Il contributo al mantenimento dei figli va adeguato all’aumentare della loro età
(A cura dell’Avv.Maria Zaccara )
In tema di separazione, divorzio e affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio non sussiste a carico del coniuge affidatario un onere di informazione e concertazione preventiva con l’altro in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, fermo restando che, nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, spetta al giudice di merito verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore, commisurando l’entità della spesa rispetto all’utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori. In ogni caso le spese straordinarie non possono soddisfare le crescenti esigenze dei minori, che aumentano con l’età, bisogna quindi adeguare in modo proporzionale il contributo al mantenimento dei figli.
Questi i principi sanciti dalla recente Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione pubblicata in data 4 maggio 2023 n. 11724/2023.
Nel caso di cui si tratta la madre della minore aveva adito il Tribunale di Mantova al fine di vedere dichiarare tenuto e, per l’effetto, condannare il padre a contribuire al mantenimento della figlia mediante la corresponsione di una somma mensile pari ad € 1.000,00, ovvero altra somma ritenuta congrua, nonché a concorrere alle spese straordinarie come da protocollo del Tribunale di Mantova nella misura del 70%.
Il Tribunale di Mantova, all’esito del giudizio, poneva a carico del padre, quale contributo al mantenimento della figlia minore un assegno pari ad € 500,00 mensili e a carico di entrambi i genitori le spese straordinarie nella misura del 30% per la madre e del 70% per il padre, senza necessità di previo accordo e con obbligo di rimborso entro 20 giorni a fronte della semplice esibizione del documento attestante la spesa da parte del genitore anticipatario.
Avverso il suddetto provvedimento la madre depositava reclamo e la Corte d’Appello di Brescia, all’esito del giudizio, poneva a carico del padre un assegno pari ad € 800,00 a titolo di contributo al mantenimento della minore e riduceva al 60% il suo contributo per le spese straordinarie.
Avverso tale decreto il padre propone ricorso per Cassazione.
Tutti i motivi presentati vengono, però, rigettati e viene confermato che la Corte territoriale si era correttamente attenuta ai principi enunciati dalla Suprema Corte.
Gli Ermellini confermano infatti che, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto, assicurate, nella specie, anche dalle previsioni di mantenimento contenute nel protocollo del Tribunale di Mantova. D’altro canto, in tema di assegno di mantenimento del figlio, l’aumento delle esigenze economiche di quest’ultimo è notoriamente legato alla sua crescita e non ha bisogno di specifica dimostrazione. Ne consegue che le esigenze di cura, educazione, istruzione ed assistenza, crescenti con l’età – che devono essere soddisfatte dai genitori – non possono ritenersi coperte e assorbite integralmente con l’assunzione del pagamento delle c.d. “spese straordinarie”, dovendosi provvedere ad un proporzionale adeguamento dell’assegno di mantenimento. Nella specie, la Corte territoriale si è attenuta a tali principi.
Nessuna violazione sussiste anche quanto alle spese straordinarie, in ordine alle quali si è affermato che, in tema di riparto delle spese straordinarie per i figli, il concorso dei genitori separati o divorziati o delle cui responsabilità si discuta in procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio, non deve essere necessariamente fissato in misura pari alla metà per ciascuno, secondo il principio generale vigente in materia di debito solidale, ma in misura proporzionale al reddito di ognuno di essi, tenendo conto delle risorse di entrambi e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti. Nella specie, la Corte ha accertato che la minore sta sempre con la madre che la accudisce e provvede, a monte, ai suoi bisogni. La Suprema Corte osserva, infine, che “in tema di separazione personale (ma anche tra genitori naturali, ex art. 337 bis c.c.), non sussiste a carico del coniuge affidatario della prole un onere di informazione e concertazione preventiva con l’altro in ordine alla determinazione delle spese c.d. “straordinarie”, fermo restando che nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, spetta al giudice di merito verificare – cosa che ha fatto la Corte d’appello nella specie – la rispondenza delle spese all’interesse del minore, commisurando l’entità della spesa rispetto all’utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori”.
Per i suddetti motivi il ricorso è stato rigettato e il ricorrente è stato condannato alle spese.
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Dopo essersi diplomata al Liceo Classico Salvatore Quasimodo di Magenta, ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2014, con tesi in diritto dell’esecuzione penale e del procedimento penale minorile, analizzando l’istituto del “Perdono Giudiziale”.
Coltivando l’interesse per le materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2014 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel settembre de 2018, è diventata Avvocato, del Foro di Milano.