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ascolto bambini

Il diritto del minore ad essere sentito nelle decisioni sul suo affidamento e collocamento

(a cura dell’avv. Maria Grazia Di Nella)

Sapete qual è la domanda che più frequentemente pongono i bambini ed i ragazzi ai loro genitori ? …“Mamma/papà mi ascolti? ”

In un tempo e in una cultura nel quale la gente preferisce parlare piuttosto che ascoltare, dare consigli piuttosto che comprendere il punto di vista degli altri, l’ascolto dei bambini e dei ragazzi diventa invece il momento cardine per “riconoscerli ” come persone, per legittimarli nei loro pensieri, bisogni e progetti. L’ascolto diventa allora l’occasione perché l’adulto possa prendere decisioni più consapevoli, che tengano veramente conto del loro punto di vista, diventando, pertanto, il presupposto fondamentale perché i diritti dei bambini non siano parole scritte ma siano effettivamente esercitati e rispettati nel diritto vivente.

Se, però, dovere primario dei genitori, al fine di evitare l’insorgenza di inutili conflitti giudizi, è quello di ascoltare i figli prendendo atto delle loro volontà, è onere in ambito giudiziario quello di prevederne l’ascolto.

La centralità di tale diritto del minore, è stato ancora una volta ribadito con forza dai giudici della Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza 25 gennaio 2021 n. 1474 che riafferma il diritto del minore infradodicenne ad essere ascoltato ogni qual volta si debbano assumere provvedimenti in ordine al suo affidamento e alla sua collocazione familiare, al fine di permettergli di esporre le proprie ragioni nel corso del processo a contatto diretto con l’organo giudicante.

La vicenda arrivava nelle aule  del Tribunale di Pesaro che disponeva l’affidamento congiunto di due minori, nati da una convivenza, con collocamento prevalente presso la madre, stabilendo modalità e tempi di visita dei minori presso il padre. Il padre, però, proponeva reclamo avverso tale decisione ma la Corte d’Appello confermava integralmente le statuizioni ritenendo di non procedere alla richiesta audizione dei due figli per contrasto con i loro interessi.
La vicenda, pertanto, è giunta all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione adita sempre dal padre lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 315-bis, 336-bis e 337-octies c.c., nonché a livello internazionale dell’art. 12 della Convenzione di New York e dell’art. 6 Cedu, per non aver la Corte d’Appello disposto l’audizione almeno della figlia di 11 anni di età che per età e grado di maturità era perfettamente in grado di esprimere i propri pensieri in ordine all’affidamento.

La doglianza risulta fondata: il Collegio infatti, ricorda che in tutti i procedimenti previsti dall’ art. 337-bis c.c., in caso di assunzione di provvedimenti relativi alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento a pena di nullità. Il giudice deve dunque motivare in modo specifico e circostanziato la scelta di non disporre l’audizione, soprattutto quando l’età del minore si avvicina a quella dei 12 anni, oltre la quale sussiste l’obbligo legale dell’ascolto. Tale onere motivazionale ricorre non solo quando il giudice ritenga il minore incapace di discernimento o l’esame superfluo oppure in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora, invece che procedere all’ascolto diretto, opti per un ascolto indiretto, disposto tramite CTU o demandato a terzi esperti, il c.d. “ascolto delegato”. Nel caso arrivato avanti il Tribunale di Pesaro, il giudice non si era attenuto a tali principi, decidendo di non disporre l’audizione della figlia undicenne della coppia in assenza di adeguata motivazione sulla sua capacità di discernimento, limitandosi ad un laconico riferimento allo stato di estrema tensione dei rapporti tra le parti, contrapposizione ed elevata conflittualità.
Per questi motivi, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione che si troverà a procedere all’ascolto dei minori nel rispetto del diritto all’integrità del contraddittorio e al giusto processo, principi sottesi dall’art. 6 CEDU.    

Il minore, infatti, è parte sostanziale del procedimento che si esprime non nella necessità di una sua partecipazione “formale”, ma nel diritto al pari degli adulti ad esprimere i propri desiderata perché soggetto portatore di interessi comunque diversi, quando non in certi casi anche contrapposti, da quelli dei genitori. In questa prospettiva, ai figli viene riconosciuta piena e pari dignità rispetto agli adulti, in ossequio all’art. 3 Cost, e del principio di eguaglianza formale e sostanziale.

Author Profile

È Avvocato Collaborativo del Foro di Milano, componente del Comitato Scientifico della SOS Villaggi dei Bambini Onlus, membro attivo dell’Associazione Camera Minorile di Milano, socia dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori), socia dell’AIADC ( Associazione Italiana degli Avvocati di Diritto Collaborativo) nonché delle IACP ( International Academy of Collaborative Professionals), socia dell’Associazione ICALI (International Child Abducion Lawyers Italy) ed iscritta nell’elenco avvocati specializzati all’assistenza legale delle donne vittime di violenza (BURL – Serie ordinaria n.46 17.11.2016).