Figli risarciti dal padre che si è disfatto dei beni per non pagare il mantenimento
(A cura dell’Avv. Cecilia Gaudenzi)
Le misure sanzionatorie previste dall’art. 709 ter cpc ed in particolare la condanna al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, sono suscettibili di essere applicate dal giudice nei confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze e di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, senza che sia necessario l’accertamento in concreto del un pregiudizio subito dal minore.
Quanto sopra è il principio evidenziato e ricordato dalla Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 20264/2022 depositata il 23 giugno 2022.
La vicenda oggetto della pronuncia oggi in commento ha avuto inizio avanti il Tribunale di Roma il quale nel disporre la separazione di due coniugi aveva affidato i figli minorenni alla madre, posto a carico del padre l’onere di contribuire al mantenimento dei figli tramite il versamento di un cospicuo assegno nonché ammonito il padre al rispetto delle statuizioni ex art. 709 ter cpc con conseguente condanna dello stesso a risarcire ciascun figlio nella misura di euro 5.000,00 da corrispondere alla madre in quanto genitore esercente la responsabilità genitoriale. Nel corso infatti, dell’istruttoria il Tribunale non solo aveva potuto verificare che il nucleo familiare avesse sempre goduto di un elevato tenore di vita ma anche che a seguito del deposito del ricorso per separazione la condizione economica del marito fosse notevolmente peggiorata. L’uomo infatti, aveva venduto delle quote di partecipazione in società, restituito dei prestiti e, asserendo uno stato depressivo, interrotto la propria attività di agente di commercio. Tali comportamenti venivano interpretati dal Tribunale di primo grado come diretti a sottrarre risorse al nucleo familiare, facendo quindi pesare sui figli gli esiti di un elevato conflitto con la moglie.
Visto il tenore della decisione, il marito chiedendo la revoca della condanna al risarcimento del danno ricorreva in Appello avanti la Corte d’appello di Roma che, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado lievemente diminuendo l’importo del contributo al mantenimento dei figli da parte del padre, affermava che non ricorrevano i presupposti per la revoca dell’amonizione in quanto l’uomo si era volontariamente reso inadempiente rispetto alle obbligazioni poste a suo carico, con modalità tali da escludere con certezza il mantenimento per i figli di un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto prima della separazione, e pertanto confermava la condanna del padre al risarcimento del danno ai figli.
L’uomo pertanto ricorreva in Cassazione e, tra le altre cose, nuovamente chiedeva la revoca della condanna al risarcimento rilevando che il mancato pagamento del contributo al mantenimento dei figli non aveva prodotto alcun pregiudizio a quest’ultimi in quanto i minori grazie al contributo al mantenimento materno avevano mantenuto lo stesso tenore di vita.
Anche la Corte di Cassazione però rigettava il ricorso del padre. Secondo gli Ermellini infatti il motivo di ricorso inerente la revoca della condanna del risarcimento del danno era infondato. L’argomentazione dell’uomo fondata sul fatto che il tenore di vita dei figli, nonostante il mancato versamento da parte del padre del di lui contributo al mantenimento, non avesse subito alcuna variazione, non poteva in alcun modo essere accolta soprattutto alla luce del principio ormai consolidato secondo cui l’applicazione delle misure sanzionatorie ex art 709 ter cpc non presuppone l’accertamento in concreto del pregiudizio. L’aver “semplicemente” ostacolato il corretto svolgimento delle prescrizioni giudiziali è infatti di per sé il fatto che giustifica l’irrogazione della condanna, coerentemente con la funzione deterrente e sanzionatoria intrinseca alla norma.
In conclusione, pertanto, il genitore obbligato al mantenimento dei figli che si spogli dei propri beni peggiorando la propria condizione economica al solo fine di non adempiere all’obbligazione, può essere condannato a risarcire i figli del danno subito anche senza che questo venga nel concreto accertato.
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza a pieni voti presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017, con tesi in diritto dell’informatica giuridica, analizzando l’istituto della “Responsabilità dei Portali Web e il fenomeno delle fake news”.
Interessata fin dall’inizio del suo percorso universitario alle materie di diritto della persona, dei minori e della famiglia, dall’aprile 2017 ha iniziato il percorso di pratica forense presso questo Studio, dove nel mese di gennaio 2021 è diventata Avvocato, del Foro di Milano.