diritto per errata applicazione dei criteri interpretativi del processo logico condotto dalla Corte territoriale con riferimento alla mancanza di legittimazione passiva dell’ex marito. Avendo costui sottoscritto la dichiarazione e valendo la stessa quale ricognizione del debito a favore della moglie, era nei confronti del dichiarante che la pretesa doveva essere fatta valere. 

Con il terzo motivo la ricorrente censurava la sentenza impugnata nella parte in cui riconosceva come estintiva di qualsiasi posizione di debito/credito, la dichiarazione reciproca effettuata dai coniugi in sede di giudizio di separazione consensuale. La donna, invero, sosteneva che la Corte avesse errato nel ragionamento logico avendo dedotto dalla dichiarazione resa dai coniugi in separazione ove nulla si diceva in ordine alla specifica scrittura privata di ricognizione del debito, che gli stessi avessero rinunciato a vantare qualsiasi pretesa anche sulla stessa.

La Corte di Cassazione riteneva il ricorso nella sua interezza inammissibile. In particolare, analizzando il primo motivo di ricorso, poi assorbente tutti gli altri, gli Ermellini basando tutto il ragionamento sulla natura della scrittura privata siglata nel febbraio 2004 dall’allora convivente poi divenuto coniuge, al pari della Corte territoriale sostenevano come questa recava solo il riconoscimento di due fatti, senza che dal testo emergesse il riconoscimento di un obbligo alla restituzione delle somme a favore della donna in futuro o in presenza di determinate condizioni. La Corte d’Appello di Genova correttamente riteneva che la scrittura si limitasse a descrivere una situazione di fatto senza contenere alcun riconoscimento alla restituzione. Non poteva essere data, invero, una diversa interpretazione secondo i criteri dettati dalla stessa ricorrente, dovendo solo farsi riferimento ai criteri ermeneutici in materia di negozi unilaterali. Dalla dichiarazione dell’uomo pertanto null’altro avrebbe potuto dedursi in ordine ad una volontà restitutoria. 

La Corte pertanto non accogliendo nessuna delle censure proposte dalla donna, dichiarava inammissibile il ricorso condannandola a rifondere all’ex marito le spese legali.   

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Al centro del nostro lavoro c’è la persona. Studio Legale Di Nella è specializzato nel Diritto delle Famiglie, Diritto Internazionale della Famiglia, Diritto Collaborativo, Diritto della Persona, Diritto dei Minori, Diritto Penale Minorile, Sottrazioni internazionali dei Minori, Diritto delle Successioni e Donazioni e Diritto dell’Immigrazione.

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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Parma nel 2016, con tesi in diritto diritto amministrativo.

Successivamente ha svolto il tirocinio ex art. 73 DL 79/2013 presso il Tribunale per i Minorenni di Milano dove ha coltivato il proprio interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia. Dal maggio 2018 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio.

Dal novembre 2019 ha conseguito il titolo di Avvocato e ad oggi appartiene al Foro di Milano.